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La sigaretta elettronica è “tabacco meno dannoso”: ricercatori americani aprono il dibattito

Perché negli ultimi anni l'immagine della sigaretta elettronica è andata deteriorandosi? In che modo viene percepita dai consumatori? Sono le domande a cui hanno cercato di rispondere i due docenti Stine Grodal e Greta Hsu.

Perché negli ultimi anni l’immagine della sigaretta elettronica è andata deteriorandosi? In che modo viene percepita dai consumatori e dai comunicatori, siano essi addetti stampa o giornalisti? Sono le domande a cui hanno cercato di rispondere due ricercatori americani, Stine Grodal, professore associato di strategia e innovazione presso la Boston University Questrom School of Business, e Greta Hsu, professore di management presso la Graduate School of Management dell’Università della California. Le conclusioni dello studio pubblicate su Administrative Science Quarterly sono a dir poco sorprendenti: mentre tra il 2010 e il 2013 la sigaretta elettronica veniva considerata come un sostituto perfetto del tabacco, negli anni successivi la comunicazione ha cercato sempre più di allontanarsi dall’immagine del tabacco perdendo così il vantaggio iniziale di essere un prodotto “più buono e migliore“.
Lo studio ha analizzato la comunicazione sul vaping tra il 2007 e il 2018 prendendo in esame i comunicati stampa, la copertura mediatica e commerciale, la ricerca medico-scientifica e altri documenti sulle sigarette elettroniche pubblicate dai media, dai produttori di liquidi e dalle associazioni di categoria, sia quelle a favore che quelle contrario all’utilizzo di e-cig. E il rapporto finale è sorprendente: l’immagine dello svapo si è notevolmente deteriorata in undici anni a causa di un eccesso di “distanziamento dalla categoria primaria di appartenenza“. In sostanza, la strategia giusta sarebbe affermare che “lo svapo è tabacco ma meno dannoso”, e la strategia sbagliata continuare a dire che “lo svapo è tutto tranne il tabacco” . Secondo i ricercatori il modello da applicare alla comunicazione del vaping dovrebbe essere quella adottata dai produttori di vino biodinamico, della birra artigianale o dalle industrie di energia alternativa e di veicoli elettrici. La rovinosa caduta di immagine della sigaretta elettronica sarebbe quindi arrivata mentre cercava di allontanarsi dalla visione di essere un prodotto che nulla ha a che fare con il tabacco. I produttori, dicono i due docenti, “moltiplicando i prodotti, hanno sviluppato una comunicazione autonoma che ha cercato di promuovere lo svapo solo per loro stessi e non in relazione a un ragionamento più ampio di strumento volto a sostituire il tabacco“.
Il nostro caso empirico – scrivono Grodal e Hsu – suggerisce che il posizionamento strategico di una nuova categoria rispetto a quelle esistenti svolge un ruolo fondamentale nel trasferimento dello stigma principale tra le categorie. Gli imprenditori di prima categoria hanno ideato la progettazione del prodotto, l’etichettatura e le strategie discorsive che hanno messo in evidenza la somiglianza delle sigarette elettroniche con le sigarette tradizionali. Sembra che abbiano ipotizzato che il loro nuovo dispositivo tecnologico fosse così diverso dalle sigarette combustibili che il pubblico non avrebbe avuto problemi a distinguerli. Tuttavia, nel perseguimento del riconoscimento e della crescita delle categorie, i produttori di e-cig si sono posizionati così vicino alla categoria stigmatizzata esistente (tabacco, ndr) che il confine simbolico tra le due categorie è andato sfumando. Dopo che la diversificazione tra le categorie ha aumentato la somiglianza dell’identità organizzativa delle categorie, le parti interessate hanno prontamente trasferito le aspettative dalla categoria esistente a quella nuova, aprendo la strada al trasferimento dello stigma“.
La ricerca avrà certamente una eco nelle prossime settimane. I docenti imputano ai produttori e agli operatori della filiera del vaping la colpa della perdita di appeal della sigaretta elettronica. Un declino che deriverebbe quindi non agenti esterni ma da politiche di comunicazione che avrebbero capovolto l’immaginario del consumatore.

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