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Fumo e sigarette elettroniche, l’impatto del lockdown sugli italiani

Una ricerca di Nielsen dimostra che gli italiani hanno fumato e svapato di più per far fronte ad ansia e stress.

Che impatto ha avuto il lockdown deciso dai governi sulle abitudini dei fumatori e dei consumatori di nicotina (come gli svapatori) e come hanno inciso sulle loro abitudini di consumo le forti limitazioni sociali dovute a covid-19? A queste domande prova a rispondere una ricerca condotta da Nielsen e commissionata dalla Foundation for a smoke free world, che ha condotto un sondaggio online dal 5 al 14 aprile scorsi in cinque Paesi e aree ritenuti particolarmente rilevanti: Italia, Regno Unito, India, Sud Africa e gli Stati di New York e della California negli Usa. Il campione totale degli intervistati è di 6800 persone, in Italia sono state sentiti 1500 persone di età compresa fra i 18 e i 69 anni.
Secondo le rilevazioni di Nielsen, nel nostro Paese il 29% dei fumatori e dei consumatori di nicotina dichiara che il distanziamento sociale ha avuto un impatto molto negativo sulla salute mentale. Particolarmente colpite le donne (35% a fronte del 24% per gli uomini), quelli di età compresa fra i 18 e i 24 anni (40%) e coloro che vivono nei grandi centri urbani (36%). Quasi la metà degli intervistati (48%) dichiara di utilizzare i prodotti a base di tabacco e nicotina per far fronte allo stress e all’ansia e il 27% ne ha incentivato il consumo nel periodo di quarantena. Questo si è riflesso anche sugli acquisti. Il 33% dei fumatori e il 38% dei vaper o dei consumatori di prodotto a rischi ridotto rivela di aver acquistato di più rispetto al periodo precedente al lockdown per paura della chiusura dei negozi di riferimento, della scarsa disponibilità di prodotti e della difficoltà a uscire di casa.
L’obbligo di restare chiusi in casa ha avuto anche dei risvolti poco positivi in termini di rischi per chi convive con un fumatore ed è esposto al fumo passivo. La percentuale degli italiani che ha fumato in casa nel periodo delle restrizioni è salita di dieci punti, passando al 71% dal 61 di prima del lockdown, senza significative differenze nelle fasce di età. Questo nonostante un fumatore italiano su quattro (il 26%) dichiari di credere che il fumo aumenti il rischio di contrarre il covid-19 (percentuale che sale al 38% fra i 18e i 24 anni). Meno allarmati gli svapatori italiani: è uno su cinque a credere che l’utilizzo della sigaretta elettronica possa accrescere il rischio di contagio.
A fronte di queste paure, c’è qualcuno che ha pensato di smettere durante il lockdown? In Italia ci ha pensato il 37% dei fumatori che, insieme al Regno Unito, rappresenta il dato più basso fra quelli raccolti, a fronte del 51% del Sud Africa e del 41 degli Stati Usa. Questo è accaduto soprattutto, spiega Nielsen, nelle case in cui ci si è trovati a gestire una persona malata. A provarci davvero, però, è stato il 18% dei fumatori italiani in totale. I numeri sono più confortanti fra i giovani: il 47% dei fumatori fra i 18 e i 24 anni ha preso in considerazione l’idea di smettere di fumare e il 34% ci ha effettivamente provato. Fra i consumatori di prodotti a rischio ridotto è invece il 49% ad aver pensato di smettere con un 37% che ha cercato di mettere in pratica l’intenzione.
Speravamo che tanti potessero provare a smettere di fumare durante la quarantena – commenta Riccardo Polosa, direttore del Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo dell’Università degli Studi di Catania – ma purtroppo questo non è successo. Non sono sorpreso, per un fumatore è difficile bloccare il bisogno compulsivo di fumare, soprattutto quando c’è da gestire una situazione di particolare stress”. Ma il professore catanese vede una speranza nell’allentarsi delle misure restrittive: “È tempo di raddoppiare gli sforzi per incoraggiare chi fuma ad allontanarsi da questa malsana abitudine. Sappiamo che i pericoli mortali per i fumatori sono legati alle sostanze tossiche generate dalla combustione delle tradizionali sigarette, non dalla nicotina. Le Istituzioni competenti di tutti i Paesi dovrebbero orientare i propri sforzi per aiutare i fumatori che non riescono a smettere da soli indirizzandoli verso l’uso di prodotti meno dannosi come cerotti, gomme e sigarette elettroniche, garantendone la disponibilità per tutti”.

 

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