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Sono 196 milioni i fumatori che potrebbero passare alla sigaretta elettronica

Il Consumer Choice Center ha valutato cosa succederebbe se tutto il mondo adottasse le politiche del Regno Unito sul vaping.

Cosa succederebbe se tutto il mondo adottasse l’approccio del Regno Unito sulla riduzione del danno da fumo? Se lo è chiesto il think tank Consumer Choice Center (Ccc), l’organizzazione indipendente no-profit nata nel 2017 da una evoluzione di Students for Liberty. Non è la prima volta che il Ccc si occupa di sigarette elettroniche e strumenti di harm reduction. Nel settembre del 2018, fra l’altro, il rappresentante italiano Luca Bartoletti organizzò a Roma una tavola rotonda con esperti e politici sulla tassazione delle sigarette elettroniche in Italia, tema allora particolarmente pressante.
Con il suo nuovo lavoro l’organizzazione amplia la prospettiva, stavolta in ottica puramente sanitaria, e esamina i dati di 61 Paesi, prendendo come punto di riferimento le politiche di riduzione del danno del Regno Unito. Qui, spiegano i ricercatori, le sigarette elettroniche sono l’ausilio più utilizzare per smettere di fumare e gli svapatori sono circa 2,8 milioni. Di questi un milione sono utilizzatori duali – cioè utilizzano l’e-cig ma non hanno del tutto abbandonato il tabacco – mentre un milione e mezzo ha completamente smesso di fumare. Il Paese conta, inoltre 1,3 milioni di ex fumatori che hanno usato l’e-cigarette per smettere, ma poi hanno cessato anche con quella. Questi numeri si traducono, per il Ccc, in una diminuzione netta di 2 milioni di fumatori, pari a una riduzione del 25%.
I ricercatori hanno poi analizzato la percentuale di svapatori con più di 18 anni nei Paesi presi in esame, dividendoli in quattro gruppi. Nel primo, con più del 5% di utilizzatori di e-cig, ci sono solo il Regno Unito e la Nuova Zelanda. Nel secondo, dove i vaper sono dal 3 al 4,99%, si trovano Stati Uniti, Canada, Francia, Norvegia, Polonia, Grecia, Bulgaria e Malesia, unico Stato asiatico. L’Italia si trova nel gruppo con una percentuale di svapatori tra l’1 e il 2,99%, in folta compagnia di Paesi europei, ma anche di Russia, Giappone, Australia, Indonesia, Messico, Colombia, Argentina, Cile e uno dei tre Paesi africani presenti nella mappa, l’Uganda. Il quarto gruppo raccoglie le nazioni con meno dell’1% di utilizzatori. Sul fronte europeo ne fanno parte Portogallo, Lettonia, Lituania, Serbia, Croazia e Slovacchia. In Asia abbiamo due colossi demografici come Cina e India e le Filippine, in Africa Etiopia e Sud Africa e Brasile e Perù in America Latina. Le fonti di questi dati sono l’osservatorio EcigIntellicence, Global State of Tobacco Harm Reduction, Eurobarometro, Public Health England e il britannico Institute of Economic Affairs.
Secondo il Ccc, adottare politiche di promozione della riduzione del danno da fumo porterebbe enormi vantaggi in termini di riduzione del numero di fumatori. In particolare, nei Paesi con prevalenza di svapatori inferiore all’1%, i fumatori diminuirebbero fino al 25%. Per quelli con percentuale di vaper fra l’1 e il 2,99% (compresa l’Italia) la riduzione sarebbe fra il 12,5 e il 25% e fra il 5 e il 12,5% per quelli con prevalenza fra il 3 e il 4,99%. In numeri assoluti, stiamo parlando di oltre 76,5 milioni di fumatori in Cina e quasi 29 milioni in India, solo per citare i due esempi più macroscopici. In Italia, secondo le stime dell’organizzazione, si avrebbe una riduzione di 2 milioni 750 mila fumatori, mentre in totale sarebbero 196 milioni le persone che beneficerebbero di un approccio favorevole alla riduzione del danno.
Numeri che, pure applicando tutte le cautele necessarie per delle proiezioni, fanno impressione. E infatti il Consumer Choice Center conclude che “la liberalizzazione del vaping ha un enorme potenziale e potrebbe aiutare milioni di persone a passare dal fumo tradizionale di tabacco alla sigaretta elettronica, un modo più sicuro e meno dannoso per consumare la nicotina”.

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