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La sigaretta elettronica potrebbe rappresentare un efficace aiuto per abbassare il tasso dei fumatori fra i senzatetto, una delle fasce sociali in cui il tabagismo è più diffuso. Ad occuparsene con uno studio di fattibilità intitolato “A cluster feasibility trial to explore the uptake and use of e-cigarette versus usual care offered to smokers attending homeless centers in Great Britain”, un gruppo di scienziati britannici che conta molti nomi noti della ricerca sul vaping. Si tratta di Lynne Dawkins, Allan Tyler e Sharon Cox della London South Bank University, Linda Bauld dell’Università di Edimburgo, Allison Ford e Catherine Best dell’Università di Stirling, Debbie Robson del King’s College London, Peter Hajek della Queen Mary University di Londra e Steve Parrot dell’Università di York.
Il fumo, spiegano i ricercatori, rappresenta un forte fattore di disuguaglianza. Perché se è vero che il tasso dei tabagisti nel Regno Unito ha toccato il suo punto più basso, è vero anche che a fumare sono le fasce sociali più svantaggiate: quelle a reddito basso, gli operai, le persone affette da patologie psichiatriche e i senzatetto. Fra questi ultimi si registra un tasso di fumatori quadruplo rispetto alla media nazionale, il 78% secondo le stime dell’associazione Homeless.org. I danni del fumo, inoltre, tendono ad essere maggiori in questa categoria particolarmente vulnerabile a causa delle “condizioni precarie di salute cardiaca e respiratoria, dell’alta incidenza di malattie croniche, della diffusa dipendenza da sostanze illegali e dalle abitudini di fumo rischiose (per esempio fare tiri più intensi e più lunghi, consumare sigarette senza filtro, fumare mozziconi gettati via da altri e condividere le sigarette)“.
Eppure, commentano gli autori dello studio, il desiderio di smettere di fumare fra i senzatetto è simile a quello di tutti gli altri fumatori. E per capire se la sigaretta elettronica possa essere uno strumento utile anche per loro, i ricercatori hanno reclutato i partecipanti in quattro Homeless Centers sparsi nel Paese. Su 153 persone giudicate idonee, sono stati reclutati 80 partecipanti (65% erano maschi e l’età media era 43 anni) per un periodo di 5 mesi; di questi 47 (il 59%) è stato seguito per 24 settimane. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi. Il primo, di 48 persone, ha ricevuto l’assistenza standard per la cessazione, che comprendeva un breve counselling, un opuscolo su come smettere, le informazioni sui locali centri antifumo e un buono di 15 sterline ad ogni follow up. Il secondo gruppo ha ricevuto una sigaretta elettronica ricaricabile con liquido a scelta fra aroma tabaccoso, fruttato o al mentolo e concentrazione di nicotina a 9 o 18mg/ml. Lo staff ha fornito 5 flaconi da 10ml a settimana, incoraggiando i partecipanti a ricaricare l’e-cigarette nel loro centro.
La sigaretta elettronica, spiegano i ricercatori, è stata ben accolta, con effetti negativi minimi e alcune conseguenze impreviste (perdita, furto, rottura del tank e altro). In entrambi i gruppi la depressione e l’ansia sono diminuite nel corso del tempo, mentre il livello di dipendenza da sostanze è rimasto costante. Dopo 24 settimane, il controllo del monossido di carbonio ha rivelato che era astinente dal fumo il 6,25% di chi aveva ricevuto l’e-cigarette. Può sembrare poco ma la percentuale nel gruppo che aveva avuto l’assistenza standard era lo 0%. Dal punto di vista dei costi, uno dei criteri per giudicare la fattibilità dell’intervento, la spesa media per ogni paziente che ha utilizzato l’e-cig è stata di 114 sterline, compresa la formazione per lo staff del centro. Una spesa contenuta. “Fornire kit di base per il vaping ai senzatetto fumatori – concludono infatti gli autori – si associa a tassi ragionevoli di partecipazione e di astinenza con un rapporto costi-efficacia”.