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Il Codice del consumo, D.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 e successive modifiche, pone il nucleo di norme previste dall’ordinamento e volte a regolare i contratti tra “professionista” e “consumatore”, a tutela di quest’ultimo cosiddetto “contraente debole”. La presente nota intende concentrarsi sinteticamente sugli obblighi informativi posti a carico del professionista, e correlativi diritti riconosciuti al consumatore, con particolare riferimento alla loro declinazione nei cosiddetti contratti a distanza (artt. 45-67 del Codice). È bene preliminarmente precisare che la derivazione comunitaria di tale corpus normativo, comporta di fatto – al di là delle concrete attuazioni operate dai legislatori dei singoli Stati membri – una armonizzazione perlomeno nel nucleo essenziale delle relative norme di protezione previste da tutti gli Stati dell’Unione.
Gli obblighi informativi nei contratti business to consumer
In via generale, la contrattazione B2C impone al professionista il rispetto di obblighi informativi al di là dei quali la pratica commerciale potrebbe essere qualificata come “ingannevole” ai sensi degli articoli 21 e seguenti del Codice del consumo, pena il rischio di incorrere nelle sanzioni inibitorie e pecuniarie la cui emanazione resta riservata alla competenza della Autorità garante della concorrenza e del mercato, e fatta sempre salva la possibilità di agire in via ordinaria, in special modo con riferimento alle violazioni inerenti la concorrenza sleale e la lesione dei diritti di privativa, pratiche da considerarsi certamente ingannevoli ai sensi del comma 2 lett. a) art. 21 del Codice. Si tratta di un pacchetto di obblighi spesso sottovalutati che riguardano non solo la natura e le caratteristiche del prodotto, servizio e condizioni offerte, ma anche i dati relativi all’identificazione dell’offerente la cui completa manifestazione risulta di sovente trascurata, specie dagli operatori nelle vendite online.
La contrattazione a distanza e quella relativa ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali, pone al professionista l’ulteriore obbligo di fornire al consumatore tutte le informazioni previste all’art. 49 del Codice del consumo in fase precontrattuale, vale a dire “prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali”, ivi compresa la nota informativa relativa all’esistenza del diritto di recesso. L’inosservanza espone, di nuovo, il professionista, alle sanzioni inibitorie e pecuniarie previste dall’art. 27 del Codice, oltre che, naturalmente, alle azioni esperibili individualmente dai singoli consumatori lesi.
Giova precisare che i suddetti obblighi informativi e tutta la correlativa disciplina di tutela relativa ai contratti a distanza B2C, trova applicazione con riferimento ad ogni forma di contrattazione che non preveda “la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza” (art. 45 comma 1 lett. g) Codice del consumo) ivi comprese, pertanto, le vendite realizzate tramite social network come, ad esempio, i noti gruppi su Facebook.
Contratti a distanza B2C e tra privati
È altresì fondamentale, nell’ottica di una chiara rappresentazione del quadro dei diritti spettanti al consumatore nella contrattazione a distanza, comprendere il distinto regime che disciplina le contrattazioni business-to-consumer da quelle tra privati. Infatti, nei contratti a distanza conclusi tra professionista e consumatore, il passaggio dei rischi dei beni compravenduti avviene con il corretto adempimento dell’obbligo di consegna, alla stregua di quanto disposto al comma 2 dell’art. 61 Codice del consumo, giusto il quale “l’obbligazione di consegna è adempiuta mediante il trasferimento della disponibilità materiale o comunque del controllo dei beni al consumatore”. Laddove, invece, tra privati continua a valere il generale principio res perit domino, se è vero che il venditore si libera dall’obbligo di consegna rimettendo i beni al vettore o allo spedizioniere, secondo quanto previsto all’art. 1510 comma 2 del Codice civile. Ciò vale a constatare l’opposta distribuzione del rischio di danneggiamento o perdita del bene, e quindi del rischio di spedizione, che nel primo caso grava sul professionista, mentre nel secondo caso sull’acquirente del bene. Parimenti, corre l’obbligo di rimarcare che la vendita tra privati risulta completamente sfornita delle tutele previste dal Codice del consumo, in primis obblighi informativi e recesso.
Il diritto di ripensamento nei contratti a distanza tra professionista e consumatore
L’art. 52 Codice del consumo istituisce il noto diritto di recesso del consumatore, da esercitarsi entro il termine di 14 giorni che, per i contratti di vendita, decorre dall’immissione in possesso dei beni e quindi dall’effettiva consegna degli stessi al destinatario. Il recesso del consumatore costituisce un vero e proprio ripensamento, in quanto il suo esercizio non presuppone l’esistenza di alcuna motivazione. Esso, come ben sintetizzato dalla Corte di giustizia Ue, “è finalizzato a tutelare il consumatore nella particolare situazione di una vendita a distanza, in cui egli non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere conoscenza delle caratteristiche del servizio prima della conclusione del contratto. Il diritto di recesso compensa lo svantaggio che risulta per il consumatore da un contratto a distanza, accordandogli un termine di riflessione appropriato durante il quale egli ha la possibilità di esaminare e testare il bene acquistato” (CG UE sez. III 23/01/2019 n. 430/17).
La rifusione al consumatore dovrà avvenire con le stesse modalità con cui lo stesso ha effettuato il pagamento, previa spedizione della merce al professionista. La rifusione dovrà essere integrale, a patto che la manipolazione dei beni da parte del consumatore sia stata limitata allo stretto necessario per stabilire natura, caratteristiche e funzionamento dei beni, laddove, in caso contrario, il professionista potrà addebitare al consumatore la diminuzione del valore del bene, derivante da una sua manipolazione non necessaria (art. 57, comma 2).
In proposito, nel novero delle eccezioni al diritto di recesso elencate all’art. 59, è utile tener presente che il recesso è escluso nei casi di “beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna” (art. 59 comma 1, lett. e). Sul punto, la Corte di giustizia ha avuto modo di precisare come rientrino in tale eccezione taluni prodotti cosmetici o igienici, come spazzolini da denti, mentre non vi rientrino, ad esempio, materassi – equiparati agli indumenti – ancorché protetti da imballaggi sigillati (CG UE 27/03/2019 n. 681/17). In questo senso, ci si potrebbe legittimamente chiedere se taluni prodotti della filiera del vaping, come i vaporizzatori utilizzati per via orale, possano rientrare nell’eccezione e quindi restare esclusi dall’applicabilità della disciplina del recesso. La mancata informativa precontrattuale sul recesso – di cui all’art. 49, comma 1, lett. h – comporta una sospensione del termine di 14 giorni previsto per il suo esercizio, di modo che il periodo di recesso terminerà dodici mesi dopo la fine del periodo di recesso iniziale, a meno che il professionista non provveda medio-tempore a porre rimedio alla lacuna, fornendo o integrando l’informativa originariamente mancante o incompleta, per ottenere la decorrenza del termine di 14 giorni. Sul punto è bene ricordare che, sebbene sia consentito fornire l’informativa precontrattuale per rimando, gli obblighi informativi relativi al recesso rientrano nel novero delle informazioni che il professionista è tenuto a dare esplicitamente al consumatore nei contratti di vendita via web, ai sensi dell’art. 51 comma 4 Codice del consumo.
In conclusione, ottenuto un quadro sintetico dei diritti e tutele istituite con riguardo alla contrattazione a distanza, con sufficiente consapevolezza della notevole distinzione nel regime applicabile alle transazioni B2C rispetto a quelle tra privati, il consiglio è sempre quello di affidarsi ad operatori affidabili, chiaramente identificati ed individuabili, che condividano con estrema chiarezza ogni informazione relativa ai diritti attribuiti ai propri clienti.