Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

La tobacco harm reduction del XXI secolo passa dalla sigaretta elettronica

I nuovi prodotti senza combustione permettono di contrastare i tassi di ricaduta nel vizio del fumo: mentre i tassi di abbandono si attestano tra il 3% e il 12%, le ricadute sfiorano l’80% nei primi sei mesi e il 40% anche dopo un anno di astinenza.

Perché non smetti di fumare?” Una domanda semplice, che quasi tutti i fumatori si sentono rivolgere una volta della vita, ma che sottintende una scelta difficile, preludio di un percorso irto di ostacoli. Per l’Organizzazione mondiale della sanità la promozione dei percorsi di smoking cessation è uno dei metodi utilizzabili consigliati per combattere il tabagismo. Pensare però di raggiungere livelli di cessazione statisticamente rilevanti con la semplice promozione di percorsi di abbandono della sigaretta è irrealistico. Ad oggi esistono valide alternative, che rientrano nel contesto della Tobacco harm reduction (Thr). Ma cosa intendiamo per riduzione del danno? Quali sono le sfide che i ricercatori, impegnati quotidianamente nella promozione di strategie alternative che supportino i fumatori, devono affrontare?
Ne parliamo esaurientemente in una pubblicazione recente, “The Tobacco Harm Reduction in the 21st century”: una spiegazione semplice e chiara che fa il punto della situazione e che delinea le battaglie che ancora vanno combattute. Partiamo da un assioma fondamentale: smettere di fumare non è facile. Le teorie sull’harm reduction si basano proprio su questo semplice concetto: si devono fornire agli utenti tutte le informazioni possibili e le alternative valide. Sostituire i prodotti a tabacco combusto con prodotti senza combustione non solo riduce il danno causato dalle tossine, ma permette di accompagnare gradualmente il fumatore verso l’abbandono definitivo della sigaretta convenzionale, mantenendo nel frattempo intatte le ritualità e le gestualità. Lo snus, la sigaretta elettronica e i prodotti a tabacco riscaldato permettono di contrastare i tassi di ricaduta nel vizio del fumo: secondo statistiche recenti, mentre i tassi di abbandono si attestano tra il 3% e il 12%, i tassi di ricaduta sfiorano l’80% nei primi sei mesi e il 40% anche dopo un anno di astinenza.
Una lotta impari, condotta da chi si muove all’interno dei programmi di smoking cessation contro un’abitudine incentivata sia dagli agenti che provocano assuefazione ma anche dall’insieme di abitudini dei fumatori, alla ricerca dell’evasione e del relax rappresentato dalla sigaretta accesa. Purtroppo, nonostante i novelli lati positivi, la Thr nel nostro secolo affronta sfide non differenti: tassazioni elevate dei prodotti, divieti in alcuni Paesi, pregiudizi sia nei confronti della nicotina che degli strumenti a rischio ridotto.
In Australia, Nuova Zelanda ed Europa, con eccezione della Svezia, lo snus è vietato, mentre in trenta Paesi tutti i prodotti sopracitati sono vietati. Ma i problemi più grandi derivano dalla percezione che si ha della nicotina: è ormai noto che nei soggetti adulti la nicotina di per sé causa dipendenza, ma non è invece causa delle patologie correlate al fumo, come infarti, ictus o il cancro. Fornire le informazioni corrette, in primis agli operatori del sistema sanitario, significa far in modo che tali informazioni vengano veicolate e circolino correttamente anche tra gli utenti finali, ovvero i fumatori.
Purtroppo l’atteggiamento spesso sensazionalistico dei media, alla continua ricerca di titoli ad effetto non contribuisce alla causa: invece di verificare se un determinato studio sugli effetti della nicotina è supportato da dati scientifici rilevanti e verificati, si estrapola l’informazione più d’effetto e la si fa circolare, aumentando la confusione tra chi è bombardato quotidianamente da questo flusso incessante di notizie. Diverso è il discorso sulla dipendenza in età adolescenziale, oggetto di una campagna ad hoc dell’Onu e dell’Oms. I giovanissimi tendono a fumare per identificarsi con il gruppo, per combattere molto spesso la noia. Ma recenti indagini condotte negli Stati Uniti tra gli studenti dell’ultimo anno di scuola superiore dimostrano che solo il 3% di coloro che svapano tra le tre e le cinque volte in un mese utilizza strumenti con nicotina.
In conclusione promuovere la Tobacco harm reduction significa offrire un’alternativa valida a chi vuole smettere di fumare. Ma è necessaria un’azione efficace, che veda uniti sia i ricercatori sia i professionisti del settore sanitario, affinché riescano a veicolare informazioni il più possibile corrette e contestualizzate. La strada è ancora lunga ma almeno abbiamo già intrapreso il giusto percorso.

(tratto da Sigmagazine #22 settembre-ottobre 2020)

Articoli correlati