Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

La riduzione del danno da tabacco può essere la svolta nella lotta al fumo

In corso la presentazione del rapporto 2020 del Gsthr. Nel mondo sono 68 milioni gli utilizzatori di sigaretta elettronica.

È un momento decisivo per la salute futura di oltre un miliardo di fumatori in tutto il mondo, che meritano qualcosa di meglio dello status quo. Chi si sta occupando della revisione della Direttiva europea sui prodotti del tabacco e della prossima Conferenza delle parti della Convenzione quadro per il controllo del tabacco dell’Oms, deve tenere in considerazione le evidenze sul ruolo della riduzione del danno, ascoltare i consumatori e adottare il più rapidamente possibile politiche tese a ridurre l’impatto globale di malattie e morti fumo-correlate”. È il messaggio lanciato oggi da Gerry Stimson, professore emerito all’Imperial College di Londra e direttore della fondazione britannica sanitaria Knowledge Action Chance, durante la presentazione del rapporto intitolato “Burning issue: the Global state of tobacco harm reduction (Gsthr) 2020” che si sta svolgendo online e a cui Sigmagazine partecipa. Stimson si è rivolto soprattutto alle istituzioni, nella convinzione che “se integrata nelle politiche di controllo del tabacco, la riduzione del danno può essere una svolta nella battaglia contro le malattie non trasmissibili”.
L’edizione 2020 del rapporto biennale, redatto come nel 2018 da Harry Shapiro, fornisce una stima degli utilizzatori dei prodotti a rischio ridotto, definiti “safer nicotine products (Snp)”, a livello globale. Per ogni cento fumatori, si legge nel documento, ci sono solo 9 consumatori di Snp, concentrati soprattutto nei Paesi ad alto reddito. Nel complesso, si stima che i consumatori di questi prodotti siano 98 milioni in tutto il mondo. Di questi, 68 milioni utilizzano la sigaretta elettronica; le maggiori percentuali di svapatori si trovano in Usa, Cina, Federazione russa, Regno Unito, Francia, Giappone, Germania e Messico. A usare riscaldatori di tabacco sono invece 20 milioni di persone e il Giappone è, come noto, il Paese in cui il prodotto è più diffuso. I restanti 10 milioni consumano tabacco senza fumo o snus. Numeri che, spiega il rapporto, dimostrano l’accettazione dei consumatori per questi prodotto come alternativa al fumo, ma che sono ancora troppo bassi.
I fumatori in tutto il mondo rimangono 1,1 miliardi, l’80% dei quali vive in Paesi a medio e basso reddito. Una cifra, spiega il rapporto, rimasta invariata negli ultimi vent’anni, “nonostante i miliardi di dollari spesi dai governi e dall’Organizzazione mondiale di sanità per il tobacco control”. Ogni anno 8 milioni di persone muoiono per malattie fumo-correlate e, secondo le stime dell’Oms, nel 2100 si arriverà a un miliardo di morti causati dal fumo. È evidente che bisogna trovare un nuovo approccio alla guerra al tabacco, soprattutto nei Paesi più poveri. Secondo gli autori del rapporto, la nuova strada sono i safer nicotine products che, dove sono accessibili, hanno dimostrato di accelerare il calo dei fumatori. “Eppure – si legge nel documento – nonostante questi prodotti si siano dimostrati più sicuri delle sigarette tradizionali ed efficaci per smettere di fumare, molti nelle istituzioni sanitarie mondiali e nel tobacco control continuano a vedere la riduzione del danno da tabacco come una minaccia, non come un’opportunità”.
Il riferimento è chiaramente all’Oms e a Stati nazionali che, secondo gli autori, promuovono campagne contro la riduzione del danno, influenzate “dai miliardi di dollari ricevuti da fondazioni americane”. Viene facile citare l’esempio delle Filippine, dove qualche settimana fa la Food and drug administration locale ha ammesso di aver ricevuto finanziamenti da the Union e Bloomberg Initiative (due gruppi attivissimi contro la sigaretta elettronica), proprio mentre elaboravano le direttive politiche sul vaping. Il risultato di queste influenze è che oggi, emerge dal rapporto, 36 Paesi vietano le sigarette elettroniche, 39 lo snus e 13 il tabacco riscaldato. Solo un Paese, invece, il Bhutan, ha proibito la vendita del tabacco tradizionale (divieto, però, attualmente sospeso per il covid-19).
Insomma, abbiamo davanti agli occhi il più sconcertante dei paradossi: i prodotti che riducono il danno sono osteggiati o vietati, mentre quello più letale rimane liberamente in vendita, e intanto – commenta Shapiro – “inizia una guerra contro la nicotina”. Lasciano l’amaro in bocca anche le parole del professore David Nutt, che con il suo lavoro ha contribuito a stimare che le sigarette elettroniche riducono del 95% il danno del fumo. “Molti cosiddetti esperti – ha detto nel suo intervento – respingono le prove scientifiche sulla sicurezza della sigaretta elettronica e dello snus e negano i dati sui danni relativi, insultando e diffamando scienziati come me”. “Rifiutare l’opportunità della riduzione del danno da tabacco – ha concluso Nutt – è forse il peggior esempio di rifiuto della scienza da quando la Chiesa cattolica vietò le opere di Copernico nel 1616”.

Articoli correlati