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Sigarette elettroniche, la sanità non le accetta perché vengono dal mercato

Per Gerry Stimson, direttore della International harm reduction association, è urgente diffondere e sostenere sempre di più gli strumenti di riduzione del danno da fumo.

La mia teoria? È difficile per molti addetti alla sanità accettare che le soluzioni ai problemi di salute pubblica possano arrivare dal mercato. Questi interventi non hanno bisogno di esperti e hanno un costo minimo per il contribuente”. Il professore Gerry Stimson spiega così la sorda opposizione di molte istituzioni di salute pubblica, Organizzazione mondiale di sanità in primis, alla riduzione del danno da tabacco. All’indomani della presentazione del Rapporto globale sulla riduzione del danno da fumo 2020, realizzato da Knowledge Action Change, di cui è direttore, Stimson affronta l’argomento sulle colonne del magazine newyorkese Filter. Docente emerito presso l’Imperial College London, professore onorario presso la London School di igiene e medicina tropicale e direttore della International harm reduction association, Stimson è un’autorità nel campo della riduzione del danno. Nel 1987 organizzò le ricerche che convinsero il governo di Margaret Thatcher a varare un programma di distribuzione di siringhe sterili ai tossicodipendenti, per contenere la diffusione dell’Aids. Una misura che salvò molte vite.
Poco più di venti anni dopo, Stimson lavorava ancora sulla prevenzione dell’Hiv. “Conoscevo Michael Russel e sapevo che milioni di persone fumano per la nicotina ma muoiono per il catrame – scrive – Poi qualcuno mi ha parlato della sigaretta elettronica e mi è stato immediatamente chiaro che questa nuova tecnologia poteva offrire una soluzione a danno ridotto per il fumo: un prodotto più sicuro, che consentiva un comportamento più sicuro”. La sigaretta elettronica iniziò subito a incontrare il favore dei fumatori nel Regno Unito e altrove, permettendo, sottolinea l’autore, di ridurre il rischio del 95%, come sarà poi dimostrato.
Restava solo – scrive Stimson – da spargere la voce. Pensavo che, nel giro di pochi anni, il fumo sarebbe stato consegnato ai libri di storia e che i miei colleghi avrebbero visto l’enorme potenziale di riduzione del danno di questi prodotti”. Come sappiamo, non è andata esattamente così, con la preziosa eccezione di Public Health England, l’agenzia di salute pubblica del governo britannico. Altrove, invece, molte autorità sanitarie si oppongono al vaping. “Invocano – scrive Stimson – l’usurata narrativa della paura, dell’incertezza e del dubbio. Si aggrappano a un principio di precauzione irrilevante, se confrontato con i danni catastrofici del fumo. Altri considerano la riduzione del danno come una cospirazione delle multinazionali del tabacco”.
La verità, continua l’autore, è che nel Regno Unito si è verificato un calo drammatico dei fumatori in coincidenza con la diffusione della sigaretta elettronica, mentre la Svezia ha il più basso tasso di fumatori e di morti fumo correlate in Europa, grazie all’uso dello snus. “Nonostante gli anni passati a pompare miliardi di dollari in interventi per il controllo del tabacco – commenta il professore – ad aumentare le tasse sul tabacco e a stigmatizzare i fumatori, è solo ora che stiamo assistendo a una riduzione della prevalenza e al calo delle vendite di sigarette mai state osservate prima, nei Paesi in cui i prodotti più sicuri sono disponibili e convenienti”.
Si sarebbe tentati di descrivere questi dati come un successo ma purtroppo, avverte l’autore, non è così. Perché questi “barlumi di speranza” riguardano solo gli Stati più ricchi del pianeta, mentre l’80% dei fumatori vive in Paesi a basso e medio reddito. Il numero globale dei fumatori è fermo da due decenni a 1,1 miliardi e l’Organizzazione mondiale di sanità, secondo Stimson stimolata dai milioni di dollari di alcuni “filantro-capitalisti”, ha scelto di considerare la riduzione del danno da tabacco come uno stratagemma di Big tobacco. Il risultato è che nei Paesi in cui la tobacco harm reduction è già presente, la disinformazione sui rischi della sigaretta elettronica scoraggia i fumatori a fare il passaggio; ma nei Paesi più poveri i governi sono spinti a vietare del tutto i prodotti a rischio ridotto. Mentre, naturalmente, le tradizionali sigarette rimangono ben salde sugli scaffali delle rivendite.
Alla fine l’Oms accetterà la riduzione del danno da fumo come una questione di salute pubblica e individuale e come un diritto alla salute?” si chiede Stimson, ricordando che l’organizzazione vi è stata a lungo contraria anche per l’Hiv, prima di capitolare. Il trattato della Convenzione quadro per il controllo del tabacco, d’altronde, contempla la harm reduction fra le sue strategie. Al tempo della stesura del documento, nel 2005, però nessuno immaginava che 15 anni dopo questi strumenti sarebbero diventati una scelta concreta per le persone che usano nicotina. “Ed è questo il posto della riduzione del danno – conclude il professore – con le persone che scelgono di migliorare la propria salute e il proprio benessere. Ha avuto un impatto sulle persone, che sono quelle che guidano la riduzione del danno, non sugli esperti. E la riduzione del danno non deve lasciare indietro nessuno”.

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