L'attualità quotidiana sulla sigaretta elettronica

Perchè la resistenza della sigaretta elettronica può avere vita breve?

Alcuni e-liquid “sporcano” le coil più di altri, accorciandone di fatto la vita. Perché questo accade, quali sono le tipologie di miscele più problematiche e cosa stanno facendo le aziende produttrici per andare incontro alle esigenze dei consumatori?

Spesso i consumatori di sigarette elettroniche rimangono perplessi di fronte all’avvertimento del negoziante o dell’amico che un certo e-liquid è utilizzabile solo con resistenze rigenerabili, oppure che alcune categorie di liquidi “sporcano le coil” e ne causano una prematura diminuzione di resa. Gli atomizzatori in commercio sono dotati, a seconda dei casi, di testine monouso di produzione industriale, che possono solo essere sostituite con altre identiche o compatibili, oppure montano resistenze rigenerabili, che lo stesso utente può costruire utilizzando gli opportuni materiali. In entrambi i casi, il funzionamento è il medesimo: la resistenza viene riscaldata elettricamente e il calore fa evaporare il liquido a contatto con la sua superficie. Ma come sempre avviene quando un liquido evapora, vengono depositati dei residui solidi sulla superficie riscaldante: così come una pentola in cui abbiamo fatto bollire acqua di rubinetto mostra evidenti residui di calcare, allo stesso modo una resistenza, a seguito dell’evaporazione del liquido, si ricopre progressivamente di residui solidi, che alla lunga ne compromettono la funzionalità, obbligandoci a sostituirla. I residui solidi che si depositano sulla superficie riscaldante non si creano dal nulla: sono già contenuti nel liquido prima dell’evaporazione; e per lo più non si tratta di “impurità” o di elementi estranei, ma piuttosto di molecole aromatiche che costituiscono parte integrante del liquido e sono direttamente responsabili del sapore che avvertiamo svapando. Quando la coil si riscalda, le particelle liquide a contatto con il metallo evaporano, formando un vapore che viene inalato dall’utente; ma, in effetti, quello che chiamiamo comunemente “vapore” è in realtà un “aerosol”, ovvero un vapore che porta con sé, in sospensione, micro-particelle di liquido non evaporato e molecole aromatiche solide. Parte di queste molecole aromatiche solide, invece che essere inglobate dal vapore inalato, rimangono a contatto della resistenza calda e si cristallizzano.
Via via che procede l’evaporazione del liquido, tiro dopo tiro, la resistenza si ricopre progressivamente di residui, fino a non riuscire più a riscaldare correttamente il liquido stesso. Di nuovo, torna utile il paragone con il calcare contenuto nell’acqua: la resistenza di una lavatrice, ad esempio, con l’uso si ricopre di residui di calcare che la rendono progressivamente meno efficiente, fino a danneggiarla irrimediabilmente; e così accade anche alle coil dei nostri vaporizzatori personali. Ma perché solo alcuni liquidi hanno un impatto così rilevante sulla funzionalità delle coil e necessitano di atomizzatori più elaborati, mentre altri sono più facilmente tollerati anche da atomizzatori economici o strutturalmente più semplici? Va in primo luogo considerato se il liquido viene svapato di polmone o di guancia. Lo svapo di polmone richiede potenze elettriche maggiori, una superficie radiante maggiore e, soprattutto, un maggior flusso di liquido: con un singolo tiro di polmone viene fatta evaporare una quantità di liquido quattro-cinque volte superiore, rispetto ad un singolo tiro di guancia. Già questo elemento ci fa capire che, ipoteticamente, se si svapasse lo stesso liquido di polmone invece che di guancia, alla fine della giornata la nostra resistenza sarebbe ricoperta da una quantità di residui quattro-cinque volte superiore. Anche la temperatura di svapo, come accennato, è rilevante: se il metallo della resistenza deve raggiungere temperature più elevate perché deve riuscire a far evaporare velocemente una maggior quantità di liquido, come accade nello svapo di polmone, la quantità di residui aromatici solidi che si fissano sulla superficie radiante è maggiore. Infine – e forse questo è l’elemento attorno al quale nascono maggiori dubbi – va considerato che i liquidi non sono tutti uguali, in quanto alcuni sono intrinsecamente meno tollerati dalle coil; si tratta di liquidi che contengono una maggiore quantità di molecole aromatiche solide, talvolta di dimensioni tali che difficilmente possono essere trasportate dal vapore che fuoriesce dall’atomizzatore per essere inalato. Rientrano in questa categoria di liquidi i cosiddetti “tabaccosi organici”, ovvero aromi estratti direttamente dalla foglia del tabacco.
Esistono vari processi di estrazione delle molecole aromatiche dal tabacco, ma in larga parte questi procedimenti forniscono un liquido che, al fine di garantire all’utente la percezione del vero gusto del tabacco, contengono una grande quantità di complesse molecole aromatiche di grandi dimensioni. Tali molecole in parte rimangono in sospensione nell’aerosol inalato dall’utente, ma una parte rilevante rimane a contatto con la resistenza, ricoprendola in breve tempo da una patina solida impenetrabile che rende impossibile ogni ulteriore vaporizzazione. Le stesse molecole spesso rendono inefficiente anche il materiale assorbente (cotone, ceramica, mesh o altro), rendendo difficoltoso il trasporto del liquido alla coil, con l’effetto finale di sentire “sapore di bruciato” quando si aspira. Poiché un’ampia fascia di consumatori ama gli estratti di tabacco, ma non tutti sono in grado di rigenerare le coil, le case produttrici hanno fatto uno sforzo notevole per trovare la quadratura del cerchio, cercando di bilanciare la resa aromatica del liquido con la sua tollerabilità da parte delle resistenze. In tempi più recenti sono state sviluppate tecniche di estrazione aromatica a freddo e tecniche di estrazione lenta che hanno permesso di ottenere e-liquid dal gusto realmente tabaccoso, ma al contempo rispettosi delle coil, al punto che questi liquidi possono essere svapati anche con sistemi a testine non rigenerabili, o addirittura con piccole “pod-mod”, senza che la resistenza sia soggetta ad un deperimento particolarmente accelerato.
Una seconda categoria di liquidi che tipicamente mettono in difficoltà le testine non rigenerabili sono i liquidi cremosi e dolci. Trattandosi di liquidi dolci, secondo una leggenda metropolitana la causa del rapido deperimento delle coil sarebbe da ricercarsi nello zucchero presuntamente contenuto nel liquido, che a contatto con la coil calda si cristallizza. Ancora oggi spesso si sente parlare di coil “caramellate”, in riferimento alle resistenze rese inservibili da un copioso utilizzo di aromi dolci. La leggenda metropolitana, è appena il caso di dirlo, è assolutamente falsa e infondata, in quanto nessun produttore utilizza zucchero nella preparazione di liquidi cremosi e dolci: le molecole aromatiche che garantiscono il gusto dolce sono di natura sintetica e sono di per sé molto ben tollerate dalle resistenze. La reale causa della cosiddetta “caramellizzazione” delle coil è invece riconducibile all’elevata aromatizzazione dei liquidi cremosi, tipicamente caratterizzati da una struttura aromatica molto complessa e stratificata, che richiede l’utilizzo congiunto di numerosi ingredienti-base, alcuni dei quali sono peraltro estratti naturali. Di conseguenza, una maggiore percentuale del liquido finale è formata da particelle solide, seppur di dimensioni microscopiche, e ciò causa più rapidi depositi e cristallizzazioni sulla superficie dell’elemento riscaldante. Per questi liquidi, sono oggi disponibili sul mercato atomizzatori a testine non rigenerabili, eventualmente anche usa-e-getta, che grazie ad un’accurata ingegnerizzazione e ad un puntuale controllo della temperatura riescono a gestire più correttamente rispetto al passato la maggiore densità del prodotto, limitando al contempo il deposito di residui sulle resistenze.
Un’ultima categoria di liquidi che merita attenzione, per i loro effetti sulle coil, sono i cosiddetti liquidi “malesiani”, ovvero liquidi fruttati dal gusto glaciale, originariamente di produzione malese, ma ormai comunemente prodotti anche in Europa. Questi liquidi sono caratterizzati, così come i cremosi, da un’elevata aromatizzazione e dal fatto che vengono svapati essenzialmente di polmone: due elementi che, come abbiamo visto, in genere producono rapidi e consistenti residui sulle resistenze. Ciò nonostante, i “malesiani” sono sempre stati piuttosto rispettosi delle coil e tendono a lasciare pochi residui. Ciò è dovuto al fatto che la loro struttura aromatica è piuttosto semplice, essendo caratterizzati da una componente fruttata arricchita da un elemento glaciale. La sensazione di freddo è prodotta grazie a molecole sintetiche altamente volatili che virtualmente non rilasciano alcun residuo solido, ma vengono catturate dal vapore inalato senza causare alcuna conseguenza a carico della resistenza. La componente fruttata, dal canto suo, è ottenuta mediante l’utilizzo di aromi totalmente sintetici, non materialmente estratti dalla frutta: infatti, diversamente dagli estratti di tabacco, gli aromi fruttati si possono ricreare in laboratorio più agevolmente, ottenendo molecole aromatiche virtualmente indistinguibili da un estratto naturale. Le molecole aromatiche sintetiche, essendo prive sin dall’origine di componenti estranee, depositano pochi residui sulle coil, e quindi permettono un utilizzo prolungato di testine e resistenze.
In conclusione, oggi i vaper che non hanno l’inclinazione o la capacità di rigenerare le coil non sono più limitati, come qualche anno fa, all’utilizzo di specifici liquidi. Rimangono tuttora appannaggio dei vaper più esperti alcuni blend tabaccosi più elaborati, ma a parte questi, i liquidi svapabili con atomizzatori a testine non rigenerabili, atomizzatori monouso e pod-mod coprono tutti i settori aromatici; e se alcuni liquidi accorciano di poco la vita della coil, la sostituzione delle testine non è tanto frequente da rendere impraticabile o eccessivamente oneroso l’uso di atomizzatori non rigenerabili.

L’autore: Stefano Caldarone è dottore commercialista, blogger esperto in liquidi e aromi.
(tratto da Sigmagazine #24 gennaio-febbraio 2021)

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