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La Cina vuole dare una stretta al commercio nazionale – e di riflesso anche internazionale – di sigarette elettroniche. Da quanto si apprende da fonti di stampa cinesi, il ministro dell’industria avrebbe già redatto la revisione normativa del comparto del tabacco. Le nuove norme dovrebbero regolamentare anche i dispositivi elettronici, sino ad oggi esclusi. Negli ultimi anni, le autorità cinesi hanno varato diverse misure per intensificare i controlli sulla vendita ai minori e online delle sigarette elettroniche, incluso il divieto di distribuirle e pubblicizzarle sul web. La riforma vuole invece rendere organiche tutte le attuale norme, includendo all’interno di un singolo articolato. Si pensa addirittura ad un ingresso dello stato nella produzione e distribuzione delle sigarette elettroniche.
Con circa 300 milioni di fumatori, la Cina è il più grande mercato al mondo per i prodotti del tabacco e, potenzialmente, anche per le sigarette elettroniche. Il tasso di penetrazione delle e-cig in Cina è dell’1,2 per cento, contro ad esempio il 32,4 per cento degli Stati Uniti.
La notizia della possibile monopolizzazione del mercato ha causato il crollo delle azioni in Borsa della più grande azienda di produzione di sigarette elettroniche e accessori, la Relx Technology: il valore è sceso del 45% nelle ultime 36 ore, passando da 19,5 dollari a 10,6 dollari. Secondo il Comitato cinese per l’industria delle sigarette elettroniche, le vendite di sigarette elettroniche in Cina nel 2020 sono valutate in 2,2 miliardi di dollari, con un aumento del 30% rispetto al 2019. Il mercato statunitense delle sigarette elettroniche nel 2019 valeva 5,34 miliardi di dollari (dati Grandview Research), mentre nel 2020 è stato valutato 6,5 miliardi di dollari.
Il tabacco cinese è nelle mani della China National Tobacco Corp, la più grande industria mondiale di produzione e distribuzione di sigarette anche perché ne detiene il monopolio nell’intero Paese. È anche il principale contribuente dello Stato, con l’incredibile cifra di 165mila miliardi di dollari rappresenta da sola il 6% dell’intero gettito cinese. L’industria del vaping, al contrario, rimane in gran parte in mani private. Se l’industria monopolista cinese del tabacco dovesse entrare nel mercato della sigaretta elettronica avrebbe a disposizione 5 milioni di tabaccherie statali: una sfida che i privati potrebbero provare a reggere ma difficilmente potranno vincere.