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Il governo dell’Uruguay ha tolto il divieto di importazione, vendita e distribuzione delle sigarette elettroniche. Ma, ha puntualizzato: solo per “quelle che riscaldano il tabacco, non quelle che sono alimentate da un liquido”. In altre parole, il decreto attuativo distingue tra i riscaldatori e i vaporizzatori personali ma, nonostante la scienza dica il contrario, puntualizza che il vaping rimane vietato.
La spiegazione data dal governo è paradossale: i fumi del tabacco riscaldato sono meno dannosi di quello tradizionale perché non sono provocati dalla combustione mentre nei vapori della sigaretta elettronica ancora non si sa cosa ci sia perché è un prodotto relativamente nuovo. Eppure la sigaretta elettronica alimentata a liquido è stata proposta sul mercato almeno cinque anni prima rispetto ai riscaldatori di tabacco. Anche se non ci fosse la scienza a confermarlo, secondo lo stesso ragionamento induttivo utilizzato dall’Uruguay si potrebbe anche sostenere che la sigaretta elettronica abbia ancora meno tossicità del tabacco riscaldato perché non solo non ha combustione ma neppure utilizza il tabacco. Anzi, ne è del tutto priva perché sprigiona soltanto la nicotina.
Secondo i legali che hanno accompagnato il governo nella stesura del governo “questa nuova misura è giustificata nella misura in cui si è ormai inteso” che i riscaldatori di tabacco “hanno una convalida scientifica sufficiente”. Ed infatti, attraverso il decreto si è voluto “dare un trattamento diverso e più permissivo ai dispositivi elettronici che somministrano nicotina basata sulla tecnologia del tabacco riscaldato”. Probabilmente in Uruguay non è ancora arrivata la ricerca condotta l’anno scorso dall’Istituto Pasteur di Lille secondo cui la sigaretta elettronica sarebbe fino a 25 volte meno dannosa dei riscaldatori di tabacco e 100 volte del tabacco tradizionale.