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Sigarette elettroniche, una questione scottante per i fumatori asiatici

Presentato il rapporto di Global State of Tobacco Harm Reduction sull'Asia, il continente che conta 4 milioni di morti all'anno per fumo.

Si occupa di riduzione del danno da fumo in Asia il rapporto pubblicato oggi da Global State of Tobacco Harm Reduction (Gsthr). Il motivo di questo focus è presto detto. Il continente orientale conta 743 milioni di fumatori e quattro milioni di morti all’anno dovute al consumo di tabacco combusto, quasi la metà dei decessi globali per fumo. Sei fumatori su 10 in tutto il mondo risiedono in Asia, così come 9 su 10 consumatori di pericoloso tabacco per uso orale (i cosiddetti Slt). Una situazione drammatica che riflette il fallimento delle politiche di controllo del tabacco messe in campo finora e richiederebbe nuove soluzioni pragmatiche.
Una strategia che punti sugli strumenti di riduzione del danno da fumo, come le sigarette elettroniche e i riscaldatori di tabacco – sostiene il documento intitolato “Tobacco harm reduction: a burning issue for Asia” – potrebbe portare molti benefici all’area, consentendo ai fumatori e agli utilizzatori di tabacco orale di passare a prodotti con nicotina più sicuri. “In confronto al fumo o agli Slt – spiega il rapporto – i dispositivi per la vaporizzazione (le e-cigarette), i riscaldatori di tabacco e i prodotti orali pastorizzati (come lo snus svedese, ndr) consentono ai consumatori di continuare ad assumere nicotina ad una frazione del rischio”. Il Gsthr mette anche in evidenza come in Asia vi siano storie di successo della riduzione del danno da fumo. Non è forse un caso che la sigaretta elettronica sia stata inventata proprio in Cina dal farmacista Hon Lik o che in Giappone il tasso dei fumatori sia calato drasticamente con la diffusione dei riscaldatori di tabacco.
Eppure, lamentano gli autori, molti governi del continente asiatico hanno limitato o addirittura vietato l’accesso ai prodotti che riducono il danno, lasciando invece liberamente in vendita sigarette e Slt. Il rapporto esplora i motivi di questo controsenso, che vanno dal fatto che molti Stati sono proprietarie, in toto o in parte, delle aziende del tabacco, alle campagne di disinformazione di quelle che gli autori definiscono “agenzie internazionali apparentemente credibili”, fino all’ingerenza a suon di finanziamenti di enti filantropici americani nelle politiche interne di Paesi asiatici. E qui il riferimento nemmeno troppo velato è al caso Bloomberg nelle Filippine. Per tutte queste ragioni oggi in Asia, a fronte di 743 milioni di fumatori, vi sono solo 19 milioni utilizzatori di sigarette elettroniche. Un vaper ogni 39 fumatori.
Il rapporto di Gsthr sarà presentato e discusso in un incontro online domenica 18 aprile dalle 11, ora italiana. Insieme all’autore Harry Shapiro, interverranno Nancy Loucas di the Coalition of Asia Pacific Tobacco Harm Reduction Advocates della Nuova Zelanda, Samsul Kamal Arrifin di Malaysian Organization of Vape Entity, Joaqui Gallardo di Vaper Ako delle Filippine, Asa Saligupta di Ends Cigarette Smoke Thailand e Samrat Chowdery di Association of Vapers India, presidente della rete dei consumatori internazionale Innco. L’evento è organizzato in collaborazione con l’associazione dei consumatori indiana e per partecipare è sufficiente registrarsi sul sito del Global State of Tobacco Harm Reduction.

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