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È un invito a riconsiderare la tassa sulla sigaretta elettronica quello lanciato dalla commissione economia del Bundesrat, la Camera dei Länder cui è approdata nei giorni scorsi la normativa sulla modernizzazione della legge sul tabacco proposta dal ministro delle Finanze Olaf Scholz (Spd) nel quadro della nuova legge di bilancio.
Le motivazioni sono prettamente economiche, come è naturale trattandosi di una commissione specifica: svantaggi competitivi per le aziende tedesche rispetto a quelle europee, affossamento di un settore giovane già alle prese con le dure conseguenze dei lockdown. Quelle legate alla salute sarebbero dovute arrivare dalla commissione per la sanità, che invece si è guardata bene dal porre obiezioni e ha fornito parere positivo senza neppure accennare al rischio che l’aumento del prezzo delle ecig rispedisca nelle braccia del tabacco tanti ex fumatori.
Ma quel che non muove la salute, potrebbe farlo l’economia, anche se non c’è da farsi troppe illusioni. Il Bundesrat non ha potere di bloccare una legge già approvata dal Bundestag (la prima Camera), ma solo di fornire osservazioni nella speranza che questa voglia raccoglierle. Cosa difficile (ma non impossibile) in questo caso, dal momento che il ministro Scholz ha in qualche modo blindato il suo progetto.
Ma veniamo al merito. La commissione economia consiglia dunque di rivedere la tassa specifica sui liquidi contenenti nicotina, che fa appunto parte della nuova legge sul tabacco. Se non toglierla, almeno ridimensionarla. I commissari prospettano svantaggi competitivi per i rivenditori tedeschi rispetto a quelli europei, specialmente nei casi dei Paesi in cui l’ecig non è tassata affatto. Prezzi più convenienti spingeranno i vaper tedeschi a rivolgersi al mercato estero, sia attraverso il commercio online (che peraltro proprio grazie alla pandemia ha conosciuto un aumento esponenziale), che attraverso il turismo trasfrontaliero. La posizione geografica della Germania, nel cuore dell’Europa, la espone a ben nove confini transfrontalieri (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Svizzera): per la concorrenza sui liquidi sono soprattutto Francia, Lussemburgo e Polonia le frontiere sensibili (per Polonia e Lussemburgo vale anche per le sigarette).
La commissione non manca anche di tirare un orecchio agli esperti del ministero delle Finanze: nella definizione dell’entità della tassa, il confronto della quantità di liquido consumato nello stesso periodo con una classica sigaretta di tabacco “non regge a un confronto oggettivo”. Insomma, detta in parole semplici, è come aver confrontato mele con pere. Meglio sarebbe stato attendere una regolamentazione fiscale a livello europeo, come da tempo chiedono alcune forze politiche (i Verdi ad esempio), invece di fissare autonomamente una tassa peraltro drastica: l’aliquota fiscale scelta “porta oggettivamente a distorsioni sul mercato”, che pure lo stesso ministero di Scholz dichiara di non volere. Un’incongruenza.
Nel mirino anche le modalità di applicazione, cioè l’introduzione del contrassegno di Stato sui flaconi dei liquidi. A detta dei commissari del Bundesrat un ulteriore aggravio, non solo burocratico, perché significherebbe prefinanziare l’imposta: devono essere ordinate, pagate e riscosse prima che le merci siano vendute, addirittura ancor prima che arrivino sugli scaffali dei rivenditori. Meglio sarebbe che la tassa venga riscossa nel momento in cui il prodotto è in vendita. Infine un riferimento alla situazione complessiva del settore del vaping, industria giovane e quindi ancora fragile, nonostante la crescita degli ultimi anni. Durante la pandemia, la maggior parte dei negozi ha dovuto chiudere, seguendo le regole restrittive dei lockdown che non hanno previsto (salvo che in qualche eccezione regionale) un’esenzione per tale settore, come invece accaduto per il tabacco. Di fronte alla possibilità per le multinazionali del tabacco di muoversi su più gambe, i rivenditori di sigarette elettroniche possono contare solo sui prodotti del vaping: aver chiuso la loro attività ha comportato un enorme perdita di profitti che non è stata possibile recuperare su altri versanti.
Meglio sarebbe dunque rimodulare la tassa prevista, per evitare che la necessità di far cassa da parte dello Stato (pur comprensibile in conseguenza delle enormi spese erogate negli aiuto per la pandemia) ricada sulle spalle di un settore ancora gracile. È dunque sui consigli della commissione economia del Bundesrat che poggiano le flebili speranze di una revisione della legge ormai alle soglie dell’approvazione definitiva. Dalle altre due commissioni impegnate, nessuna obiezione. Se da quella delle Finanze non c’era molto da attendersi, l’assenso di quella sanitaria potrà riaprire il dibattito scientifico sui ritardi innanzitutto culturali della Germania sulle politiche di riduzione del danno.