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“Le sigarette elettroniche senza dubbio riducono i danni del fumo ma, nonostante questo, bisogna tassarle e sottoporle alle stesse regole del tabacco”. Sta facendo rumore in ambito continentale l’intervista che Michéle Rivasi, eurodeputata francese dei Verdi, ha rilasciato a Euractiv, la piattaforma media specializzata nell’informazione politica ed economica dell’Unione europea. Le riflessioni di Rivasi partono dall’assunto che i vapori della sigaretta elettronica siano meno dannosi del tabacco per poi aggiungere che “proprio perché pretende di essere un’alternativa al tabacco come prodotto sostitutivo o per ridurre i danni associati alle sigarette convenzionali dobbiamo considerare le sigarette elettroniche come un dispositivo medico, allo stesso modo delle gomme o dei cerotti che sono prodotti farmaceutici”. Se questo non avverrà, allora “non vedo motivo per cui la sigaretta elettronica e i suoi prodotti debbano beneficiare di riduzioni o esenzioni fiscali”.
Frasi che arrivano a un mese della relazione della Commissione europea sulla revisione della Direttiva Tabacchi (Tpd) e nel bel mezzo dell’esame parlamentare del Piano europeo contro il cancro. E che ripropongono nuovamente l’ormai annosa contesa tra i titolari dell’economia e i rappresentanti della sanità. Questi ultimi, in particolare, portano avanti ormai dal 2012 una tesi sino che ad oggi non ha fatto breccia nelle politiche comunitarie e nazionali: se la sigaretta elettronica rimane sotto il cappello del tabacco deve essere tassata e contrastata; se finisse sotto il controllo della sanità diventerebbe un prodotto medicale da assegnare con parsimonia attraverso la rete dei medici di base e i canali farmaceutici.
La sensazione è che Rivasi abbia intenzione di riproporsi come già in passato a paladina e portavoce delle istanze delle organizzazioni e istituzioni sanitarie avverse all’e-cig. Lo conferma anche un altro stralcio dell’intervista e che ha tutto il sapore di un boccone rancido spinto a forza nella gola dei produttori di sigarette elettroniche: “Non sappiamo nulla, o purtroppo molto poco, degli effetti degli additivi chimici utilizzati nei liquidi, dei loro residui di combustione e dei loro effetti combinati anche nel lungo termine. Gli stessi professionisti del settore riconoscono la loro ignoranza e vogliono saperne di più sulle reali conseguenze dei loro prodotti”. Sembrerebbe che la Verde, anziché cercare un serio e proficuo confronto, abbiano come scopo quello di fomentare lo scontro tra i diversi interessi in campo. Da un lato l’economia e la produzione industriale, dall’altro gli operatori della sanità pubblica e l’azienda farmaceutica. Il ragionamento di Rivasi raggiunge altissime vette di intrico retorico quando il giornalista le chiede – senza mezzi termini – se consentirebbe ai forti fumatori di rinunciare alle sigarette convenzionali a favore delle sigarette elettroniche visto che gli studi dimostrano che sono meno pericolose. “Diversi studi e molti esperti di tabacco – ha risposto Rivasi – hanno osservato che il passaggio alle sigarette elettroniche facilita l’uscita dal tabacco tradizionale. Ci sarebbe quindi una riduzione del consumo di tabacco, ma non necessariamente una cessazione del fumo. Allo stesso modo, altre cifre rilevano che solo un giovane su sei che vorrebbe assaggiare sigarette elettroniche diventa un fumatore, rispetto a uno su due dopo aver provato una sigaretta convenzionale.
Allo stesso tempo – e qui scende in campo un eccezionale girotondo retorico – possiamo citare uno studio del Journal of the American Medical Association pubblicato nel 2018 che ha rilevato che gli adolescenti non fumatori che usano sigarette elettroniche hanno da 2 a 3 volte più probabilità di iniziare a fumare tabacco rispetto a quelli che non lo hanno. Siamo quindi in presenza allo stesso tempo di un prodotto che è un aiuto per ridurre il consumo di tabacco ma anche una porta di accesso al fumo. Queste apparenti contraddizioni spiegano le dichiarazioni dell’OMS che affermano che le sigarette elettroniche sono “indiscutibilmente dannose” e il fatto che le sigarette elettroniche fanno parte del mondo del tabacco”. Nella conclusione, Rivasi riserva un’altra “carezza” ai produttori di sigarette elettroniche: “La sigaretta elettronica è senza dubbio un prodotto che riduce i rischi, ma non è la panacea che i suoi adepti – e le aziende dietro di loro – vogliono farci credere”. Chissà se tra gli “adepti” mandati avanti dalle aziende intendesse riferirsi anche ad Olivier Véran, ministro francese della Salute, svapatore e fautore già da tempo di politiche antifumo attraverso la sigaretta elettronica. Se queste sono le premesse, una cosa è certa: il dibattito del prossimo mese sulla revisione della Direttiva europea sui tabacchi e prodotti liquidi da inalazione si preannuncia essere senza esclusione di colpi.