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Giovanni Li Volti (Coehar): “Facciamo ricerca per ridurre i danni da fumo”

Il direttore del centro di ricerca d'eccellenza ci accompagna alla scoperta delle attività multidisciplinari che sono alla base delle strategie di contrasto al tabagismo.

La nostra attività di ricerca non si è mai fermata, nemmeno durante la pandemia”, spiega Giovanni Li Volti, professore ordinario di Biochimica all’Università degli Studi di Catania e direttore del CoEhar, il Centro di eccellenza per la riduzione del danno da fumo, istituito nel 2018 all’interno del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’ateneo etneo. Nel centro fondato dal professore Riccardo Polosa, infatti, ricercatori e scienziati lavorano a pieno ritmo l’obiettivo di arrivare a ridurre l’impatto dell’abitudine tabagica sulla salute pubblica contribuendo a far diminuire il numero di morti da fumo in tutto il mondo. Li Volti è convinto che l’approccio multidisciplinare adottato dal suo centro contribuirà a dipanare dubbi e incertezze e a diffondere strategie e strumenti per ridurre i danni da fumo.

Quali sono le ricerche attualmente in corso al CoEhar?
Tra le attività più recenti abbiamo sicuramente il kick off meeting del progetto di ricerca denominato “Diasmoke”. Si tratta di uno studio all’avanguardia che determina se i fumatori di sigarette convenzionali che passano a sistemi a rischio ridotto hanno un miglioramento misurabile dei parametri di rischio cardiovascolare, come conseguenza della mancata esposizione alle sostanze tossiche del fumo di sigaretta. Presentato lo scorso 22 marzo, lo studio coinvolgerà circa 600 pazienti in diversi Paesi del mondo che saranno invitati a smettere di fumare grazie al supporto di specialisti del settore e ad un innovativo sistema di monitoraggio tramite app personalizzata utilizzata da medici e pazienti.

E a livello europeo?
Tra le ultime pubblicazioni dei ricercatori CoEhar, vi è sicuramente il paper firmato da Riccardo Polosa e Renèe O’Leary (project leader di In Silico Science) che ha pubblicamente denunciato l’incompletezza nelle informazioni fornite dallo Scheer. Secondo i nostri esperti, le conclusioni della Commissione europea non avrebbero preso in considerazione i benefici per la salute individuale dell’utilizzo delle sigarette elettroniche rispetto a quelle tradizionali. Soprattutto in un periodo così delicato come quello attuale, la tutela della salute pubblica dovrebbe essere al primo posto e qualsiasi iniziativa che vada contro questo principio dovrebbe essere stroncata. Da qui, l’importanza dei dati scientifici.

L’attuale pandemia ha influito nella vostra attività di ricerca?
La nostra attività di ricerca in realtà non si è mai fermata dall’inizio della pandemia. I ricercatori hanno continuato a lavorare, utilizzando ovviamente tutte le misure di protezione contro il Covid-19, perché ci sono attività di laboratorio che non possono essere sospese e richiedono monitoraggio e controllo costante. Un plauso da parte mia va infatti a tutti quei ricercatori che hanno sfidato molte difficoltà per trovare le risposte che cercavano. Ciononostante, quello che abbiamo riscontrato è che le preoccupazioni per il dilagare del Covid-19 hanno portato molti esponenti della comunità scientifica a dichiarazioni improvvisate e prive di evidenze certe e basate su standard condivisi. Le ricerche nel campo delle sigarette elettroniche e dei prodotti a tabacco riscaldato in questo ultimo anno sono state fortemente influenzate dalla pandemia ma auspichiamo un netto cambio di direzione proprio nei mesi a seguire.

Ci sono correlazioni tra la possibilità di contrarre il Covid19 e l’abitudine al fumo?
Lo scorso maggio abbiamo dimostrato che l’assunzione di nicotina derivata dalla modalità di svapo può, ma sono necessari ulteriori studi per confermarlo, avere un’azione protettiva in termini di possibilità di contrarre l’infezione da Coronavirus. Un dato di rilevanza scientifica storica per tutti gli scienziati impegnati nella lotta al coronavirus. Tuttavia, sebbene di grande interesse, resta confermato che per chi ha delle patologie già a rischio (come ad esempio la BPCO o altre malattie fumo correlate) e fa uso di sigarette convenzionali, il decorso della malattia contratta resta comunque più difficoltoso che per gli altri.

E sui pazienti affetti da altre patologie che effetti ha il vaping?
Un altro importante studio internazionale portato avanti dai ricercatori del CoEhar ha recentemente dimostrato come l’utilizzo di sigarette elettroniche possa aiutare gli adulti affetti da disturbi dello spettro schizofrenico a smettere di fumare. Con i colleghi dell’Università di Catania e in collaborazione con i colleghi dell’Università di Stirling, della City University di New York e del Weill Medical College della Cornell University, è stata valutata l’efficacia dell’utilizzo di una sigaretta elettronica alla nicotina ad alta concentrazione per modificare l’abitudine al fumo nelle persone affette da schizofrenia. Il risultato? La la loro qualità di vita è nettamente migliorata e molti pazienti hanno ridotto drasticamente il numero di sigarette fumate ogni giorno.

Ci sono stati riscontri a livello internazionale alle vostre ricerche?
Lo scorso 24 febbraio, il CoEhar è stato selezionato come eccellenza per l’edizione dell’evento annuale di SRNT, la Society for Research on Nicotine & Tobacco. Un prestigioso riconoscimento che ha permesso al nostro centro di prendere parte a uno dei più importanti eventi mondiali sulla nicotina e sul tabacco. Il risultato è stato ottenuto grazie a due differenti studi: “Role of smoke on ACE-2 membrane protein expression in bronchial epithelial cells” e “Medium-Long time storage condition of cambridge filter pads CFPS for nicotine dosimetry”.

L’autore: Martina Rapisarda è copywriter, esperta in strumenti di riduzione del danno da fumo.

(intervista tratta dalla rivista bimestrale Sigmagazine #26 maggio-giugno 2021)