© Sigmagazine, rivista d'informazione specializzata e destinata ai professionisti del commercio delle sigarette elettroniche e dei liquidi di ricarica - Best edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - P. Iva 14153851002 - Direttore responsabile: Stefano Caliciuri - Redazione: viale Angelico 78, Roma - Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Roma al numero 234/2015 - Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017
Il panorama scientifico internazionale si arricchisce costantemente di nuove evidenze e studi che confermano gli effetti positivi sulla salute per i fumatori che non riescono a smettere e decidono di passare ai prodotti da svapo. I dati che provengono da molte ricerche scientifiche sui fumatori che passano dalla sigaretta ai prodotti senza combustione (come le sigarette elettroniche o i prodotti del tabacco riscaldato) mostrano miglioramenti significativi non solo in termini di qualità complessiva della vita, ma anche per parametri clinici di una varietà di malattie come diabete, ipertensione, obesità, Bpco e asma.
Tuttavia, le teorie sulla riduzione del danno da tabacco e i loro principi fondamentali sono messi in discussione in tutto il mondo. È intuitivo che le strategie senza combustione si traducano in significativi miglioramenti della salute, come ragionevolmente atteso considerando la composizione chimica del fumo di sigaretta e la patogenesi delle malattie legate al fumo (legate al catrame e non alla nicotina). Il problema è come quantificarli e il tempo che occorre per sviluppare tale valutazione.
In un articolo pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Internal and Emergency Medicine, il fondatore del Coehar, professor Riccardo Polosa, ha sottolineato la necessità di ridefinire gli indicatori di effetti sulla salute che sono comunemente usati per dimostrare efficacemente la cessazione del fumo e la riduzione del danno da tabacco o l’inversione del danno. Il documento esamina attentamente uno studio clinico condotto in Inghilterra su un ampio campione di fumatori. Nathan Gale et al., utilizzando i dati raccolti da 332 soggetti tra il l’inizio dello studio e il 180esimo giorno, hanno scoperto che il passaggio a prodotti del tabacco riscaldato non solo riduceva l’esposizione alle sostanze tossiche del fumo di sigaretta, ma migliorava anche diversi biomarcatori di potenziale danno rispetto al continuare a fumare.
Sebbene il passaggio dalle sigarette convenzionali ai prodotti senza combustione scelti per lo studio fosse completo, i miglioramenti sono stati modesti e senza alcun impatto clinico. “Non sorprende che non ci sia stato alcun impatto clinico – ha affermato Polosa – Quando si smette di fumare, gli indicatori di salute possono migliorare, ma se il cambiamento viene valutato con endpoint (punto di fine osservazione, ndr) poco sensibili e clinicamente significativi, come nello studio di Gale et al., il cambiamento può essere graduale e può richiedere anni per diventare clinicamente rilevante”.
Il documento firmato da Polosa è il primo nel suo genere a evidenziare la possibilità di utilizzare nuovi indicatori clinici e funzionali per misurare e valutare una volta per tutte il potenziale di riduzione del danno dei prodotti senza combustione negli studi di ricerca. “Presso il Centro di eccellenza per l’accelerazione della riduzione del danno dell’Università di Catania, i ricercatori stanno esaminando attentamente una serie di indicatori relativamente inesplorati degli effetti sulla salute per la migliore rilevazione possibile dei cambiamenti biologici/fisiologici associati allo smettere di fumare. I risultati sono promettenti e supportano le teorie sulla riduzione del danno. Miglioramenti della salute su tutta la linea!”, ha concluso Polosa.