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Usa: la minaccia di una maxi tassa federale sulle sigarette elettroniche

Dopo il caos delle autorizzazioni della Fda, i democratici presentano una proposta fiscale punitiva per i prodotti del vaping.

Non c’è tregua per il settore della sigaretta elettronica americano. Al caos causato dalla Food and drug administration, che ha lasciato passare la scadenza per le autorizzazioni alla commercializzazione dei prodotti del vaping senza approvarne nessuno e rendendoli, di fatto tutti illegali, ora arriva una seria minaccia fiscale. Per finanziare il programma “Build back better” del presidente Joe Biden, infatti, i parlamentari democratici hanno presentato una proposta per tassare pesantemente i prodotti del vaping. Il testo fa in parte proprio il Tax Equity Act presentato dal senatore Dick Durbin lo scorso aprile, che aveva come obiettivo quello di equiparare il prelievo fiscale sui liquidi per sigarette elettroniche a quello del tabacco combustibile, anch’esso rivisto al rialzo.
La tassa proposta si applica alla nicotina con un tasso base di 100,66 dollari per 1.810 mg di nicotina (0,05 dollari a milligrammo). In pratica il prelievo su un flacone da 30 ml di liquido con nicotina a 6 mg sarebbe di 10 dollari, su uno da 60 ml a 12 mg di 40 dollari e così via. Addirittura una pod di Juul sconterebbe una tassa più alta di un pacchetto di sigarette (2,25 dollari contro 2). Una ipotesi che non solo calerebbe la scure su quello che rimane dell’industria del vaping indipendente, ma farebbe schizzare in alto i prezzi al consumo, scoraggiando fortemente i fumatori dal passare a uno strumento meno dannoso.
La manovra in discussione, infatti, non lungi da creare parità fra i diversi prodotti con nicotina (già di per sé una cattiva idea), è piuttosto generosa con le sigarette tradizionali. Lo spiega bene Jim McDonald in un articolo su Vaping360. “Il tasso base per le sigarette – spiega – sarebbe 100,66 dollari per 1000 sigarette, cioè 10 centesimi a sigaretta o 2 dollari a pacchetto”. In base a questa logica, continua, si considera che ogni sigaretta contenga 1,81 mg di nicotina. “Ma, sebbene la maggior parte dei fumatori assorba solo 1-2 mg di nicotina da ciascuna sigaretta – aggiunge McDonald – le sigarette contengono in realtà circa 10 mg di nicotina”. Dunque due pesi due misure: nel caso del tabacco combusto si tassa non la quantità effettiva di nicotina, ma la quantità che si stima un fumatore medio ne assorba. Nel caso dei prodotti del vaping, invece, si tassa il contenuto effettivo di nicotina in un liquido. “Se fossero tassate in linea con la proposta di imposta sulle e-cigarette che si basa sul contenuto – conclude McDonald – l’imposta sulle sigarette sarebbe sei volte superiore”.
Col passare dei giorni monta il dibattito, e per fortuna anche il dissenso, intorno a questa proposta. I retroscena politici riportano di attacchi dei parlamentari repubblicani, ma anche di perplessità da parte di alcuni democratici. Temono che la misura andrà a colpire soprattutto le classi sociali economicamente più svantaggiate, dove si registrano i tassi di fumatori più alti. Una mossa che Biden forse non può permettersi, dopo aver promesso che non avrebbe preso un penny dai cittadini meno abbienti.
Intanto si organizza la protesta del settore del vaping. Il 14 settembre scorso l’associazione Casaa (Consumer advocates for smoke-free alternatives association) ha lanciato una campagna per fermare la tassa federale, mettendo a disposizione un testo da inviare via mail ai membri del congresso. “Questa tassa vergognosa sulle alternative a basso rischio al fumo – si legge nel testo – è ingiustificabile e comprometterebbe il mio accesso ai prodotti senza fumo. Non ha senso che il Congresso voglia rendere più difficile per le persone che fumano passare ad alternative più sicure”. Il Congresso si pronuncerà forse a fine mese. Sono però in molti a temere che forse potranno essere riviste le cifre, ma non l’idea di base che i prodotti del vaping vadano tassati a livello federale.

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