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“La sigaretta elettronica funziona”: i quattro Paesi che lo dimostrano

In Francia, Regno Unito, Canada e Nuova Zelanda i fumatori diminuiscono al doppio della velocità rispetto alla media mondiale.

Si intitola “Vaping Works”, la sigaretta elettronica funziona, il documento pubblicato dall’americana Property Rights Alliance, organizzazione dedicata alla protezione dell’innovazione, dei diritti di proprietà intellettuale e di proprietà fisica. Come spiegato nel sottotitolo, “international best practices: United Kingdom, New Zealand, France and Canada”, il rapporto prende in esame i casi di quattro Paesi che hanno adottato politiche favorevoli al vaping e che oggi hanno dei tassi di cessazione dal fumo superiori alla media. Le situazioni dei singoli Paesi e le politiche adottate dai rispettivi governi sulla riduzione del danno da tabacco sono illustrate e analizzate da quattro esperti: Christopher Snowdon dell’Institute of ecomomic affairs per il Regno Unito; Louis Houlbrooke della New Zealand Taxpayers’ Union per la Nuova Zelanda, Patrick Coquart dell’Institut de recerches économique et fiscales per la Francia; e Ian Irvine della Concordia University per il Canada.
A parlare sono prima di tutto i numeri. Fra il 2012 e il 2018 in questi quattro Paesi i fumatori sono diminuiti in media del 3,6%, partendo dal 4% del Canada fino al 3,2% della Nuova Zelanda. La media mondiale è dell’1,5%. Dunque dove le autorità non ostacolano, ma anzi sfruttano le potenzialità della sigaretta elettronica, il fumo diminuisce. Il Regno Unito, per esempio, grazie alle politiche di riduzione del danno e al grande impegno di Public Health England, è oggi il Paese europeo con il minor numero di fumatori dopo la Svezia.
Anche in Francia si notano i frutti di politiche forse più discrete ma non meno efficaci. Autorità e istituti sanitari riconoscono sempre più la sicurezza e l’efficacia della sigaretta elettronica e nel 2019 si stimava che quasi 100 mila fumatori avessero smesso grazie all’e-cigarette. Secondo Coquart, poi, l’assenza di una tassa specifica sui prodotti del vaping contribuisce a spingere i fumatori a utilizzare questi strumenti alternativi. Discorsi simili vengono fatti per Nuova Zelanda e Canada, che però ora si trova ad affrontare il pericolo di una serie di misure restrittive, fra cui il tetto alla nicotina e il divieto sugli aromi, proposte dal Ministero della salute per proteggere i minori. Misure non condivise da Irvine, visto che ad utilizzare liquidi fruttati o dolci è il 71% dei vaper canadesi. “Privare il 71% dei consumatori adulti del tipo di prodotto che consumano – scrive – avrà probabilmente conseguenze significative, anche se è difficile prevedere se gli svapatori adulti che preferiscono la frutta (a) passeranno ai gusti mentolo/menta/tabacco, (b) torneranno a fumare, (c) passeranno al mercato illegale o (d) smetteranno di consumare nicotina”.
Quello che emerge chiaramente dall’esame dei quattro Paesi è che la sigaretta elettronica funziona, che contribuisce a ridurre i tassi dei fumatori ed è particolarmente importante affermarlo in vista della nona Conferenza delle parti della Convenzione quadro sul controllo del tabacco (Fctc) dell’Organizzazione mondiale di sanità che si terrà il prossimo novembre. “Altri Paesi dovrebbero adottare la riduzione del danno tramite il vaping – dichiara infatti Lorenzo Montanari di Property Rights Alliance – e mettere in discussione l’ortodossia della Fctc dell’Oms”. “Con la COP9 che si avvicina – conclude Montanari – Francia, Regno Unito, Nuova Zelanda e Canada dovrebbero testimoniare le loro storie di successo nelle politiche di riduzione del danno e suggerire miglioramenti alla Fctc a beneficio della salute pubblica mondiale”.

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