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E-cigarette Summit UK 2021: tutte le voci della prima sessione dell’incontro

Efficacia e sicurezza della sigaretta elettronica, posizione dell'Oms, vaping e giovani e problemi della ricerca scientifica i temi di questa mattina.

Ha aperto i lavori questa mattina in forma virtuale l’E-cigarette Summit UK, a cui Sigmagazine sta partecipando. Dal 2013, l’incontro fa il punto su scienza, regolamentazione e salute pubblica per quanto riguarda la sigaretta elettronica, mettendo insieme scienziati, legislatori e operatori sanitari. La prima sessione dell’edizione del 2021, dopo i saluti di rito di Ann McNeill, vice rettore del Kings College di Londra, è stata aperta dal professore emerito Robert Beaglehole dell’Università di Auckland. Visto il suo passato di consulente dell’Organizzazione di sanità per quasi cinquant’anni, l’intervento del docente australiano è stato incentrato proprio sull’istituzione internazionale e la sua politica di contrasto al fumo. Un tema che Beaglehole ha affrontato anche in un impietoso articolo pubblicato nel 2019 sulla rivista Lancet.
Il nemico – ha affermato – sono le sostanze tossiche nel tabacco combusto, non la nicotina”, osservando come invece l’Oms si sia fossilizzata su una guerra alla nicotina, rifiutando il concetto della riduzione del danno e concentrandosi sul fumo minorile a danno degli adulti. “L’Oms – ha commentato – ha smarrito la strada, almeno nel campo del controllo del tabacco”. Beaglehole non ha fatto mistero di pensare che questo sia in gran parte dovuto all’influenza del miliardario americano Michael Bloomberg, finanziatore della strategia Mpower e fortemente proibizionista sulle sigarette elettroniche. “L’ingrediente che manca alla strategia dell’Oms – ha concluso – è la riduzione del danno. I paesi che l’hanno adottata stanno rapidamente riducendo i tassi di fumo. Possiamo trarre lezioni dalla pandemia di Covid-19: abbiamo bisogno di una risposta globale coordinata con prove forti e indipendenti, una politica basata sulla scienza e una discussione trasparente sui rischi e il monitoraggio dei progressi.”
Di ricerca scientifica si è occupato il professore Marcus Munafò dell’Università di Bristol. In particolare della necessità di “depolarizzare la ricerca sulle sigarette elettroniche”, uscendo dalla logica dei fronti contrapposti che ha caratterizzato l’ultimo periodo. Con l’ausilio di illuminanti esempi, Munafò ha spiegato come gli scienziati siano esseri umani e quindi soggetti ai pregiudizi cognitivi, spesso inconsci. Inoltre, ha continuato “quello che è nell’interesse della carriera di uno scienziato, non è sempre nell’interesse della scienza. Gli accademici sono incentivati a pubblicare ricerche e ottenere finanziamenti, ma non sempre ad avere ragione”. La soluzione per chi fa ricerca, secondo il docente di Bristol, è di tenere sempre a mente i propri pregiudizi, evitando di restare in bolle con chi ha opinioni simili, rispettando chi riconosce l’incertezza.
Il terzo intervento della mattinata è stato quello di Jamie Hartman Boyce del Cochrane Tobacco Addiction Group, che dal 2014 pubblica la sua revisione di studi sull’efficacia delle sigarette elettroniche, che dal 2020 è diventata una “living systematic review”, con il suo ultimo aggiornamento dello scorso settembre. Cochrane compara le sigarette elettroniche alle altre terapie sostitutive (gomme, cerotti, spray, pastiglie, eccetera) e le e-cig con nicotina a quelle senza. Ad oggi valuta che ci sia una moderata certezza che sia efficace per smettere di fumare e il grado “moderato” – ha sottolineato Hartman Boyce – è dovuto solo al numero ancora limitato di studi.
Nel corso degli studi non sono emersi seri effetti avversi dovuti al vaping. Eppure, commenta la ricercatrice, nel pubblico la percezione della pericolosità dell’e-cig è aumentata, ance se le evidenze scientifiche andavano nella direzione opposta. “È davvero un problema – ha commentato – significa che qualcosa non sta funzionando. I risultati della ricerca finanziata con soldi pubblici non raggiungono il pubblico che la paga”. Colpa di tanta informazione contraddittoria che dimentica come il vero problema sia il fumo e le morti che causa. “Ogni volta che parliamo di sigarette elettroniche, e specialmente quando parliamo di nuove prove – ha suggerito Hartman Boyce – dobbiamo parlare dei danni causati dal fumo”.
È tornato sul tema della ricerca il professore emerito dello University College di Londra Robert West, parlando di interessi potenzialmente in competizione, interessi in competizione e pregiudizi. “Facciamo ricerca sul tabacco per ridurre i danni e le morti – ha affermato – Se non possiamo far smettere di fumare, vogliamo ridurne i danni. Se permettiamo ai pregiudizi di interferire, allora non stiamo facendo il nostro lavoro correttamente. Quindi dobbiamo fare tutto il possibile per ridurre i danni causati dai pregiudizi”. Secondo West è importante dichiarare gli interessi in competizione o potenzialmente tali, senza però dare per scontato che diano origine a pregiudizi. Altrimenti il prezzo è quello di distorcere le evidenze, danneggiare la reputazione di ricercatori onesti, scoraggiandone altri dal fare studi nel campo. “Cose che si sono verificate nella ricerca sulle sigarette elettroniche”, ha concluso West.
Ad affrontare il tema spinoso del vaping e i minori è stato Martin Jarvis, professore emerito dello University College di Londra. Jarvis ha negato che vi siano evidenze di un gateway effect e anzi la crescita della diffusione dell’e-cig va di pari passo a una diminuzione senza precedenti del fumo fra i minori, parlando invece di propensione a comportamenti rischiosi di alcuni minori. In realtà, secondo il professore e molti studi da lui citati, le sigarette elettroniche stanno sostituendo quelle di tabacco fra i giovani e ridurne l’uso lascerebbe questi minori vulnerabili al rischio del fumo. Questa prima sessione mattutina si è conclusa con un momento di dibattito fra i relatori e con le domande del pubblico.

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