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Lotta al fumo: non serve alzare le tasse, occorre offrire alternative meno dannose

Il professor Riccardo Polosa commenta la maxi imposta sulle sigarette elettroniche voluta dal governo israeliano.

Il ministro delle finanze israeliano Avigdor Lieberman ha recentemente annunciato il più elevato aumento delle tasse sulle sigarette elettroniche a livello internazionale. Subiranno, cioè, un’imposta pari a quella delle sigarette tradizionali per le quali, al contrario, non è invece previsto alcun aumento. Il disegno di legge prevede per i liquidi di ricarica una tassa di produzione del 270% a cui si dovranno aggiungere altri 21,81 shekel israeliani (6,27 euro) per millilitro in fase di vendita al dettaglio. Le sigarette usa e getta saranno gravate ancora di più: tassa di acquisto del 360% sul prezzo all’ingrosso. La decisione arriva dopo che una dichiarazione congiunta tra Ministero delle Finanze, Agenzia delle Entrate e Ministero della Salute ha dichiarato che la tassazione “mira a ridurre il consumo di sigarette elettroniche che aumentano il rischio di malattie cardiache e respiratorie“.

Riccardo Polosa

Mentre le autorità israeliane hanno giustificato la tassa come uno sforzo aggiuntivo per frenare il crescente numero di fumatori e svapatori, molti esperti internazionali sostengono che avrà l’effetto diametralmente opposto. “Insistere sul fatto – ha sottolineato il Riccardo Polosa, fondatore del Centro per l’Accelerazione della Riduzione del Danno (Coehar) dell’Università degli Studi di Catania – che i rischi cardiovascolari e respiratori delle sigarette elettroniche siano simili alle sigarette convenzionali non ha senso. Indica la totale ignoranza. Tali affermazioni sono in disaccordo con ciò che abbiamo appreso sulla composizione chimica del fumo di tabacco e sulle cause delle malattie legate al fumo negli ultimi 50 anni e ignorano la vasta letteratura scientifica che afferma che le sigarette elettroniche sono fino al 95% più sicure. Israele insiste nell’approccio standard delle politiche di controllo del tabacco dettate dall’Oms che hanno contribuito troppo poco alla lotta contro il fumo. Questo nuovo schema di tassazione limiterà solo l’accesso dei consumatori a prodotti a base di nicotina più sicuri, attenuando così qualsiasi potenziale prospettiva di ulteriori cessazioni in quel paese. Sondaggi e anni di prove insieme ai pazienti mostrano come la maggior parte dei fumatori sia disposta a smettere e, per questo, tentano numerose volte di ottenerlo. Tuttavia – conclude Polosa – come chiaramente mostrato in Israele, gli attuali approcci convenzionali per smettere di fumare si aspettano che i fumatori si astengano completamente dal tabacco e dalla nicotina invece di offrire prodotti meno dannosi”.
Secondo un rapporto del ministero della Salute israeliano, nel Paese ci sono 1,2 milioni di fumatori con un tasso del 22,5% tra i maggiorenni.

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