Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

“I liquidi senza contrassegno sono pericolosi per la salute fisica e mentale”

Adm chiede al Consiglio di Stato di annullare sentenza del Tar perché "provoca un grave vulnus" in quanto "consente la circolazione di prodotti non conformi"

L’annullamento da parte del Tar della determinazione numero 93445 del 29 marzo 2021 dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli che introduceva i contrassegni sulle confezioni di liquidi da inalazione provoca un grave vuoto normativo. E se anche venisse scritto un nuovo direttoriale non potrebbe che consistere unicamente nella rimozione dell’obbligo di distruzione dei prodotti non conformi. “La sentenza  – scrive letteralmente l’avvocatura dello Stato – anche per come pronunciata determinando l’annullamento della determina 29 marzo 2021 prot.n. 93445/RU, e, dunque, dell’intera disciplina di dettaglio, provoca un grave vulnus al disposto del legislatore consentendo di fatto la possibilità di circolazione di prodotti non conformi“. Ma a quel punto “non potrebbero essere venduti al consumatore finale, in forza della previsione normativa, a meno di prevedere la possibilità di restituzione e ricondizionamento dei prodotti stessi che oltre a determinare la necessità di una onerosa prestazione da parte dei produttori o dei depositari, genererebbe rischi legati alla corretta riscossione dei tributi connessi”.
Quelle sopra riportate sono citazioni della tesi difensiva che Adm ha portato in sede di Consiglio di Stato cercando di ribaltare la decisione del Tribunale Amministrativo del Lazio a seguito del ricorso promosso da Mgps di Pierre Siclari (Smooke France). L’avvocatura dello Stato ha quindi ben compreso la portata della sentenza che di fatto ha dato una spallata alle convinzioni autoritarie sin qui dimostrate dall’Agenzia Dogane e Monopoli. In punta di penna ha segnalato al Consiglio di Stato che “nell’ambito di un’attività connotata dai preminenti interessi generali, dove i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore, è sempre possibile un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie, pur se con imposizione di penetranti limitazioni della libertà di iniziativa economica: sono evidentemente legittimi oneri aggiuntivi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, purché funzionali al raggiungimento degli obiettivi di interesse pubblico perseguiti nel settore”. Quindi – è la tesi – di fronte ad un interesse dello Stato, qualunque esso sia, palese o recondito, la mano pubblica può e deve intervenire anche se va a discapito di lavoratori, imprenditori, cittadini o categorie commerciali specifiche. Insomma, lo Stato prima di tutto. Ma siccome  l’État c’est moi, ergo tutto mi dovrebbe essere consentito.
Nella difesa, inoltre, ci sono due grandi convitati di pietra: la Corte costituzionale e l’Organizzazione mondiale di sanità. Della prima si cita la sentenza secondo cui è legittimo tassare i liquidi senza nicotina in virtù di esigenze di salute pubblica; la seconda è utilizzata per rafforzare l’opinione che la sigaretta elettronica sia un veicolo al fumo e non uno strumento per contrastarlo. “La distruzione del prodotto non conforme – spiega l’avvocatura dello Stato – sebbene in astratto possa costituire una restrizione alle libertà della ricorrente, odierna appellata, è da ritenersi giustificata da motivi imperativi di interesse generale, rappresentati soprattutto dalla tutela dei consumatori e dalla salvaguardia della salute pubblica rispetto ai rischi derivanti da un possibile incentivo al fumo”. La scelta, dunque, “di discrezionalità tecnica dell’Agenzia – nel prevedere la distruzione delle rimanenze di prodotto finito, non conformi alle prescrizioni normative, giacenti alle indicate scadenze – è specificamente volta alla “eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale” dei consumatori ed è insindacabile, se non nei limiti della assoluta irrazionalità o illogicità”. È bene ricordare, in aggiunta, che la fascetta del monopolio sui liquidi serve per provare l’avvenuto pagamento dell’imposta di consumo da parte delle aziende di produzione o di distribuzione, non le corrette proprietà organolettiche dei liquidi da inalazione che sono invece verificate dal Ministero della salute e integralmente riportate all’interno di un apposito pubblico portale online proprio in virtù del potere attribuito in materia di salute pubblica.
L’ultima parola spetta ora al Consiglio di Stato. Al netto delle questioni settoriali, un’eventuale conferma della sentenza del Tar potrebbe servire anche da deterrente a ipotetiche e future azioni d’imperio e unilaterali di una agenzia tecnico-operativa che negli ultimi tempi appare un po’ troppo egolatra.

Articoli correlati