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Usare la sigaretta elettronica al chiuso non aumenta il rischio di Covid-19

Secondo uno studio non sono necessarie precauzioni speciali per svapare in ambienti come abitazioni o ristoranti.

È stato appena pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science and Pollution Research uno studio di cui vi avevamo parlato nel novembre del 2020, quando era ancora in pre-print. La sua pubblicazione significa che ha superato la fase di revisione accademica ed ha quindi tutti i crismi per rientrare nella letteratura scientifica. Il lavoro si intitola “Analytic modeling and risk assessment of aerial transmission of SARS-CoV-2 virus through vaping expirations in shared micro-environments” e si occupa appunto di indagare sulla possibilità che l’uso della sigaretta elettronica nei luoghi chiusi aumenti la trasmissione del virus responsabile del Covid-19, un tema su cui ci si è interrogati con insistenza soprattutto nelle prime fasi della pandemia. A condurre la ricerca sono stati Riccardo Polosa del Centro di eccellenza per l’accelerazione della riduzione del danno (Coehar) dell’Università di Catania, Roberto A. Sussman dell’Istituto di scienze nucleari della Universidad Nacional Autonoma de Mexico e la neozelandese Eliana Golberstein di Myriad Pharmaceuticals Limited.
Per stimare il rischio di trasmissione aerea del virus Sars-cov-2 associato alle esalazioni di e-cigarette, i ricercatori hanno adattato un modello di rischio teorico che è stato utilizzato per analizzare i rischi associati ad altre attività respiratorie negli spazi interni condivisi, considerando scenari domestici e ristoranti con ventilazione naturale e meccanica e con gli occupanti che indossano e non indossano mascherine. Il “caso di controllo” o scenario di rischio di base era rappresentato da uno spazio interno (casa e ristorante) in cui le goccioline respiratorie e i nuclei delle goccioline sono distribuiti uniformemente e il rischio di contagio aereo sarebbe potuto provenire esclusivamente dagli occupanti con respirazione a riposo, supponendo che questa fosse l’unica (inevitabile) attività respiratoria che svolgono tutti. Insomma, un luogo chiuso in cui i presenti respirano normalmente.
I risultati dello studio sono molto rassicuranti. Infatti, se una persona infetta utilizza una sigaretta elettronica in una casa o in un ristorante, l’aumento del rischio di contagio per le altre persone, rispetto al caso di controllo, è pari all’1%, se queste non indossano mascherine di protezione. Questo rischio aggiuntivo relativo rispetto al caso di controllo arriva al 5-17% in caso di svapo ad alta intensità. Si tratta di un aumento del rischio molto basso, se si considera che nella stessa situazione il semplice atto di parlare comporta un amento delle probabilità di infettarsi compreso fra il 44 e il 176%, mentre tossire lo fa arrivare a oltre il 260%. Inoltre, sottolineano gli autori dello studio, l’esalazione della sigaretta elettronica è ben visibile ed è dunque molto facile evitare l’esposizione diretta. Non sono dunque necessarie particolari precauzioni in presenza di persone che utilizzano la sigaretta elettronica.
Rispetto al caso di controllo di un rischio già esistente (inevitabile) dovuto alla respirazione continua – concludono infatti gli autori – le emissioni di sigaretta elettronica negli spazi interni condivisi rappresentano un rischio aggiuntivo trascurabile di contagio da Covid-19. Riteniamo che non sia necessario adottare misure preventive aggiuntive oltre a quelle già prescritte (separazione di 1,5 m e indossare le mascherine) al fine di proteggere persone terze da questo contagio”. Il professore Riccardo Polosa sottolinea come questo sia il primo studio a valutare su basi teoriche il rischio del vaping in luoghi chiusi. “L’uso dell’e-cig a casa o al ristorante aumenta il rischio solo dell’1% – commenta – È ora di smettere di stigmatizzare gli svapatori”.

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