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Usa, 450 mila anni di vita persi a causa della disinformazione su Evali

Uno studio fa una stima del costo sanitario dovuto alla gestione delle istituzioni, che hanno a lungo incolpato la sigaretta elettronica.

In 50 anni, potranno essere 450 mila gli anni di vita persi in seguito all’ondata di disinformazione che ha travolto la sigaretta elettronica dovuta ai casi della cosiddetta Evali. Si dice spesso che la disinformazione sulla riduzione del danno da fumo ha un costo in termini di salute pubblica. Ora un gruppo di ricercatori ha deciso di quantificare esattamente, in termini di anni di vita perduti, quale è e sarà il prezzo della più grande offensiva di disinformazione cha abbia mai colpito il mondo del vaping. Come i lettori ricorderanno, i casi di lesioni polmonari, 68 dei quali letali, che si verificarono negli Stati Uniti fra l’estate e l’autunno del 2019, furono a lungo imputati dalle istituzioni sanitarie americane all’uso delle normali e-cigarette con nicotina. Il martellamento mediatico che ne seguì fu incessante, superò immediatamente i confini nazionali e diede origine a misure restrittive emergenziali in molti Stati Usa e oltre. E quando alla fine gli stessi Cdc ammisero che Evali non aveva niente a che fare con la sigaretta elettronica, ma era causata dall’aggiunta di un additivo pericoloso (l’acetato di vitamina E) in prodotti per la vaporizzazione con Thc, la sostanza psicotropa della marijuana, venduti pere canali illegali, era ormai troppo tardi per riparare ai danni causati.
Il lavoro in questione è un working paper pubblicato dal National Bureau of Economic Research, intitolato “Misinformation, Consumer Risk Perceptions, and Markets: The Impact of an Information Shock on Vaping and Smoking Cessation”. Gli autori sono Lawrence Jin della National University of Singapore e Alan D. Mathios, Donald S. Kenkel, Hua Wand e Michael F. Lovenheim della Cornell Univesity. Il presupposto di partenza è che, negli Usa come altrove, il fumo è la principale causa di morte prevenibile e che le sigarette elettroniche, non avendo combustione, hanno il potenziale per prevenire la maggior parte delle conseguenze sulla salute del fumo. Per studiare l’impatto di quello che definiscono lo shock informativo dovuto a Evali, i ricercatori hanno utilizzato dati provenienti da indagini sulla percezione del rischio condotte prima, durante e dopo Evali, un’indagine approfondita sulla percezione del rischio e sul comportamento di svapo e fumo e dati sulle vendite nazionali aggregati in serie temporali.
Come ci si aspettava, lo studio ha rilevato che, dopo lo scoppio della malattia, le percezioni dei consumatori sulla rischiosità delle sigarette elettroniche sono notevolmente aumentate, tanto che la maggior parte percepisce le sigarette elettroniche come più rischiose delle sigarette a tabacco combusto. Secondo i modelli dei ricercatori, lo shock informativo di Evali ha ridotto la domanda di sigarette elettroniche del 30% e il loro uso per smettere di fumare di un altro 30%. E “poiché le prove di studi clinici randomizzati – scrivono gli autori – suggeriscono che le sigarette elettroniche sono due volte più efficaci per smettere di fumare rispetto ai prodotti farmaceutici sostitutivi della nicotina ci si può aspettare che l’uso ridotto di sigarette elettroniche riduca la cessazione del fumo”. Il che, a sua volta, nel tempo si tradurrà in malattie e decessi legati al fumo. “Sulla base del nostro modello – è l’agghiacciante conclusione – prevediamo alle 68 morti dovute direttamente a Evali si aggiungeranno 450 mila anni di vita persi dovuti alla riduzione della cessazione del fumo”. Questo nei prossimi 50 anni.
Eppure, secondo gli autori, dal punto di vista informativo, il messaggio da parte delle istituzioni sanitarie sembrerebbe semplice: la sigaretta elettronica dà dipendenza e può avere dei rischi e i minori non dovrebbero usarla, ma il vaping è anche molto meno rischioso del fumo e può aiutare a smettere di fumare. Ma la polarizzazione e l’ideologizzazione della questione, soprattutto fra scienziati e operatori del controllo del tabacco, rende tutto più complicato. E così si arriva al paradosso denunciato dagli autori. “Lo scoppio di Evali – commentano – offre l’esempio di come uno shock di disinformazione che ha modificato le decisioni dei consumatori sulla propria salute, potrebbe portare a danni ingenti e duraturi per la salute pubblica”. Non solo negli Usa.

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