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Germania, consumatore e negoziante di sigarette elettroniche fanno causa alle Dogane

Contestata l'applicazione della tassa su Pg e Vg, gli ingredienti base dei liquidi per sigarette elettroniche.

Berlino – Le vie della giustizia sono infinite. Così almeno sperano i difensori del vaping tedeschi. E dopo il ricorso alla Corte costituzionale contro la tassa sulla sigaretta elettronica promosso dall’associazione tedesca degli industriali e dei commercianti del vaping (il Bündnis für Tabakfreien Genuss) è ora la volta di un binomio composto da un vaper e un rivenditore di sigarette elettroniche. I due hanno infatti di recente intentato una causa contro l’Ufficio doganale principale di Saarbrücken presso il Tribunale delle Finanze del Saarland, la regione federale più occidentale della Germania.
A renderlo noto è l’associazione di categoria dei rivenditori di sigarette elettroniche (il Verband des E-Zigarettenhandels) che sostiene la causa in tribunale e la notizia è stata ripresa con molta enfasi dalla stampa generalista tedesca, tra cui l’autorevole Frankfurter Allgemeine Zeitung. Il fine ultimo di questo ricorso – come in fondo di quello alla Corte Costituzionale – è garantire che non venga applicata alcuna imposta sul tabacco sulle materie prime che gli utilizzatori di sigarette elettroniche adoperano per produrre i liquidi.
A spiegare il meccanismo ai lettori profani ci prova il quotidiano di Francoforte: “Le materie prime in questione sono due basi: il glicole propilenico e la glicerina vegetale. Molti utenti di sigarette elettroniche preparano i propri liquidi e mescolano queste due materie prime con aromi e nicotina. Il prodotto pronto è soggetto all’imposta sul tabacco. Tuttavia, è discutibile se l’obbligo fiscale si applichi già ai singoli ingredienti, cioè prima della miscelazione”. La posizione dell’Ufficio doganale è che la tassa debba essere applicata, con la conseguenza che in breve tempo le materie prime per produrre i liquidi diventeranno molto più costose, assecondando anche la spirale inflazionistica innescata dalla crisi energetica. Al momento c’è ancora una sorta di interregno di vendita per le merci che sono state consegnate ai rivenditori entro la fine di giugno. Ma al più tardi quando il termine scadrà a febbraio, tutto diventerà molto più costoso.
I rivenditori temono di perdere una parte considerevole del loro business: attualmente si stima che un quinto del loro fatturato totale derivi dalla vendita di materie prime e il resto da prodotti finiti (cioè i liquidi) e dispositivi. I consumatori potrebbero procurarsi tali materie prime a prezzi molto più bassi altrove, presso drogherie, farmacie e rivenditori online. “Le sostanze, che possono essere utilizzate anche per creme e prodotti per animali, non sono dichiarate per l’uso delle sigarette elettroniche”, spiega ancora la Frankfurter, “pertanto, non è dovuta alcuna imposta sul tabacco, anche se si tratta delle stesse materie prime”. Per Oliver Pohland, membro dell’associazione dei rivenditori di sigarette elettroniche “questo è ingiusto e rende molto più difficile l’attività del nostro settore. In questo modo il commerciante onesto diventa uno sciocco”.
I giudici dovranno decidere fra due diverse interpretazioni della legge. Per i querelanti, la tassa si deve applicare solo al prodotto finito, per la dogana si devono tassare anche le materie prime. La Frankfurter definisce “curiosa” la destinazione d’uso ancorata alla legge e spiega: se le materie prime sono vendute per il vaping, si applica l’imposta sul tabacco, se servono ad altri scopi no. “I prodotti offerti nelle farmacie e nelle drogherie, come la glicerina e il glicole propilenico, non sono soggetti a tassazione a causa della mancanza di finalità”, ha detto una portavoce della Direzione generale delle Dogane e il quotidiano traduce subito in moneta sonante: “Ad esempio, attualmente un litro di glicole propilenico costa all’incirca tra i 10 e i 30 euro. Se fosse dovuta l’imposta sul tabacco, si aggiungerebbero 160 euro. Questo fa capire che in un negozio di sigarette elettroniche il prodotto diventerebbe un prodotto poco venduto, visto che in farmacia lo stesso contenuto costa 160 euro in meno”.
Se la posizione delle autorità doganali dovesse prevalere in tribunale, si tratterebbe di una grave battuta d’arresto per l’industria emergente delle sigarette elettroniche che proprio adesso si sta risollevando dopo due difficili anni di pandemia e che si trova già ad affrontare nei prossimi mesi l’impatto (che sarà via via sempre più pesante) della nuova tassa sul vaping. E per ridimensionare l’entità di questa tassa, l’associazione tedesca degli industriali e dei commercianti del vaping ha aperto l’altro fronte, quello della Corte Costituzionale. Qui la tesi è un’altra e l’aveva espressa Dustin Dahlmann, il presidente del Bündnis für Tabakfreien Genuss: “le sigarette elettroniche hanno un potenziale nocivo molto inferiore a quello delle sigarette di tabacco, eppure ora vengono trattate alla stessa stregua ai fini fiscali: questo è sproporzionato e sbagliato”.

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