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Perchè la sigaretta elettronica e i riscaldatori stanno avendo tanto successo nonostante le resistenze delle organizzazioni sanitarie? Semplice, perché funzionano e il passaparola tra i consumatori ed ex fumatori vale più di mille comunicati stampa. Lo provano anche i dati diffusi oggi dal Censis sui livelli di conoscenza e le valutazioni dei fumatori sui prodotti senza combustione. La ragione principale è che i prodotti smoke free sono percepiti come meno dannosi per la salute (55,1%), anche perché si rilevano minori problemi fisici, come tosse e mancanza di fiato (58,2%), ed estetici, con minori effetti su unghie e pelle (69,3%). Altra motivazione è che, per il 30,3% dei fumatori, è un aiuto a smettere di fumare. Il 71,8% dei fumatori conosce le sigarette elettroniche e il 54% i prodotti a tabacco riscaldato.
“Quasi tutti sono convinti che fumare sigarette normali sia molto più dannoso per la salute – ha spiegato Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis – di contro, i prodotti smoke free sono considerati più costosi per il 47% degli intervistati. E solo il 43% pensa che possa mancargli la gestualità del rito”. Il 71,8% dei fumatori conosce le sigarette elettroniche e il 54% i prodotti a tabacco riscaldato. Tra le fonti di informazione prevale nettamente il ruolo del passaparola: tra gli utilizzatori quasi la metà (il 49%) di chi conosce questi prodotti è stato informato da amici e conoscenti che li usano. Internet è una fonte di informazione per il 23,1%, mentre il 16% è stato informato dal rivenditore. La metà dei fumatori intervistati ha affermato di aver cambiato le proprie preferenze riguardo al fumo. Il cambiamento maggiormente segnalato è la riduzione del consumo di sigarette tradizionali grazie all’utilizzo di prodotti senza combustione (45,1%), mentre è molto più raro l’inverso (6,9%). Circa un fumatore su cinque è passato a prodotti senza combustione e ha smesso del tutto di fumare. Tra le motivazioni del cambio delle abitudini a favore dei prodotti senza combustione prevale quella legata alla percezione che siano potenzialmente meno dannosi per la salute: lo pensano sia gli attuali consumatori di prodotti tradizionali che hanno utilizzato i prodotti senza combustione (38,3%), sia coloro che attualmente li utilizzano in modo esclusivo (46,8%).

“Non si può essere totalmente proibizionisti, basta che i comportamenti siano regolamentati – ha detto Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – il fumo eccessivo è legato al vivere da soli, a momenti di solitudine e stress. Questo fumo alternativo riduce il modo di fumare più grave. E tiene alla larga da queste abitudini di fumo eccessivo, anche i giovani”.
Anche Francesco Fedele, responsabile Prima Cardiologia del Dipartimento Scienze Cardiovascolari dell’Università Sapienza di Roma ha parlato di prevenzione di rischio, sottolineando che non si può parlare solo di “strategie on–off. Dobbiamo far passare il concetto di riduzione del rischio. È un problema complesso. Esistono diverse tipologie di fumatori e noi dobbiamo puntare a convincere quello zoccolo duro di fumatori accaniti. Bisogna fare di più a livello medico”.
I documenti ufficiali del ministero della Sanità o dell’Organizzazione mondiale della sanità sono considerati la fonte più affidabile per ricevere informazioni sui rischi connessi al fumo: lo pensa il 37,1% dei fumatori. C’è poi chi segue il medico curante (27,2% ) e internet (12,6%). Il 37 segnala di essere stato invitato dal medico a smettere del tutto di fumare, ma non è irrilevante la percentuale di quanti affermano di non avere mai parlato della propria abitudine al fumo con il medico (21,1%). Il 61 ha pensato di smettere di fumare, il 17,2% senza averci mai provato, mentre la quota maggiore ha tentato per poi ricominciare (43,8%), L’8% circa (percentuale che sale al 13,3% tra gli utilizzatori di e-cig e al 9,9% tra consumatori di prodotti a tabacco riscaldato) non ha smesso di fumare, ma è passato al prodotti alternativi. Il 22,0% dei fumatori (il 24,7% tra gli utilizzatori di sigarette tradizionali) ha ridotto le quantità, mentre l’8,6% (11,9% tra gli utilizzatori di sigarette tradizionali) afferma invece di non aver mai pensato di smettere di fumare e che non ne ha alcuna intenzione. Il tema dell’iniziazione viene segnalato come un potenziale rischio da circa la metà degli intervistati (49,2%), ma il 30,3% è convinto che aiutino a smettere di fumare, convinzione che è più diffusa dagli utilizzatori (il 44,9% tra gli utilizzatori di e-cig e il 35,2% tra chi fuma Htb), meno tra i fumatori tradizionali (18,1%). La metà dei fumatori afferma di aver cambiato le proprie preferenze riguardo al fumo. Il cambiamento maggiormente segnalato è la riduzione del consumo di sigarette tradizionali grazie all’utilizzo di prodotti senza combustione (45,1%), mentre è molto più raro l’inverso (6,9%). Circa un fumatore su cinque è passato a prodotti senza combustione e ha smesso del tutto di fumare. Tra le motivazioni del cambio delle abitudini a favore dei prodotti senza combustione prevale quella legata alla percezione che siano potenzialmente meno dannosi per la salute: lo pensano sia gli attuali consumatori di prodotti tradizionali che hanno utilizzato i prodotti senza combustione (38,3%), sia coloro che attualmente li utilizzano in modo esclusivo (46,8%).
“Ovviamente lo scopo è quello di non fumare. Ma non si può ragionare in ottica assoluta. Solo il 10% riesce a smettere, quindi non vedo perché non si debba valutare l’ipotesi di una riduzione del rischio attraverso strade non ancora dimostrate ma che potrebbero ridurre quanto meno le componenti tossiche – ha commentato Andrea Fontanella, presidente della Fondazione Fadoi – il 4-5% è riuscito a smettere, quindi potrebbe essere una via da prendere in considerazione. Ma il problema principale è che non sono i medici a veicolare queste informazioni- ha aggiunto- Si accede a questi prodotti per il passaparola o da internet. E solo il 2% chiede consigli al proprio medico. Questo fenomeno è diventato ormai una moda, non può essere gestito senza i medici, che devono essere ben informati per dare risposte più puntuali ai pazienti”.
L’indagine è stata consotta con il contributo di Philip Morris Italia su un campione di circa 1.300 fumatori italiani maggiorenni.