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Divieto di fumo nelle carceri inglesi: il successo della sigaretta elettronica

L'e-cigarette è utilizzata da una vasta maggioranza dei detenuti per sostituire il tabacco. Occorre però fare attenzione alle ricadute dopo il rilascio.

L’introduzione del divieto di fumo, totale o parziale, nelle carceri inglesi è stata un successo. E questo è accaduto soprattutto grazie all’introduzione negli istituti penitenziari della sigaretta elettronica, utilizzata dalla maggior parte dei detenuti in sostituzione di quelle a tabacco combusto. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato su Nicotine and Tobacco Research, teso appunto a valutare l’attuazione delle politiche antifumo entrate in vigore fra il 2015 e il 2018 in tutte le carceri del Regno Unito. Partendo dall’osservazione che la media dei fumatori nelle carceri è cinque volte maggiore a quella nazionale, le leggi britanniche hanno introdotto il divieto di fumo totale in tutte le prigioni chiuse e quello parziale negli istituti aperti, consentendo il consumo di tabacco solo in spazi appositi.
Il lavoro in questione è stato condotto da tre ricercatori della Scuola di medicina della University of Nottingham – John Britton, Leah Jayes e Rachel Murray – e da Jessica Waddingham del JJR Centre for Diabetes, Endocrinology and Metabolism di Aberdeen. Si intitola “A qualitative study of the implementation and continued delivery of complete and partial smoke-free policies across England’s prison estate”. Il Gruppo di ricerca ha selezionato in tutta l’Inghilterra individui con ruoli chiave e operativi nell’attuazione delle politiche carcerarie antifumo, conducendo 28 interviste semi-strutturate, analizzate poi tematicamente.
I risultati indicano che nelle carceri chiuse l’implementazione del divieto di fumo è stato un successo, sebbene ci siano state segnalazioni di una ridotta disponibilità di supporto per la cessazione del fumo. Secondo i partecipanti, una importante parte dei fumatori di tabacco che viveva negli ambienti carcerari chiusi (una percentuale compresa fra il 70 e l’80%) utilizzava la sigaretta elettronica come mezzo per gestire la dipendenza da nicotina fino al rilascio. Nelle carceri aperte, invece, si è avuto meno successo con segnalazione di alti tassi alti tassi di ripresa del fumo al passaggio dei detenuti da condizioni chiuse a condizioni aperte. Molti degli intervistati ritenevano, infatti, che si dovesse applicare il divieto totale anche in questi istituti.
Lo studio conclude che “le politiche antifumo forniscono un’opportunità unica per promuovere la cessazione permanente in questo gruppo altamente svantaggiato”. E tuttavia, continuano gli autori, “si potrebbe fare di più per adottare una politica antifumo coerente in tutte le carceri e per sostenere i detenuti a smettere di fumare e di consumare nicotina durante e dopo la detenzione”. Insomma, è necessario concentrarsi sui tassi e sulle ragioni della ricaduta nel fumo al momento del trasferimento nelle carceri aperte e dopo il rilascio. “Poichè la maggior parte dei detenuti fumatori utilizza le sigarette elettroniche per gestire la dipendenza da nicotina – si legge ancora nello studio – si potrebbe favorire l’astinenza del tabacco a lungo termine ponendo maggiore attenzione alla sostituzione del fumo con il vaping come modo per ridurre i danni legati al tabacco all’interno di questa popolazione”.

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