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Sigarette elettroniche, Giorgetti (Anafe): “Finalmente stabilità. Adesso pensiamo all’Europa”

Parla il vicepresidente di Anafe-Confindustria. Archiviata la pratica sulla stabilizzazione dell’imposta di consumo, l’impegno si sposta in Europa per scongiurare ulteriori divieti e restrizioni in fase di revisione delle Direttive sui tabacchi e sulla fiscalità comune.

Non c’è stato bisogno di attendere l’esito di alcun emendamento in commissione. E neppure rimanere svegli tutta la notte in attesa del tanto agognato sì. La scelta del governo Meloni è stata chiara sin da subito: l’imposta di consumo sui liquidi da inalazione deve essere rimodulata e, per questo, va inserita direttamente nel testo della legge di bilancio. Nei fatti, è scongiurato lo scellerato aumento che era stato previsto nel 2020 dal governo Conte II e che avrebbe portato l’imposta a livelli insostenibili sia per i produttori che per i consumatori. Basti pensare che un flacone con nicotina sarebbe stato gravato da una tassa non inferiore ai 2,5 euro. L’attuale esecutivo ha invece normalizzato la fiscalità, lasciando le imposte così come stabilite dalla sospensione temporanea introdotta nel decreto Milleproroghe dell’anno scorso: circa 1,1 euro per i liquidi senza nicotina e circa 1,6 euro per i liquidi con nicotina. Gianluca Giorgetti, da cinque anni vicepresidente di Anafe-Confindustria, è particolarmente soddisfatto e non nasconde l’orgoglio di aver partecipato in prima persona alla gestazione del provvedimento. “Ho passato notti agitate, non riuscivo a dormire pensando a quello che poteva abbattersi sull’intero settore. Sino a quando la scelta fatta del governo ci ha tranquillizzati e ci consentirà finalmente di poter lavorare, pianificando investimenti e strategie anche nel medio periodo. Cosa che prima era assolutamente impossibile per la scure fiscale che da sempre è stata pendente sulle nostre teste. Adesso che è stato disinnescato l’aumento progressivo automatico, siamo fiduciosi per il futuro e speriamo di non dover più subire provvedimenti scellerati e totalmente privi di buonsenso”.

Oltretutto, una volta tanto non è stata necessaria l’estenuante, e spesso perdente, battaglia degli emendamenti.
Ci abbiamo lavorato a fondo, ho insistito tanto a livello politico, interfacciandomi in prima persona sia con il ministro Salvini, da sempre molto disponibile a dare una mano al settore, sia con i vertici del Ministero dell’economia. In particolare il lavoro del sottosegretario Freni è stato molto prezioso. La nostra richiesta era di inserire il testo di riforma direttamente all’interno della Legge di bilancio per non correre inutili rischi. Come sappiamo per esperienza, intervenire con emendamenti è molto rischioso e difficile e non c’è alcuna garanzia di portare a casa il risultato.

Chiusa la partita fiscale, quale sarà adesso la priorità per il 2023?
L’Europa. Tutta l’attenzione e l’impegno adesso si sposta a livello europeo. Cercheremo di tutelare gli interessi della filiera per fare in modo che la prospettata tassa minima sia equa e sopportabile per tutti i Paesi. Ovviamente noi partiamo avvantaggiati perché in Italia esiste già una tassa sulle sigarette elettroniche e quindi non ci troveremo a dover rincorrere nessuno. Però dobbiamo tenere presente che in Europa convivono tante diverse realtà politiche: basti pensare alla Francia e all’Olanda, i due estremi. Mentre i cugini transalpini hanno adottato le politiche di riduzione del danno e incentivano l’utilizzo della sigaretta elettronica per smettere di fumare, i nordici hanno un atteggiamento estremamente proibizionista, tanto che hanno perfino vietato i liquidi aromatizzati.

A proposito di mercato: parliamo di sigarette elettroniche usa e getta. Fenomeno passeggero o destinato a durare nel tempo?
Sono convinto che sono destinate a durare, anche se gradualmente aumenterà – ed è giusto così – l’utilizzo delle pod precaricate. Cambierà un po’ il consumo almeno per fare in modo che la batteria possa essere riutilizzata e ricaricata. Ma una quota di usa e getta rimarrà sempre.

Oltre alla battaglia fiscale, bisogna affrontare anche quella sanitaria. In particolare per difendere l’assalto contro gli aromi che, sostengono i detrattori, attirano i minori, spingendoli poi verso il fumo.
Sono tesi portate avanti da anni e sempre smentite da ricerche e analisi. Semmai è vero il contrario: grazie agli aromi, i fumatori riescono a staccarsi dal gusto della sigaretta e “ripulire” l’organismo dalle scorie del tabacco. E comunque non credo che a livello europeo possa passare un provvedimento del genere perché grandi Paesi come la Francia, l’Italia e la Germania sono mercati importanti: ritengo che non darebbero mai il loro benestare. Non avrebbe senso. Semmai, è in Italia che dovremmo intervenire per regolamentare e normalizzare il mercato.

Cosa intende?
Che anche gli aromi e gli scomposti dovrebbero sottostare alle stesse regole e verifiche di controllo dei liquidi pronti. Dovrebbero, cioè, essere notificati al Ministero della salute, ottenere un codice da Adm, essere dotati di contrassegno fiscale in confezione.

Questo vorrebbe dire tassarli.
Sì. La nostra idea è avere una imposta su tutto. Minima ma su tutto. La discriminante è la destinazione d’uso. Non dimentichiamo che anche gli scomposti vengono assorbiti nell’organismo. Perché dare garanzie solo sui liquidi pronti e non anche sugli aromi che li compongono? Per l’anno prossimo riproveremo a far regolamentare gli aromi. Sotto il controllo di Adm e per destinazione d’uso: tutto ciò che è liquido e destinato alla sigaretta elettronica. Perché abbiamo scomposti che arrivano da ogni parte del mondo, non si sa cosa c’è dentro. Mi sembra giusto che anche per questi prodotti ci debba essere un percorso di controllo a garanzia soprattutto del consumatore finale.

(intervista tratta da Sigmagazine #36 gennaio-febbraio 2023)

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