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Studio ritrattato: la sigaretta elettronica non è cancerogena come il fumo

Nel lavoro dell'Università dell'Illinois presenti gravi errori metodologici. Ma perché le riviste scientifiche non fanno queste verifiche prima della pubblicazione?

Negli ultimi mesi molte revisioni scientifiche hanno lanciato l’allarme sugli errori metodologici che inficiano gran parte degli studi su (o meglio contro) la sigaretta elettronica. Oggi ne arriva una conferma con la ritrattazione di un lavoro pubblicato l’8 febbraio 2022 sul World Journal of Oncology, intitolato “Cancer Prevalence in E-cigarette Users: A Retrospective Cross-Sectional Nhanes Study”. Lo studio, condotto da tredici ricercatori coordinati da Anusha Chidarla della University of Illinois, investigava sui rischi di sviluppare il cancro usando la sigaretta elettronica e concludeva che questi sono simili a quelli del tabagismo.
Un risultato fortemente allarmante e in contrasto con la restante letteratura scientifica. E infatti più di qualcosa non tornava. Gli autori hanno basato le loro conclusioni sui dati di un’indagine statunitense, rilevando che il numero dei vaper intervistati che aveva il cancro era simile a quello dei fumatori che non svapavano. Da questo hanno concluso che usare la sigaretta elettronica causa il cancro come fumare. Mancava però un dato fondamentale: quando gli intervistati avevano iniziato a svapare rispetto alla diagnosi della patologia. E infatti si è scoperto che non solo molti partecipanti erano stati accaniti fumatori, ma che diversi di loro avevano scoperto di avere il cancro prima di usare la sigaretta elettronica.
Lo stesso errore metodologico comune a molti studi, come rilevano in una recentissima revisione i professori Brad Rodu e Nantaporn Plurphanswat del James Graham Brown Cancer Center della University of Louisville, negli Usa. E che nel 2020, dopo una querelle scientifica lunga otto mesi, obbligò il Journal of American Heart Association a ritrattare un infausto lavoro di Dharma Bhatta e Stanton Glanz su svapo e infarto del miocardio.
Oggi la rivista scientifica che ha pubblicato lo studio di Chidarla scrive: “Dopo la pubblicazione di questo articolo, sono state sollevate preoccupazioni in merito alla metodologia dell’articolo, all’elaborazione dei dati di origine inclusa l’analisi statistica e all’attendibilità delle conclusioni, gli autori non hanno fornito spiegazioni giustificate e prove per le indagini, successivamente questo articolo è stato ritirato su richiesta del caporedattore”. Bene, evviva. Resta però senza risposta una domanda: perché tutte le verifiche necessarie non sono state fatte prima della pubblicazione?

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