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“Basta demagogia a danno di migliaia di operatori del tabacco e sigarette elettroniche”

Il duro intervento del presidente della Federazione Italiana Tabaccai sulle colonne de La Voce del Tabaccaio.

La Federazione dei tabaccai scende in campo a sostegno delle potenzialità delle sigarette elettroniche. E lo fa addirittura con l’editoriale del nuovo numero de La Voce del Tabaccaio a firma del presidente Antonelli. Un intervento che prende di mira buona parte della comunità scientifica e delle istituzioni europee e chiama in causa la politica nazionale.
Il rapporto Istat “Sigaretta elettronica e prodotti a tabacco riscaldato, un consumo in lento aumento”, frutto di interviste a 25 mila famiglie di ottocento comuni italiani e reso pubblico nel mese di gennaio scorso, ci consegna una fotografia del consumo dei prodotti di nuova generazione in Italia che, a mio avviso, merita un’attenta riflessione, anche a livello politico e istituzionale. In particolare, fra i tanti, il dato su cui vorrei soffermarmi è il seguente: la maggior parte di chi fa uso dei prodotti del tabacco riscaldato e delle sigarette elettroniche è un fumatore tradizionale, mentre solo lo 0,2% è un non fumatore. Questa percentuale, da sola, basterebbe a sconfessare la teoria, sposata dalle Ong antitabacco, da taluni direttori e funzionari di varie autorità sanitarie di tutto il mondo e da alcuni esponenti del mondo politico e istituzionale europeo, secondo la quale i prodotti di nuova generazione sarebbero un sicuro trampolino di lancio verso il fumo, specialmente tra i giovani. Mi auguro allora che, almeno a livello nazionale, il contenuto del rapporto Istat, la cui autorevolezza e indipendenza è fuori discussione, possa rappresentare un punto di partenza per un dialogo e un confronto più oggettivi in vista dei prossimi interventi regolamentari dell’Ue su questi prodotti. Dal canto nostro, chiederemo alle istituzioni italiane di tener conto anche del dato che ho sottolineato nel complesso di valutazioni utili e necessarie per esprimere una posizione nazionale nell’ambito dei processi di revisione delle direttive che riguardano il nostro settore. Quando si legifera, infatti, tutto si dovrebbe fare meno che lasciare voce in capitolo alla demagogia, specialmente quando a farne le spese è un comparto di decine di migliaia di operatori, che frutta alle casse dello Stato oltre 14 miliardi di euro“.

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