© Sigmagazine, rivista d'informazione specializzata e destinata ai professionisti del commercio delle sigarette elettroniche e dei liquidi di ricarica - Best edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - P. Iva 14153851002 - Direttore responsabile: Stefano Caliciuri - Redazione: viale Angelico 78, Roma - Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Roma al numero 234/2015 - Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017
I rivenditori online di sigarette elettroniche e liquidi da inalazione sono stati ascoltati in audizione in Commissione Finanze della Camera dei Deputati. L’intervento è inserito nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla fiscalità e sul regime concessorio per la vendita al dettaglio dei prodotti del tabacco e dei prodotti da fumo di nuova generazione. Nelle settimane scorse erano stati sentiti i rappresentanti dei tabaccai e questa mattina è stata la volta dei depositi fiscali autorizzati anche alla vendita sul web di prodotti con nicotina. A parlare in rappresentanza dell’associazione italiana vapore elettronico (Aive) è stato il vicepresidente Rocco Busiello. “Il Decreto Legislativo 26 settembre 2024 – ha debuttato Busiello – introduce il divieto di vendita a distanza di prodotti contenenti nicotina a partire dal 1 gennaio 2025. Questa misura legislativa è stata adottata con l’intento di perseguire obiettivi del tutto condivisibili, quali: la tutela dei minori; il contrasto del mercato illecito; la protezione delle entrate erariali. Tuttavia, è opportuno sottolineare come la normativa preesistente già prevedesse strumenti adeguati per affrontare efficacemente tali problematiche, senza la necessità di un divieto totale che sta creando effetti controproducenti“. Per quanto riguarda la tutela dei minori, Busiello ha puntualizzato che “i siti web autorizzati adottano un sistema di verifica dell’età estremamente rigoroso: l’acquisto è consentito solo previa autenticazione mediante documento di identità, i pagamenti sono tracciabili e la consegna avviene esclusivamente all’utente verificato“. Aggiungendo poi che per quanto riguarda la tutela delle entrate erariali e contrasto al mercato illecito “i siti autorizzati operano in qualità di depositi fiscali, sottoposti a stringenti controlli da parte di Adm, assicurando il rispetto della normativa fiscale e il regolare versamento delle imposte“.
E cita poi uno studio dell’Università Tor Vergata di Roma sulla regolamentazione del settore della commercializzazione online dei prodotti da fumo elettronico che “ha approfondito il quadro normativo esistente, evidenziando come l’impianto regolatorio esistente offriva già strumenti di tutela per consumatori e minori, oltre a garantire un controllo fiscale efficace. Lo studio analizza la normativa sulla commercializzazione online dei prodotti da fumo elettronico e mette in luce il delicato equilibrio tra la necessità di regolamentare il settore e il rischio di distorsioni della concorrenza a causa di interventi normativi troppo restrittivi“.
Entrando nel merito dell’attività imprenditoriale, Busiello ha fatto giustamente notare che le imprese del web operano nel pieno rispetto delle norme volute non più tardi di qualche anno fa dallo stesso Stato. “Le realtà che oggi operano nel settore della vendita online di prodotti liquidi da inalazione non sono attività improvvisate, bensì trattasi di aziende strutturate, con ingenti investimenti e centinaia di dipendenti. Il divieto di vendita online sta provocando drammatiche perdite di fatturato e di posti di lavoro. Nei mesi precedenti, come associazione, abbiamo più volte evidenziato questi rischi, interfacciandoci con le istituzioni e le forze politiche. In tali occasioni, i dati che presentavamo erano di natura previsionale. Oggi, a soli trenta giorni dall’introduzione del divieto, siamo in possesso delle prime evidenze reali sugli effetti che questa misura sta producendo sul mercato“. E i numeri sono allarmanti. “I dati certi, provenienti dalle aziende aderenti all’associazione, mostrano una perdita media dell’80% del fatturato, con una conseguente riduzione del gettito fiscale e, in particolare, una significativa diminuzione delle entrate derivanti dall’imposta di consumo sui prodotti sotto monopolio. A titolo esemplificativo, due aziende dell’associazione hanno registrato che nel mese di dicembre 2024, i versamenti per imposta di consumo ammontavano a circa 600mila euro.

Nel mese di gennaio 2025, con l’introduzione del divieto, la somma complessiva dei versamenti si è ridotta a circa 80mila euro. Proiettando questi dati su base annua, il gettito erariale relativo all’imposta di consumo passerà da circa 7 milioni di euro a meno di 1 milione di euro. E questi numeri rappresentano soltanto due delle numerose aziende colpite da questa misura“. Lo scenario che si prospetta non sarà roseo, nè per i lavoratori ma neppure per i consumatori che, probabilmente, non abbandoneranno l’abitudine di acquistare online. E infatti, ha spiegato Busiello, “le prime evidenze suggeriscono che il mercato illegale stia crescendo rapidamente. Sono in aumento i gruppi WhatsApp, i canali Telegram, le chat private e i siti esteri che operano in totale assenza di controlli. È quindi lecito pensare che il fatturato perso dal commercio online sta confluendo verso i canali di vendita illeciti. Questi canali essendo già illegali, non sono stati minimamente toccati dalla nuova normativa e, anzi, stanno prosperando grazie all’assenza di concorrenza da parte dei siti autorizzati, che fino a dicembre rifornivano centinaia di migliaia di clienti in tutto il Paese“.
Ad appena un mese dall’entrata in vigore del divieto, l’unico dato certo è quello della perdita di posti di lavoro, del crollo del fatturato per le aziende regolari e della drastica riduzione delle entrate erariali per lo Stato. “Per queste ragioni, riteniamo necessario un ripensamento del divieto, valutando soluzioni alternative che possano garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati senza penalizzare un intero settore. Nell’ambito dell’esame del cosiddetto Decreto Milleproroghe 2025, Aive si è fatta promotrice, in sede di confronto istituzionale, della proposta volta quanto meno a differire di un anno il divieto. Questa soluzione, a nostro avviso, avrebbe consentito una transizione graduale e soprattutto una valutazione più approfondita degli impatti della misura, senza compromettere la stabilità economica delle aziende. Tuttavia, non sembra ad ora esserci la volontà di procedere con l’esame della proposta. Ciò, a giudizio di Aive, rappresenta un’occasione mancata per un confronto più approfondito sugli impatti di questa misura“.

Un supporto alla causa delle rivendite online parrebbe esser stata data anche dalla federazione dei tabaccai (Fit), ma questa volta è rimasta inascoltata. Pur essendo l’associazione che più di tutte ha sostenuto e applaudito l’introduzione del divieto, Busiello ha spiegato che “da un lato ha richiesto che tutti i prodotti contenenti nicotina fossero relegati alla vendita esclusiva nelle tabaccherie, ma dall’altro ha anche espresso letteralmente: “Al fine di non pregiudicare gli esercizi diversi già esistenti, riteniamo che la vendita in tabaccheria possa comunque fare salvi quegli esercizi che già operano al momento dell’introduzione delle nuove regole.” Sarebbe stato dunque opportuno non estendere il divieto di vendita online alle attività già autorizzate da Adm, che nel corso degli anni si sono dimostrate rispettose della normativa vigente e rappresentano canali sicuri sotto ogni aspetto. Queste stesse attività avrebbero potuto costituire le più valide alleate dello Stato nella lotta contro il mercato illecito“.