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“Il governo si impegna a valutare l’opportunità di adottare iniziative normative volte a prorogare al 1° gennaio 2026 il divieto di vendita a distanza di prodotti liquidi da inalazione contenenti nicotina, in vigore dal 1° gennaio 2025“. In poche righe così recita l’ordine del giorno accolto dall’esecutivo durante la seduta parlamentare dello scorso 19 febbraio. Un atto che, di fatto, non cambia nulla nel panorama attuale, ovvero il divieto rimane operativo così come è stato pensato. Non si può neppure dire che sia stata accesa una fiammella di speranza, anche perché di ordini del giorno se ne approvano a decine i cui testi rimangono a prendere polvere in qualche scaffale del Palazzo. Però una riflessione occorre farla. Con questa vicenda si sfiora il paradosso: un componente della maggioranza (Pino Bicchielli, deputato del gruppo Noi Moderati-Maie-Centro Popolare) chiede al governo di valutare il cambio di linea su un provvedimento e lo stesso governo accetta formalmente di rivalutarlo. Se il governo ha deciso di “valutare l’opportunità di prorogare il divieto al prossimo 1° gennaio“, perché tale opportunità non è stata valutata fino in fondo lo scorso mese di settembre prima di mettere nero su bianco la norma? Una domanda retorica, certamente. Però dà l’idea di come a volte il ragionamento politico vada in collisione con il buonsenso ma forse a braccetto con l’ipocrisia.
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