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Ci risiamo. Di nuovo uno studio non ancora pubblicato e non sottoposto al processo di peer-review, la revisione paritaria che è parte fondamentale del processo scientifico, scatena l’allarmismo sul vaping. Questa volta, bisogna ammetterlo, con la complicità attiva dei media. È accaduto domenica, quando il tabloid inglese Daily Mirror, non particolarmente noto per la sua sobrietà, ha sparato un titolo shock: “L’orrore del vaping, il primo studio rivela effetti collaterali mortali: malattie cardiache, collasso degli organi, demenza”. La versione cartacea del tabloid, dove la “notizia” ha avuto una pagina intera, titolava: “Vaping: la scioccante verità”, due strilli poi ci informavano che le sigarette elettroniche fanno male come quelle tradizionali. Una affermazione che, chiaramente, non era ritenuta abbastanza forte dai colleghi dell’online che iniziavano il loro articolo affermando che “il vaping potrebbe essere più pericoloso per il corpo del fumo”. Accidenti.
Ma di cosa si parla? Lo “studio bomba”, come lo definisce il Mirror, a cui si fa riferimento è condotto da un gruppo della Manchester Metropolitan University guidato da Maxime Boidin e viene definito come “il primo studio controllato a investigare gli effetti a lungo termine della sigaretta elettronica”. Leggendo, scopriamo che non solo lo studio non è ancora stato pubblicato, né sottoposto alla revisione paritaria, ma non è nemmeno ancora concluso, perché finirà a marzo. Dettagli che non hanno però scoraggiato i giornalisti del Mirror che, a quanto pare, sono stati gli unici a aver potuto consultare il lavoro di Boidin, che è stato anche prodigo di commenti. Né il resto dei media che hanno prontamente rilanciato lo “scoop”.
Da quanto apprendiamo dal Mirror, presso l’Istituto dello sport dell’Università Metropolitan di Manchester, un campione di partecipanti tra i 18 e i 45 anni, tra fumatori, svapatori e nessuno dei due, dopo una astinenza di 12 ore, si è sottoposto a test da sforzo che misuravano l’elasticità dei vasi sanguigni e la velocità del flusso sanguigno al cervello, in particolare con il test Fmd (dilatazione flusso mediata). Questi test avrebbero dimostrato che nei fumatori e negli svapatori le pareti arteriose faticavano a dilatarsi e il flusso sanguigno risultava compromesso. Se questo vi ricorda qualcosa, è perché lo stesso team di ricerca qualche mese fa presentò al congresso della European Respiratory Society alcuni dati preliminari dello studio, suscitando molte polemiche. Il loro è, dunque, un metodo sperimentato.
Ma vediamo, da quel poco che si sa, cosa non torna in questo studio e nella sua presentazione. Prima di tutto la coorte esaminata è piuttosto esigua: 20 fumatori, 20 svapatori e 20 persone che non svapavano né fumavano. Un campione non abbastanza grande per trarre conclusioni generali. Lo studio, inoltre, durerà in tutto dodici mesi, che non è certo un periodo adeguato per vantare di poter determinare gli effetti a lungo termine del vaping. Inoltre, dal bando pubblicato il 30 ottobre del 2023 dalla Manchester Metropolitan University per la ricerca dei partecipanti, si apprende che i criteri di selezione erano: fumo esclusivo per almeno tre mesi, svapo esclusivo per almeno tre mesi, astinenza per almeno tre mesi. Un intervallo di tempo non adeguato, contando che la maggior parte dei vaper sono ex fumatori, per escludere effetti del fumo pregresso. Infine, le misurazioni effettuate, spiegano gli esperti, riguardano effetti transitori ed è un salto concludere che si traducano in risultati a lungo termine.
Boidin, inoltre, dimostra scarsa comprensione dei modelli di consumo, quando afferma che svapare potrebbe essere più pericoloso che fumare, perché “con le sigarette elettroniche si continua a tirare ed è molto difficile sapere quante boccate si sono fatte”. Insomma, il medico sembra ritenere che gli svapatori aspirino ad libitum, mentre in realtà si autoregolano: svapano finché non assumono abbastanza nicotina, poi smettono, altrimenti si sentono male.
Per il resto, e in attesa che lo studio sia disponibile e sottoposto a scrutinio, lasciamo la parola ad altri ricercatori nel campo della sigaretta elettronica. “Basta con il sensazionalismo – commenta il professor Riccardo Polosa dell’Università di Catania – Le affermazioni fuorvianti del Daily Mail sono l’ennesimo esempio di come il giornalismo non etico alimenti paura, confusione e disinformazione. Siamo chiari: dire che “il vaping è più pericoloso del fumo” è completamente falso. Sappiamo tutti che il fumo di sigaretta è la causa principale di malattie cardiovascolari, respiratorie e oncologiche. Sebbene la sigaretta elettronica non sia priva di rischi, rimane molto meno dannosa del fumo, un fatto supportato dalla scienza, non dal giornalismo in cerca di click”.
Altri criticano direttamente il comportamento dei ricercatori. “È irresponsabile e inaccettabile che uno scienziato faccia dichiarazioni ai media prima di aver completato/pubblicato il suo studio e ignorando le forti prove epidemiologiche contro le sue affermazioni mediatiche”, lamenta il cardiologo greco Konstantinos Farsalinos. Sullo stesso tono Sarah Jackson dello University College di Londra, che condivide un post su X in cui Max Boidin si compiace dell’articolo del Daily Mirror. “È incredibile vedere scienziati pubblicizzare in questo modo i risultati di uno studio non pubblicato e apparentemente incompiuto – commenta – Le prove richiedono un esame approfondito, in particolare quando contraddicono direttamente una grande quantità di letteratura scientifica già pubblicata. Ciò alimenterà percezioni errate e farà sì che le persone continuino a fumare più a lungo”. Insomma una pagina non edificante sia per il giornalismo che per la scienza.
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