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Il Cile, nuovo riferimento internazionale delle politiche antifumo

Riconosciuto ufficialmente il potenziale delle sigarette elettroniche come strumenti di riduzione del danno.

Dopo anni di incertezze riguardo alla regolamentazione dei dispositivi elettronici per il consumo di nicotina, il Cile ha fatto un passo deciso verso una politica sanitaria all’avanguardia con l’approvazione della legge numero 21.642. La normativa riconosce ufficialmente il potenziale delle sigarette elettroniche come strumenti di riduzione del danno, un approccio che prende le distanze da altri Paesi latinoamericani come Argentina, Venezuela e Messico, che adottano politiche più restrittive.
A differenza di chi punta principalmente sul divieto, la legislazione cilena si focalizza su una regolamentazione mirata, equilibrando le esigenze di salute pubblica con i diritti dei consumatori. In particolare, il Cile ha stabilito limiti precisi sulla concentrazione di nicotina nei dispositivi, fissandola a un massimo di 45 mg/ml, significativamente più alta rispetto al limite di 20 mg/ml imposto dall’Unione Europea. Pur vietando la vendita a minorenni, la legge consente l’accesso regolamentato agli adulti, permettendo anche la pubblicità per informare il pubblico sulle alternative a basso rischio.
Questa decisione del Cile si inserisce in controtendenza in un panorama latinoamericano dove invece molti paesi adottano politiche proibizioniste che non hanno avuto successo nel ridurre il consumo di tabacco. In Argentina, ad esempio, il divieto di vaping, coesiste con la possibilità di adottare altri prodotti come le bustine di nicotina, creando così incoerenza nella regolamentazione. Nonostante il tasso di fumatori in Argentina sia ancora del 23,1 per cento, le autorità continuano a ignorare l’evidenza scientifica che suggerisce che il fumo elettronico sia il 95 per cento meno dannoso del fumo tradizionale.
Anche le politiche restrittive del Venezuela non hanno avuto effetti significativi, con un tasso di fumo ancora al 17 per cento e dimostrano l’inefficacia delle leggi proibizioniste nel ridurre il consumo. Anche il Messico ha recentemente approvato una riforma costituzionale che vieta la produzione e vendita di sigarette elettroniche, provvedimento fortemente criticato dagli esperti di salute pubblica che lo considerano un passo indietro nella lotta contro le malattie legate al tabacco.
Al contrario di questi approcci proibizionisti, Paesi come il Giappone e il Regno Unito stanno registrando successi nella riduzione del fumo grazie all’adozione di alternative alla nicotina. In Giappone, l’introduzione dei dispositivi di tabacco riscaldato ha portato a una riduzione del 52 per cento nelle vendite di sigarette. Nel Regno Unito, la strategia sanitaria che incoraggia l’uso della sigaretta elettronica ha visto un calo significativo del tasso di fumo giornaliero che è sceso dal 16,4 per cento nel 2015 al 10,4 per cento nel 2023. Altro esempio emblematico è la Svezia, dove il tasso di fumatori è sceso al 4,5 per cento grazie all’accettazione di alternative più sicure come lo snus. Questo ha permesso di raggiungere lo status di “Paese libero dal fumo” molto prima degli obiettivi fissati dall’Unione Europea.
La nuova legge cilena segna dunque una svolta significativa nella regolamentazione dei prodotti contenenti nicotina. Riconoscendo la riduzione del danno come una strategia valida per migliorare la salute pubblica, il Cile si propone come esempio per altri paesi latinoamericani che potrebbero trarre beneficio da politiche simili. Le nuove norme non solo mettono in evidenza il potenziale di riduzione del danno dei dispositivi elettronici, ma rappresentano infatti anche un modello per l’intera regione. Un approccio basato su prove scientifiche e sulla regolamentazione intelligente potrebbe essere la chiave per affrontare la crescente sfida del tabagismo in America Latina, migliorando la salute pubblica e riducendo al contempo i danni associati al fumo tradizionale.

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