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Il numero dei fumatori adulti negli Stati Uniti ha raggiunto il minimo storico da sessant’anni a questa parte, mentre salgono gli utilizzatori di sigaretta elettronica. A renderlo noto è l’ultimo Morbidity and Mortality Weekly Report pubblicato dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) alla fine della settimana scorsa. Nel complesso, dal 1965 al 2023 il tasso di fumo è sceso dal 42,4% al 7,9%. Per quanto riguarda invece gli ultimi anni, dal 2017 al 2023, negli Stati Uniti si contano 6,8 milioni di fumatori in meno e 7,2 milioni di svapatori in più. Una corrispondenza di cifre che suggerisce che il vaping abbia avuto un ruolo determinante nel calo del fumo.
Ma vediamo nel dettaglio i dati del rapporto, che si basa sui National Health Interview Survey, indagini trasversale condotta sulla popolazione a cadenza annuale. Fra il 2017 e il 2023 il tasso dei fumatori americani è calato dal 10,8% al 7,9%. In termini di popolazione, si è passati da 26,6 milioni a 19,8 milioni di fumatori. La diminuzione più importante si è avuta fra i cosiddetti giovani adulti, 18-24 anni, dove il fumo è crollato dal 6,5% del 2017 all’1,2% del 2023. Praticamente meno di una persona sotto i 25 anni su 80 fuma. Segue il gruppo fra i 25 e 44 anni che nel 2023 ha registrato il 7,6% di fumatori, a fronte del 12% del 2017. Nella fascia di età 44-64 anni il fumo è diminuito dal 13,2% all’11,2%. Fra chi ha 65 anni o più si è registrato un lieve incremento del fumo (dall’1,1% all’1,5%).
Veniamo ora ai dati sull’uso della sigaretta elettronica nello stesso periodo e nelle stesse fasce di età. Fra chi ha dai 18 ai 24 anni il vaping esclusivo è aumentato dal 2,7% del 2017 al 10% del 2023. Dati che confermano che per i più giovani il vaping ha praticamente sostituito il fumo. Fra la popolazione meno giovane i dati sono meno eclatanti ma molto significativi. L’uso della sigaretta elettronica è cresciuto dall’1,5% al 6,1% nella fascia di età 25-44 anni e dallo 0,8% al 2% in quella 45-64 anni. Per gli over 65 si è avuto un lieve aumento: da 0,3% a 0,6%. Non vi sono invece importanti variazioni per altre forme di tabacco combusto o non combusto: il consumo dei sigari è aumentato dall’1,9% al 2%, quello della pipa diminuito da 0,4% a 0,3%, quello del tabacco senza fumo cresciuto dall’1,3% all’1,4%.
Insomma, da questi dati appare lampante una realtà: negli Stati Uniti la sigaretta elettronica sta facendo esattamente quello per cui è stata inventata. Vale a dire contribuire a ridurre il fumo, aiutando i fumatori a smettere ed evitando che i giovani inizino a fumare. Ma i Cdc faticano a riconoscere questo fatto, affermando anzi che il calo dei fumatori è “controbilanciato” dall’aumento degli utilizzatori esclusivi di sigarette elettroniche. E, poiché queste ultime ricadono, si legge nel report, “nella definizione federale di prodotti del tabacco” (una cosa che bisogna specificare, tanto è contraria alla logica), l’uso complessivo di prodotti del tabacco è rimasto sostanzialmente invariato dal 2017 al 2023. Con buona pace dell’enorme differenza del profilo di rischio dei prodotti.
Secondo i Cdc, dunque, “sorveglianza continua e uso di strategie di controllo del tabacco, come aumenti dei prezzi, politiche antifumo, campagne mediatiche ad alto impatto e supporto alla cessazione, sono importanti per prevenire e ridurre l’uso di prodotti del tabacco, la dipendenza da nicotina e i relativi effetti negativi sulla salute”. Perché, continua il rapporto, “l’uso del tabacco è la principale causa di morti prevenibili negli Stati Uniti”. Ma non è così. Non è l’uso del tabacco, men che meno quello di prodotti che non ne contengono affatto come la sigaretta elettronica, la principale causa di morti prevenibili. È il fumo.