L'attualità quotidiana sulla sigaretta elettronica

Tasse sulla sigaretta elettronica, la priorità: ridurre il danno del fumo

Un rapporto del Gsthr esplora la fiscalità dei prodotti del vaping nel mondo e offre suggerimenti a beneficio della salute pubblica.

Tutti i Paesi, anche quelli in cui le tasse sulle sigarette rappresentano una fonte di entrate significativa devono dare priorità alla riduzione del danno. I benefici a lungo termine per la salute pubblica e l’economia derivanti dalla riduzione del fumo, come la riduzione dei costi sanitari, superano di gran lunga le potenziali perdite a breve termine di gettito fiscale”. È questo l’appello che arriva dall’ultimo rapporto pubblicato dal Global State of Tobacco Harm Reduction (Gsthr), lo spin-off della fondazione sanitaria britannica Knowledge Action Change.
Il lavoro, intitolato “Safer nicotine products taxation and optimal strategies for public health”, è stato redatto dall’economista Giorgi Mzhavanadze ed analizza come in tutto il mondo vengono tassati i prodotti con nicotina alternativi al fumo e l’effetto di queste tassazioni sull’accessibilità dei prodotti. Il rapporto esamina soprattutto i dati fino al 2023 relativi alle sigarette elettroniche e ai riscaldatori di tabacco, estendendo poi le conclusioni ad altri prodotti a rischio ridotto, come le bustine di nicotina e lo snus.
Per quanto riguarda la sigaretta elettronica, come tutti ricorderanno il primo Paese a inserire una tassa specifica è stato proprio l’Italia nel 2014, seguita da Kazakistan e Kenya l’anno successivo e da Lettonia, Romania e Slovenia nel 2016. Secondo i dati del 2023, fra tutti gli Stati che consentono la vendita di prodotti del vaping, 55 Paesi e 33 Stati americani tassano il prodotto. In Europa, invece, al 2023 la stragrande maggioranza dei Paesi non tassava la sigaretta elettronica, anche se nel frattempo qualcosa è cambiato: a gennaio del 2024, infatti, il Belgio ha introdotto un prelievo fiscale sui liquidi e lo stesso ha fatto la Spagna un anno dopo. In Irlanda e nel Regno Unito una tassazione per i prodotti del vaping verrà introdotta rispettivamente quest’anno e nel 2026.
Le tassazioni nazionali variano molto. La maggior parte dei Paesi, 37 in tutto, applica la tassa tutti i liquidi, mentre 17 solo quelli con nicotina. L’approccio più comune è quello di una flat tax specifica sul prodotto, utilizzato da 39 Paesi. Gli altri 11, invece, usano un sistema ad valorem, in cui la tassa viene calcolata come percentuale del prezzo di vendita. Dodici Stati, inoltre, tassano direttamente i dispositivi per il vaping.
Il peso fiscale sui prodotti, definito come la parte del costo al dettaglio attribuibile alla tassa, varia molto. Al 2023 il Paese con il tasso più alto è la Bielorussia con l’88%, seguita da Portogallo (85%), Norvegia (78%). Dall’altro capo della classifica troviamo Kenya (3%), Paraguay e Costa Rica (4%). L’Italia è ben posizionata al sestultimo posto con un onere fiscale pari a circa il 17%. È comunque il Paese dell’Unione europea, fra quelli presenti in classifica, dove il prelievo è più basso. Gli altri In ordine di crescita di prelievo fiscale sono: Cipro, Grecia, Ungheria, Estonia, Polonia, Romania, Lituania, Finlandia, Germania, Bulgaria, Svezia, Slovenia, Danimarca, Lettonia e, come detto, il Portogallo.
Secondo Mzhavanadze queste tassazioni fanno spesso sì che le sigarette tradizionali siano meno care di quelle elettroniche. Secondo uno studio del 2017 citato nel rapporto, per esempio, le e-cig monouso erano 3,2 volte più care di quelle di tabacco nei Paesi a reddito basso e medio basso e 1,3 volte più care in quelli ad alto reddito. I liquidi da inalazione costavano addirittura il 27% in più delle sigarette nei Paesi a basso reddito, mentre il loro costo era meno della metà delle sigarette (il 44%) nei Paesi più ricchi. Questo rappresenta un problema anche perché, continua l’autore, sebbene i prodotti a rischio ridotto siano generalmente tassati in modo più favorevole rispetto alle sigarette, queste differenze nelle aliquote fiscali non si traducono sempre in differenze di prezzo significative tra sigarette e nuovi prodotti. La ricerca suggerisce che i vantaggi fiscali spesso avvantaggiano i produttori piuttosto che i consumatori, a causa delle strategie di prezzo adottate dal settore.
Che fare, dunque? Oltre ad adottare sistemi di tassazione ottimali, il Gsthr suggerisce di prendere in considerazione misure innovative, come l’introduzione di un sussidio specifico da dare ai fumatori, che potrebbe accelerare il passaggio ai prodotti a rischio ridotto. “In molti Paesi – conclude Mzhavanadze – la tassazione ha svolto un ruolo importante nel contribuire a ridurre il tasso di fumo. Utilizzando approcci informati e basati sull’evidenza per distinguere tra prodotti del tabacco combustibili e pericolosi e prodotti a base di nicotina, molto più sicuri, si può potenzialmente accelerare la scomparsa del fumo e migliorare la salute pubblica, a beneficio di individui e comunità”.

Articoli correlati
404