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Ue, sigarette elettroniche: Spagna accelera sul proibizionismo, Italia dice no

Il fronte europeo è spaccato tra i Paesi che vorrebbe equiparare il vaping al tabacco e chi invece vorrebbe una regolamentazione più leggera e distinta.

Nel momento in cui l’Unione Europea si appresta a rivedere le sue politiche sul controllo del tabacco e dei prodotti alternativi, la Spagna si distingue per aver adottato un approccio particolarmente severo nei confronti delle sigarette elettroniche. Le nuove misure annunciate dal governo spagnolo, guidato dalla ministra della salute Mónica García, hanno suscitato una forte ondata di critiche da parte della comunità scientifica, di esperti in salute pubblica e di altri Stati membri dell’Ue, tra cui l’Italia.
Il piano del governo spagnolo mette sullo stesso piano lo svapo e il tabacco tradizionale, trattandoli con lo stesso rigore normativo. Questo approccio ignora il consenso crescente nella comunità scientifica secondo cui i prodotti del vaping, seppure non privi di rischi, rappresentano un’alternativa significativamente meno dannosa rispetto al fumo tradizionale. Tra le misure previste dalla nuova normativa spagnola si trovano il divieto totale di utilizzo delle sigarette elettroniche in spazi pubblici, incluse terrazze, spiagge e ristoranti, multe fino a 200 euro per chi svapa in tali luoghi, e un divieto assoluto dei liquidi aromatizzati, nonostante le evidenze dimostrino che questi siano un aiuto cruciale per smettere di fumare.
Oltre alle restrizioni in itinere, la Spagna ha già introdotto una tassa sui liquidi, rendendoli sempre  più costosi e quindi meno accessibili, soprattutto per le fasce di popolazione economicamente svantaggiate che statisticamente sono anche le più colpite dal tabagismo. Insieme a Paesi Bassi e altri dieci Stati membri, anche il governo iberico ha chiesto alla Commissione europea di adottare una linea più dura nei confronti delle sigarette elettroniche nella prossima revisione della Direttiva sui prodotti del tabacco (Tpd). Tuttavia, altri Paesi dell’Ue – tra cui Italia, Romania e Croazia – hanno espresso preoccupazione per l’approccio spagnolo, definendolo eccessivo e in contrasto con i principi di salute pubblica e proporzionalità. In particolare, Roma e Bucarest hanno criticato il divieto generalizzato degli aromi, sottolineando come ciò possa scoraggiare i fumatori dal passare a prodotti meno nocivi.
L’Ue, con il suo ambizioso obiettivo di una “Generazione senza fumo entro il 2040”, si trova ora davanti a un bivio: seguire l’approccio ideologico e repressivo di alcuni Stati membri, o adottare una strategia basata sulle evidenze scientifiche, sulla proporzionalità e sulla riduzione del danno. Nel dibattito sulla regolamentazione della nicotina sembra che spesso si dimentichino i principi guida della sanità pubblica che invece vengono applicati in altri ambiti: valutazione del rischio, beneficio netto per la popolazion e distinzione tra diversi livelli di pericolo. Equiparare il vaping al fumo non solo è scientificamente errato, ma rischia di compromettere la salute di milioni di cittadini europei che potrebbero invece beneficiare di un’alternativa meno nociva.
Per non compromettere i progressi compiuti finora, l’Ue dovrebbe avere il coraggio – e la lungimiranza – di tracciare una netta distinzione tra tabacco tradizionale e sigarette elettroniche, sostenendo altresì campagne di informazione basate sulla scienza e non su timori infondati o dicerie metropolitane. L’Europa ha la possibilità – e la responsabilità – di scegliere una strada equilibrata, in grado di tutelare la salute pubblica ma senza cadere in derive proibizioniste. Se ben regolamentato e supportato, il vaping può diventare un alleato chiave nella battaglia contro il tabagismo. Purtroppo, ad oggi, le organizzazioni sanitarie lo considerano il nemico numero uno della salute pubblica, ignorando però l’esperienza diretta di milioni di persone che attraverso la sigaretta elettronica hanno provato sulla loro pelle (e nei loro polmoni) i giovamenti derivanti dalla cassazione dal fumo tradizionale.

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