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La severa normativa australiana sullo svapo, che dal 2024 consente la vendita di sigarette elettroniche a base di nicotina solo in farmacia e senza prescrizione medica, sta alimentando un preoccupante effetto collaterale: il tracollo del mercato legale e l’espansione incontrollata del commercio clandestino.
Secondo dati governativi citati dal Daily Telegraph, le vendite legali di sigarette elettroniche rappresentano appena una transazione su 1.700. I documenti ottenuti dal quotidiano indicano che ogni mese vengono registrate meno di 6mila vendite legali, a fronte di oltre 10 milioni di dispositivi che affluiscono nel mercato nero. Si tratta in gran parte di sigarette elettroniche cinesi monouso, vendute illegalmente in minimarket e tabaccherie. La legge, promossa dal ministro della salute Mark Butler con l’obiettivo dichiarato di “eliminare il mercato nero”, impone limiti stringenti: confezioni neutre, pochi aromi disponibili e nessuna marca facilmente riconoscibile. Tuttavia, la categoria dei farmacisti – esclusiva depositaria del canale di vendita – non è stata coinvolta nella fase di consultazione. Il risultato? Meno di 700 delle circa 5.900 farmacie australiane hanno aderito all’iniziativa, rendendo difficile l’accesso ai prodotti legali.
Le restrizioni hanno prodotto l’effetto opposto a quello auspicato. Come osserva il giornalista Jim McDonald su Vaping360, l’approccio “leader a livello mondiale” vantato dal governo ha finito per distruggere il mercato legale dello svapo, espandere quello illegale, ridurre le entrate fiscali e aprire nuovi spazi di profitto per la criminalità organizzata.
Alla luce di questi sviluppi, cresce il fronte critico nei confronti della strategia adottata da Canberra. Esperti e analisti chiedono una revisione radicale della legge: legalizzazione piena e regolamentazione del mercato dei consumatori, con l’obiettivo di contrastare il mercato nero e ridurre i danni alla salute pubblica.