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In un contesto europeo sempre più restrittivo nei confronti delle sigarette elettroniche, la Bulgaria alza l’asticella. Mentre paesi come Francia e Belgio hanno limitato il consumo vietando le versioni usa e getta, Sofia punta a una misura radicale: il bando totale dello svapo. Il provvedimento, approvato a febbraio con una maggioranza (è proprio il caso di dirlo) bulgara dall’Assemblea Nazionale – 197 voti favorevoli e nessun contrario, – prevede il divieto assoluto di vendita, distribuzione e pubblicità di tutti i dispositivi per lo svapo, inclusi quelli privi di nicotina. La Commissione Affari Economici ha confermato la norma in seconda lettura pochi giorni fa, ma la sua entrata in vigore resta vincolata al via libera della Commissione Europea. L’iniziativa bulgara, presentata come una misura sanitaria d’urgenza, nasce anche sulla scia di un drammatico episodio: la morte di un quattordicenne, caduto da un balcone dopo aver inalato un liquido contenente esaidrocannabinolo. Le autorità denunciano la crescente confusione tra prodotti legali e illegali come causa principale dell’allarme, sostenendo che solo un divieto totale possa garantire la sicurezza dei giovani.

Tuttavia, la proposta rischia di infrangere diversi principi cardine dell’Unione Europea. In primis, quello di proporzionalità, che impone agli Stati membri di adottare misure adeguate e non eccessive. Altri Paesi, pur condividendo le preoccupazioni per la salute dei minori, hanno adottato soluzioni più mirate, come il bando delle e-cig usa e getta.
Inoltre, la libera circolazione delle merci – uno dei pilastri dell’Ue – sarebbe compromessa da un divieto nazionale su un prodotto legale e regolamentato a livello europeo. I dispositivi per il vaping rientrano infatti nella Direttiva sui prodotti del tabacco (Tpd), che ne armonizza la regolamentazione. Un divieto assoluto da parte di uno Stato membro sarebbe dunque in contrasto con le normative comunitarie.
L’iniziativa bulgara non rappresenta solo una questione giuridica, ma anche un potenziale terremoto politico. Qualora Bruxelles dovesse approvarla, si aprirebbe la strada a divieti analoghi in altri Paesi, minando la coerenza normativa dell’Unione e creando un mercato interno frammentato, con Stati che autorizzano prodotti vietati altrove.
Il rischio, secondo alcuni osservatori, è quello di minare la credibilità delle politiche europee di riduzione del danno, che vedono nello svapo uno strumento utile per aiutare i fumatori a smettere. Diverse capitali europee, infatti, difendono il ruolo delle sigarette elettroniche in ambito sanitario e potrebbero opporsi formalmente alla proposta bulgara nel periodo di notifica previsto dalle procedure Ue.
La decisione di Bruxelles sarà dunque cruciale. Approvare il divieto totale significherebbe inaugurare una nuova fase delle politiche anti-tabacco dell’Unione, con conseguenze difficilmente prevedibili sull’equilibrio tra tutela della salute pubblica, diritti dei consumatori e principi comunitari. Rigettarlo, invece, rappresenterebbe un chiaro segnale in favore dell’unità normativa e della razionalità nelle scelte di sanità pubblica.
Quel che è certo è che il caso bulgaro potrebbe trasformarsi in un banco di prova per il futuro dello svapo in Europa.