L'attualità quotidiana sulla sigaretta elettronica

Il Cremlino prende di mira anche la sigaretta elettronica

Mentre la legge federale resta ferma, con l'appoggio di Putin le regioni russe anticipano Mosca con divieti locali.

In Russia la battaglia contro le sigarette elettroniche sta assumendo una dimensione sempre più ampia, spinta da un’inedita alleanza tra il Cremlino e i governi regionali. Dopo mesi di stallo legislativo a livello federale, i governatori di diverse regioni hanno avviato autonomamente campagne di divieto e controllo, ricevendo l’esplicito sostegno del presidente Vladimir Putin. La crociata anti-svapo, presentata come misura di tutela della salute pubblica e dei minori, sta rapidamente trasformandosi in un laboratorio politico e sociale che potrebbe anticipare un bando nazionale.
Il governatore del Daghestan, Sergey Melikov, è stato tra i primi a chiedere che la sua regione diventasse un territorio pilota per vietare la vendita di sigarette elettroniche, citando l’aumento del consumo tra gli adolescenti e i rischi per la salute pubblica. A rilanciare il tema è stato poi il governatore di Nizhny Novgorod, Gleb Nikitin, che durante un incontro con Putin ha proposto di concedere ai governi locali la possibilità di introdurre divieti autonomi. Il presidente ha accolto la proposta “con consenso immediato”, dando così impulso politico all’iniziativa. Diverse regioni si sono mosse rapidamente. La Vologda, guidata da Georgy Philimonnov, è in prima linea nella repressione del settore: ispezioni amministrative e fiscali hanno colpito decine di negozi di sigarette elettroniche, mentre il governatore ha definito questi prodotti “un’arma di genocidio”. Nel frattempo, la Duma di Stato procede più lentamente. Dopo aver respinto in estate un disegno di legge che avrebbe permesso ai governi regionali di imporre restrizioni proprie, i deputati hanno approvato solo misure parziali, come il divieto di pubblicità dei prodotti contenenti nicotina alle fermate degli autobus.
Dietro la retorica sanitaria si muovono però anche forti interessi economici. L’introduzione di nuove accise sui prodotti a base di nicotina ha portato nel 2025 nelle casse dello Stato già 50 miliardi di rubli (circa 550 milioni di euro), rendendo il settore una fonte non trascurabile di entrate fiscali. Gli operatori del mercato temono che un bando totale spinga il commercio verso la clandestinità, privando il bilancio statale di importanti risorse. “Chiudere tutto sarebbe un suicidio economico”, ha commentato un rivenditore, evidenziando come la domanda resterebbe alta e verrebbe semplicemente spostata nel mercato nero. Per gli esperti, il nuovo approccio “federale dal basso” potrebbe servire come banco di prova per una futura politica nazionale. Se gli esperimenti regionali dovessero mostrare risultati positivi nella riduzione del consumo, il governo centrale potrebbe usarli come modello per un divieto esteso a tutto il Paese. Al momento, la Russia sembra oscillare tra la volontà politica di dare un segnale di forza e la consapevolezza del peso economico di un settore che, nel bene o nel male, ha ormai assunto dimensioni troppo grandi per essere cancellato con un colpo di spugna.

Articoli correlati