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Vietare le sigarette elettroniche è un disastro per la salute pubblica

I docenti David Abrams e Ray Niaura criticano la decisione di San Francisco: la riduzione del danno è una questione di diritti umani.

Continua a far discutere, soprattutto negli Stati Uniti, la decisione presa il mese scorso dalla città di San Francisco di proibire la vendita di sigarette elettroniche ma non di quelle di tabacco. Il timore concreto è che la misura, presa forse sull’onda emotiva di un pericolo percepito, faccia scuola fra gli amministratori locali (cosa che in parte sta già accadendo) che potrebbero essere tentati da adottare una soluzione facile e popolare a un problema complesso, con la possibilità di fare più male che bene. A mettere in guardia dal pericolo sono oggi due docenti della New York University che scrivono un lungo intervento ospitato sul sito stesso dell’ateneo.
David Abrams e Ray Niaura, due nomi noti a chi segue la ricerca sul vaping, insegnano entrambi scienze sociali e comportamentali al College of Global Public Health e dirigono il Tobacco Reseach-Lab dell’università. Messi insieme – spiega il sito della NYU – i due docenti hanno speso quasi 75 anni a studiare come aiutare i fumatori a smettere ed evitare che i giovani inizino a fumare. Hanno all’attivo oltre 700 pubblicazioni, fra cui un manuale pluripremiato indirizzato agli operatori sanitari (The tobacco dependence treatment handbook) e hanno ricoperto le presidenze di diverse società scientifiche. Negli ultimi anni Abrams e Niaura si sono occupati di sigarette elettroniche: erano fra gli autori dello studio del 2017 che calcolava che, se la maggior parte dei fumatori passasse all’e-cigarette, in dieci anni si salverebbero 6,6 milioni di vite negli Stati Uniti, .
Molto critico sul divieto di vendita deciso da San Francisco, Abrams mette in guardia: “I fumatori saranno costretti a consumare sigarette tradizionali o a sostenere spostamenti e maggiori costi per procurarsi i prodotti del vaping, per esempio recandosi in un’altra città per comprarli o rivolgendosi al mercato nero, creato dal divieto. Sostanzialmente  la misura contribuirà a mantenere il consumo delle mortali sigarette e dei piccoli sigari o dei cigarillos, che attraggono i giovani. Il contrario di quello che vogliamo”. Secondo Niaura i vantaggi sono molto limitati  (“La maggior parte dei minori – spiega – che non usa altri prodotti del tabacco, non svaperà comunque”) mentre saranno in molti subire gli effetti negativi di questa decisione.
A perderci saranno tutti i fumatori – commenta Abrams – soprattutto le fasce di popolazione con tassi di fumatori più alti: la comunità Lgbt, i cittadini a basso reddito e senza assicurazione sanitaria, i tossicodipendenti, i pazienti psichiatrici e altri che non hanno rappresentanza politica nella società. Subiranno tutti conseguenze, se eliminiamo i prodotti meno dannosi e li rendiamo più cari e più dfficili da reperire”.
I due professori ricordano fra l’altro come in materia di salute pubblica il proibizionismo abbia sempre fallito. È successo negli anni Venti con l’alcool, succede ancora con le droghe. “Per alcune questioni sanitarie – sostiene Ray Niaura – una strategia della riduzione del danno, che miri a minimizzare le conseguenze negative invece di promuovere l’astinenza, può essere più efficace di un divieto”. Il professore ha parole aspre anche per un controsenso evidente, quello di proibire i prodotti del vaping ma non il tabacco. “Perché – si chiede – lasciare il prodotto più dannoso e togliere quello meno? È un disastro sanitario per tutti i fumatori, anche se ha un senso dal punto di vista politico per chi sostiene di proteggere i minori”.
David Abrams spinge la questione ancora più avanti. “È anche una questione di diritti umani – sostiene – i fumatori devono essere informati che lo svapo è molto meno dannoso del fumo”. Ed è anche il metodo più efficace per smettere. “Vi sono importanti prove scientifiche – conclude – a dimostrazione che i prodotti del vaping, se usati regolarmente, possono raddoppiare la possibilità di smettere di fumare completamente rispetto alle altre terapie sostitutive della nicotina come le gomme, i cerotti e le pastiglie”.

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