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Centro di ricerca contro il cancro promuove la sigaretta elettronica

Si chiama “Vape to Quit” – Svapa per smettere – la campagna lanciata da Yorkshire Cancer Research, la fondazione per la lotta contro il cancro della contea dell’Inghilterra settentrionale. Qui si registra il più alto tasso di fumatori del Paese e il consumo di tabacco è la prima causa di morte prematura. Secondo i dati è infatti dovuto alle sigarette l’80 per cento dei tumori ai polmoni, il 37 per cento di quelli alla vescica e il 23 per cento di quelli al fegato. E per convincere i suoi 750mila fumatori a smettere, le autorità sanitarie locali hanno deciso di puntare sulla sigaretta elettronica. Yorkshire Cancer Research pone l’accento su alcuni punti chiave: l’ecig è del 95 per cento meno dannosa del tabacco, non produce le sostanze cancerogene dovute alla combustione, non è dannosa per chi ne respira passivamente il vapore e aumenta le probabilità di riuscire a smettere di fumare definitivamente. Per questo la fondazione esorta gli operatori sanitari a sostenere in ogni modo i fumatori che scelgono di smettere utilizzando l’ecig. L’urgenza trova espressione nelle dichiarazioni della dottoressa Kathryn Scott, a capo dello Yorkshire Cancer Research. “Le sigarette elettroniche sono ancora relativamente nuove – spiega  – e bisognerà fare ulteriori ricerche sul loro effetto a lungo termine. Ma la metà dei fumatori morirà a causa del fumo se non smette. Bisogna agire subito. Non possiamo permetterci di aspettare mentre la salute di centinaia di migliaia di persone nello Yorkshire è danneggiata dal tabacco”. Non c’è dubbio, continua Scott, sul fatto che l’ecig sia notevolmente più sicura della sigaretta e che sia un efficace strumento per smettere. E tanto basta. La fondazione chiede anche che nei luoghi pubblici e di lavoro sia fatta una netta distinzione fra fumo e vaping. “Sono due attività completamente differenti – spiega Scott – e come tali vanno trattate”. Dunque non vi sono giustificazioni per costringere i vaper a condividere gli stessi spazi dei fumatori, né di proibire l’elettronica dove non è consentito fumare. “Svapare – continua la dottoressa – deve essere una scelta più comoda, oltre che più sicura". L’ultima raccomandazione di Kathryn Scott è destinata a chi fa informazione. “La copertura negativa dei media – spiega – ha portato a credere erroneamente che svapare sia pericoloso, mentre la verità è che la sigaretta elettronica ha il potenziale di ridurre i danni che il tabacco causa ai fumatori, a chi sta loro vicino e all’intera società”.

Campagne antifumo, gli esperti: no immagini shock, sì aumento del prezzo

Non è il pacchetto di sigarette neutro, cioè senza loghi e immagini di riconoscimento, la soluzione al tabagismo. Questo sembra emergere dalla Francia che, a poco più di un anno dall’introduzione di questa misura, tira le somme fallimentari dell’esperienza. Da gennaio 2017 il governo d’Oltralpe ha introdotto il pacchetto verde oliva – a quanto pare il colore meno invitante che esista – con foto shock e le avvertenze sul rischio che coprono l’intera superficie frontale e posteriore del parallelepipedo. La convinzione era che questo sarebbe servito ad abbassare il tasso dei fumatori francesi, attestato al 29 per cento. Ma non è andata così. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio francese per le droghe e le dipendenze, infatti, nell’anno da poco terminato le vendite di sigarette si sono ridotte di un misero 0,7 per cento. Un risultato talmente esiguo da non lasciare spazio ad interpretazioni e che dovrebbe servire da monito a quei Paesi, come l’Italia, dove si discute l’adozione del pacchetto neutro, aspettandosi chissà quali risultati. D’altronde è da un po’ che psicologi e sociologi mettono in guardia sull’uso di messaggi terroristici e immagini shock per spingere i fumatori a smettere. Queste pratiche finiscono per rivelarsi controproducenti, perché inducono nei destinatari frustrazione, ansia e scarsa autostima o addirittura meccanismi di sfida. “Bisognerebbe lanciare slogan antifumo – commentava la dottoressa Sara Evans-Lacko a margine di uno studio pubblicato sulla rivista Social Science & Medicine - che si concentrino più sugli effetti positivi ottenuti da chi ha smesso di fumare e beneficia di una migliore qualità di vita”. Dunque governi e istituzioni sanitarie dovrebbero concentrarsi su misure che hanno già dimostrato di non essere efficaci. Ed è sempre la Francia ad indicare una via percorribile. Il 13 novembre 2018 ha aumentato di 30 centesimi il costo del pacchetto di sigarette e di 10 quello del tabacco da rollare e le vendite hanno registrato un calo. Dal 1 marzo di quest’anno il prezzo delle sigarette ha subito un aumento significativo, arrivando a 8 euro a pacchetto . Ma il governo Macron non intende fermarsi e prevede di arrivare a 10 euro entro il 2020 e in vista di questo ha adottato un piano quadriennale di riconversione dei tabaccai, che li aiuti a sopravvivere al calo di vendite del tabacco.

Sigarette elettroniche e minori, divieto vendita è solo per nicotina

Il sostegno alla presidente di Uniecig, Antonella Panuzzo, arriva dai presidenti dell’associazione consumatori Anpvu e dalla neo costituita Coiv. In un comunicato congiunto firmato da Carmine Canino e Massimiliano Federici, infatti, le due associazioni dichiarano di sostenere in toto le perplessità di Panuzzo “sul rischio di un’interpretazione restrittiva da parte di AAMS della legge che regola il vaping in Italia ed in particolare per quanto riguarda il divieto di vendita ai minori dei liquidi privi di nicotina”.  Un provvedimento che andrebbe in contraddizione con la Circolare del Ministero della salute del 2 febbraio 2016, che limita il divieto ai soli liquidi contenenti nicotina. La ratio del divieto sarebbe ancora una volta quella di preservare i minori dal cosiddetto effetto passerella dalla sigaretta elettronica a quella di tabacco. “Peccato però – obietta il comunicato - che questa tesi non risulti per niente veritiera, da dati statistici accreditati dall’ISS, l’età anagrafica del primo approccio al fumo delle sigarette tradizionali è di 14 anni”. Dunque la vera emergenza per i minori non è il vaping, ma rimane il tabagismo. “Non è certamente vietando gli eliquids privi di nicotina ai minori di 18 anni – scrivono a questo proposito Canino e Federici – che si scoraggia l’ingresso dei giovanissimi alla dipendenza dal catrame, ma occorrerebbe (come si è fatto in molti paesi) raddoppiare o triplicare il costo di un pacchetto di sigarette (non certo degli eliquids), promuovere una corretta informazione nelle scuole, rivolta soprattutto agli studenti delle medie e impegnarsi seriamente in campagne di divulgazione mediatica attraverso la voce di testimonials che parlino lo stesso linguaggio dei ragazzi e non arruolare personaggi che al contrario sarebbero perfetti per un battage informativo sulla prevenzione delle patologie della prostata”. È inoltre singolare il fatto che, secondo le indiscrezioni riportato dagli incontri con Aams, l’agenzia sarebbe orientata verso il divieto di vendita i minori dei liquidi con e senza nicotina ma non degli hardware. “Non si capisce quali eliquids questi giovani consumatori debbano utilizzare per una svapata sicura – commentano i rappresentanti di Anpvu e Coiv – dopo aver acquistato tranquillamente un vaporizzatore: in questi casi vige come sempre la regola, non sempre raccomandata, del fai da te”. Attenzione, dunque, al pericolo sempre in agguato dell’eterogenesi dei fini: si rischia che un provvedimento nato per tutelare i minori, finisca per esporli a rischi non necessari. Ancora una volta ci si richiama all’esempio del Regno Unito ed al recente documento pubblicato da Public Health England, dove si afferma che non esiste un’emergenza vaping fra i giovani e che l’uso regolare della sigaretta elettronica tra i giovani che non hanno mai fumato rimane trascurabile (meno dell’1 per cento). Il comunicato Anpvu-Coiv si conclude auspicando che lo Stato italiano abbandoni una volta per tutte le politiche proibizionistiche e “approvi e condivida le politiche del Regno Unito dove il vaping viene promosso e incentivato dal proprio Ministero della Salute”. Anche per quanto riguarda la vendita di liquidi ai minori.

Sigarette elettroniche, Regno Unito mette in discussione la Tpd

Approfittare della Brexit per abolire la TPD al fine di convincere i fumatori a passare alla sigaretta elettronica. È quanto due giorni fa un gruppo composto da esperti ha suggerito in audizione alla Science and Technology Select Committee, la stessa commissione del Parlamento del Regno Unito che lo scorso 9 gennaio aveva ascoltato Riccardo Polosa ed altri scienziati proprio sul tema vaping e salute. Temi del dibattito sono stati in particolare il divieto di pubblicità, il limite alla concentrazione di nicotina nei liquidi e alla capacità degli atomizzatori, tutte misure previste dalla Direttiva europea sui prodotti del tabacco. Ma, sostengono in molti, sono regole che rischiano di scoraggiare i fumatori a provare una alternativa che riduce il danno del 95 per cento e, in sostanza, li convincono a continuare a fumare. Una contraddizione per un Paese in cui le autorità sanitarie hanno scelto di puntare con decisione sulla sigaretta elettronica per combattere il tabagismo. Il limite alla concentrazione di nicotina, per esempio, colpisce proprio i neofiti del vaping, quelli che abbandonano la sigaretta a favore di un vaporizzatore per principianti e che hanno bisogno di livelli di nicotina più alti. “Non esiste un motivo razionale – ha dichiarato la dottoressa Lynne Dawkins del Centre for Addictive Behaviours Research al quotidiano The Register – per porre il limite della nicotina a 20 mg, è una scelta arbitraria. Le nostre ricerche dimostrano che se si riduce la concentrazione, si compensa aumentando la quantità, che ha un costo finanziario e per la salute”. Discorso simile per le limitazioni alla capacità degli atomizzatori, che sono state recepite dalla legge del Regno Unito. L’unico risultato che si ottiene davvero è quello di dover effettuare soventi ricariche di liquido: una seccatura che rischia di scoraggiare i neofiti. Il divieto di fare pubblicità ai prodotti del vaping, poi, diventa addirittura paradossale in un Paese dove lo stesso Ministero della salute ha inserito la sigaretta elettronica nello spot promozionale della campagna annuale antifumo, andato in onda su tutte le reti nazionali.  E dove solo qualche settimana fa Public Health England ha sottolineato la necessità di contrastare la disinformazione sul vaping e sui suoi effetti sulla salute.  Insomma, secondo i critici, alcune norme previste dalla Tpd sortiscono l’effetto di scoraggiare il passaggio dal tabacco al vaping, esattamente il contrario di quello che è l’obiettivo del governo britannico. La Brexit potrebbe davvero essere la buona occasione per liberarsene.

Consumatori sigarette elettroniche: “La salute prima della fiscalità”

“Secondo noi una politica di prevenzione sanitaria intelligente e lungimirante che guardi alla salute dei propri cittadini, ma anche al risparmio della spesa sanitaria di uno Stato, non può e non deve essere esclusivamente appannaggio di provvedimenti di carattere fiscale”. L’Associazione nazionale per i vapers uniti (Anpvu) torna sul tema della salute, chiedendo un’attenta politica di prevenzione della salute pubblica e in particolare del tabagismo, “responsabile in Italia di 80.000 morti all’anno”. Il governo italiano, finora, ha trattato il vaping soprattutto come un problema legato agli introiti nelle casse dell’erario, ma l’associazione dei consumatori auspica un approccio completamente diverso. E l’esempio indicato è, naturalmente, quello seguito Oltremanica: “Il Ministero della Salute inglese – si legge in un comunicato firmato dal presidente Carmine Canino – aprendo convintamente le porte al vaping come sistema alternativo, sicuro ed efficace rispetto al fumo di sigaretta, rappresenta la vera innovazione culturale in fatto di politiche di prevenzione delle patologie fumo-correlate e lotta al tabagismo”. Anpvu fa specifico riferimento al report pubblicato lo scorso 6 febbraio dall’agenzia Public Health England  che aggiorna quello del 2015, confermando che le ecig rappresentano un valido strumento per smettere di fumare e sono del 95 per cento meno dannose delle sigarette convenzionali. Il documento non condivide il pericolo del cosiddetto “effetto passerella”, che porterebbe i giovani a passare dal vaping al fumo, e anzi mette in guardia contro la disinformazione mediatica e scientifica: “Sarebbe tragico se migliaia di fumatori non iniziassero a svapare a causa di false convinzioni”, ha dichiarato John Newton, Direttore per il miglioramento della salute presso PHE. Insomma, secondo l’associazione “sono oramai migliaia gli studi scientifici che si susseguono nel mondo, molti dei quali pubblicati su riviste molto importanti e riconosciute come: The Lancet, The New England Journal of Medicine, British Journal of Medicine, British Journal of Respiratory, ecc. che attestano, in maniera oramai incontrovertibile, come i vaporizzatori rappresentino una valida opportunità per vincere la dipendenza dal tabacco e far fronte alle gravi patologie fumo-correlate”. È quindi arrivato il momento di chiedere un cambio di rotta allo Stato italiano che lo metta nella scia di quello del Regno Unito “dove il vaping viene promosso e incentivato dal proprio Ministero della Salute”. ANPVU chiede, infine, un dialogo costruttivo fra tutti gli attori del settore “affinché si possa avviare quella sensibilizzazione dell'opinione pubblica finalizzata ad avvicinare quanti più fumatori tradizionali possibili al vapore elettronico che risulta molto più agevole ed efficace e che possa garantire a tutti un futuro di svapo e non di cenere”.