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Exvapo Napoli, quaranta aziende espositrici nei tre giorni di fiera

Saranno quaranta i marchi che esporranno i propri prodotti nei padiglioni della Mostra d’Oltremare di Napoli, dove il 26, 27 e 28 gennaio prossimi si terrà la seconda edizione della fiera del vaping, Exvapo. La tre giorni napoletana viene a cadere in un momento molto delicato del settore: sarà infatti la prima kermesse dopo lo sconvolgimento fiscale e normativo dei mesi scorsi che ha gettato un intero comparto industriale e commerciale in un’incertezza, che si ripercuote anche sui consumatori. Exvapo sarà dunque un appuntamento importante per tastare il polso al vaping italiano, per giudicarne la reattività e lo stato di salute e per eventualmente dimostrarne la volontà di resistere. La prima giornata, quella di venerdì 26, sarà interamente dedicata agli addetti ai lavori. Le porte della fiera apriranno alle ore 10 e le aziende avranno tempo fino alle 18,30 per dedicarsi ai propri clienti e stringere accordi commerciali. Sabato 27 e domenica 28, invece, la fiera sarà aperta anche ai privati dalle ore 10 alle 20. Gli organizzatori fanno sapere che sono previste iniziative e show per intrattenere il pubblico, oltre a un palco per le sponsorizzazioni delle aziende. Sarà inoltre allestita un’area specifica riservata ai modder. Per ottenere il biglietto d'ingresso gratuito è necessario compilare gli appositi form per i privati o per le aziende. Ecco la lista degli espositori, in ordine alfabetico: Amico Svapo, Arctic Dolphin, Automatika, Azhad’s, Breakill’s Alien Lab, Bymed, CBWeed, Charlie’s Chalk Dust, Cigarettexpress srl, Da Vinci Mods, Deoro Liquid, Eliquid France, Ennequadro Mods, Liquid Vapor, Lop Liquids, Malaysia Vape Hub, New Butterfly, Ni Name, Officine Svapo By OS Project, Puff Cigarette, Real Farma, Ribilio, Samurai Box Mod, Sanapro, Skull Custom, Smo-King, SmokingStar, Smooke France, Suprem-e, Svapo-One, SvapoNext, Svapolibero, Tasty Haze, TigerBox, Vape Heis, Vapeitalia, VaporItaly, Vaporificio, Vitruviano’s Juice, Waro Mod.

Regno Unito, contributo pubblico per la prima sigaretta elettronica

In Gran Bretagna i centri antifumo del Servizio Sanitario Nazionale puntano sempre di più sulla sigaretta elettronica per aiutare i fumatori a smettere. E se fino a poco tempo fa qualcuno era ancora in dubbio, la diga è stata definitivamente rotta dalla campagna Stoptober  in cui le autorità sanitarie consigliavano apertamente l’ecig come strumento di lotta al tabagismo. L’esempio più recente è quello di Quit4Life (smetti per la vita), il centro antifumo di Gosport, Havant e Fareham, tre centri nella contea dell’Hampshire, che ha deciso di adottare un programma a voucher per i suoi pazienti che scelgono di abbandonare la sigaretta per il vaping. I fumatori, infatti, riceveranno un buono da 25 sterline che, quando si sentiranno pronti, potranno utilizzare per acquistare un vaporizzatore elettronico per principianti. E proprio alla campagna Stoptober fa riferimento Julia Robson, manager del servizio clinico di Quit4Life, nella sua dichiarazione al quotidiano locale The News: “Come mostrato nei messaggi della campagna, le sigarette elettroniche possono essere uno strumento molto efficace per smettere di fumare e questo mezzo economico e popolare ha già aiutato molti fumatori ad abbandonare il tabacco”. Robson continua: “Quit4Life ha lo scopo di sostenere più persone possibile a migliorare la propria salute e le loro finanze smettendo di fumare, sia con la sigaretta elettronica che con un farmaco tradizionale”. E poi conclude: “Siamo veramente felici di aiutare Public Health England a diffondere il messaggio che si può smettere di fumare grazie alla sigaretta elettronica”. I centri antifumo sono una realtà importante e consolidata in Gran Bretagna ed accompagnano ogni anno un buon numero di fumatori verso la cessazione. Non si può dire lo stesso dei circa 370 omologhi italiani ai quali, come ricordato in una recente intervista dal professore Fabio Beatrice, si rivolge solo lo 0,1 per cento degli 11 milioni di fumatori. Naturalmente nei centri nostrani non è contemplato che si possa smettere con l’ausilio dell’ecig. E, altrettanto naturalmente, nessuno si chiede se non sia proprio l’apertura verso le novità e le necessità del fumatore a decretare il successo degli Stop smoking services britannici.

Sigarette elettroniche, la Camera corregge errore nel resoconto della Lega

E alla fine l’errata corrige è arrivato. Nel resoconto degli atti della Commissione V della Camera dei deputati, si legge: “Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 933 del 18 dicembre 2017, apportare le seguenti modificazioni: a pagina 13, prima colonna, sopprimere le seguenti parole: «Walter Rizzetto (FdI), Gianluca Pini (LNA), Barbara Saltamartini (LNA) e Guido Guidesi (LNA) sottoscrivono l'emendamento Rotta 10.47, come riformulato». Dunque i funzionari che redigono gli atti ufficiali della Camera hanno preso una grossa cantonata, perché né i deputati leghisti, né Rizzetto di Fratelli d’Italia (pure cercato senza successo questa mattina) hanno sottoscritto l’emendamento Rotta. Che avevano votato contro l’emendamento ce lo avevano già dichiarato ieri sera, come riportato nell’articolo di questa mattina. Nel pomeriggio era intervenuto Matteo Salvini in persona, da noi contattato dopo che aveva pubblicato sulla sua pagina ufficiale un messaggio a sostegno del vaping. Messo al corrente dell’accaduto, il leader leghista si era subito mosso per capire l’accaduto e ci aveva preannunciato la rettifica. “Faremo tutto quello che è nelle nostre facoltà per affossare questa roba – ha detto Salvini – Quando andremo al governo sarà tra i primi provvedimenti che prenderemo. Cancellare questa legge ignobile che rischia di mandare sul lastrico decine di migliaia di persone, centinaia di piccole e medie aziende”. Tutto è bene quel che finisce bene, allora? Insomma. Perché certo non ci aspettavamo di essere ringraziati, anche se forse un favore ai deputati leghisti l’abbiamo fatto. Un errore non rilevato per tempo nei resoconti della Camera, avrebbe potuto ritorcersi loro contro più avanti, magari nel corso della campagna elettorale. Però non ci aspettavamo nemmeno dei giudizi un po’ grossolani che ci sono stati rivolti, fra l’altro davanti a uno screenshot che era di facilissima lettura. Comunque ci sentiamo di rassicurare tutti: noi la differenza fra “assorbire” e “sottoscrivere” la conosciamo benissimo. Speriamo di poter dire lo stesso di chi decide del nostro futuro.

Emendamento Rotta, il giallo del voto leghista in Commissione bilancio

Sottoscrivere, si legge sulla Treccani, significa “Apporre la propria firma in segno di accettazione e di conferma”. Non che il termine sia ambiguo e possa essere soggetto a diverse interpretazioni, ma, a scanso di equivoci, abbiamo controllato la bibbia della lingua italiana. Ieri, invece, nel nostro lavoro di cronisti siamo andati a consultare il resoconto dei lavori della Commissione V della Camera dei deputati del 18 dicembre, per capire come si era svolta l’approvazione dell’emendamento 10.47, cioè il Rocca-Boccadutri. I bollettini della Camera sono documenti ufficiali, oltre che pubblici, e dunque non dovrebbero – a questo punto il condizionale è d’obbligo – avere bisogno di ulteriore verifica. Quindi abbiamo riportato su Sigmagazine il resoconto, dove si legge, fra l’altro, che “Walter RIZZETTO (FDI), Gianluca PINI (LNA), Barbara SALTAMARTINI (LNA) e Guido GUIDESI (LNA) sottoscrivono l’emendamento Rotta 10.47, come riformulato”. È dunque con una certa sorpresa che ieri stesso, in serata, abbiamo letto una mail dell’onorevole Gianluca Pini, arrivata all’indirizzo della redazione. Con toni simpatici e scherzosi (“sarà l’età, sarà la stanchezza”) diceva di non ricordare di aver sottoscritto l’emendamento in questione. “Sia chiaro – concludeva il deputato leghista - nella confusione che regna in Commissione in questi giorni qualcuno può aver preso un abbaglio, ma io sono certo di non aver mai sottoscritto emendamenti del PD... Attendo”. Non ha atteso molto, perché a stretto giro di posta elettronica gli abbiamo inviato il resoconto della Camera, indicandogli il passaggio incriminato. “A me risulta che a quell’ora non fossi in Commissione ma addirittura fuori dal Palazzo della Camera – ci risponde Pini - Chiederò conto agli Uffici di presidenza della Commissione della bizzarria”. Dunque Pini non era nemmeno in aula, con buona pace dell’ufficialità dei resoconti del Parlamento. Sentito poi telefonicamente, l’onorevole ci spiega di essere stato in Commissione V come sostituto, senza nemmeno diritto di voto, di non occuparsi “di fiscalità. E nemmeno di fumo” e ci invita a chiedere lumi al capogruppo in Bilancio della Lega, Guido Guidesi. Anche Guidesi, dopo uno scambio di messaggi dove si mostrava alquanto sorpreso, cade dal pero. Al telefono ci dice che "nessun leghista ha firmato l’emendamento 10.47", che a loro risulta sottoscritto dal PD "e da Abrignani" di Ala. La Lega, spiega Guidesi, ha votato contro. Si tratterebbe quindi di un “errore formale” nel resoconto della Camera che l’onorevole leghista avrebbe chiesto di correggere. Al momento l’errata corrige non compare ancora nei documenti ufficiali. Aspettiamo fiduciosi.

Sigarette elettroniche, Ansalone (Bat): “No monopolio, sì regole condivise”

“Monopolizzare e statalizzare interamente il settore per noi significa riportare indietro le lancette dell’orologio”. Gianluca Ansalone, responsabile delle Relazioni istituzionali di Bristish American Tobacco Italia, ha un giudizio nettamente negativo su quanto introdotto dall’emendamento Vicari. La multinazionale del tabacco, da tempo presente massicciamente anche nel settore del vaping, si dichiara favorevole ad eventuali correzioni dell’articolo 19 quinquies in sede di legge di stabilità, ma crede che sia necessario andare oltre gli interventi spot. Ansalone auspica la creazione di un tavolo dove tutte le parti in causa, dalle istituzioni agli operatori, si riuniscano per una riflessione seria e approfondita che decida le linee guida di questo settore. Si dichiara apertissimo anche a discutere di tassazione. Ma solo per il futuro. Qual è la sua valutazione dell’articolo 19 quinquies del decreto fiscale, cioè l’ex emendamento Vicari? Abbiamo un giudizio negativo su quell’emendamento per due ordini di ragioni. Il primo molto banale e semplice è che vietare la vendita online nel 2017, cioè nell’era della digitalizzazione imperante, è quanto meno un controsenso storico. C’è poi il secondo aspetto più di merito e un po’ più articolato. Noi come azienda abbiamo sempre espresso la posizione che, dal nostro punto di vista, questo settore negli ultimi anni è cresciuto – e questo è un dato positivo – ma in una maniera un po’ caotica e ipertrofica. La nostra è un’analisi critica ma costruttiva. Però monopolizzare e statalizzare interamente il settore per noi significa riportare indietro le lancette dell’orologio. Non la consideriamo la risposta giusta, non siamo assolutamente d’accordo da questo punto di vista. Quindi il giudizio complessivo su questo emendamento è assolutamente negativo. Cosa intende quando parla di crescita ipertrofica e caotica? Ci sono due aspetti su cui noi abbiamo sempre insistito. Il primo riguarda il tema che poi è stato sciolto con la sentenza della Corte costituzionale. Noi come Bat siamo sempre stati convinti che, anche in attesa del giudizio della Corte, bisognasse pagare tutto, che bisognasse pagare sulla base della quantità. Abbiamo sempre continuato a fare la nostra parte fiscalmente, cosa che invece non è stata comune al settore. È vero che c’era un giudizio pendente, ma non mi metto tanto nei panni dell’operatore, quanto in quelle delle istituzioni. Noi abbiamo sollecitato anche con delle lettere scritte il regolatore di questo settore a promuovere il maggior numero di controlli possibile, perché per noi l’interpretazione della legge, anche in presenza di un’attesa di giudizio da parte della Corte Costituzionale, era inequivocabile. E che risposta avete avuto dal regolatore? Di attesa: c’è un giudizio pendente, aspettiamo il giudizio e poi si vedrà il da farsi. Ne abbiamo preso serenamente atto, però la nostra interpretazione è sempre stata molto diversa. Oltre alla tassa, cosa ha causato la crescita che definisce caotica? L’altro aspetto per cui noi diciamo che il settore è cresciuto in maniera caotica e che abbiamo posto, riguarda gli adeguati standard di sicurezza e di qualità dei prodotti che sono sul mercato. Anche questa è una tematica che avrebbe meritato un approfondimento ampio e il coinvolgimento di tanti operatori e di istituzioni molto diverse tra loro, come per esempio l’Istituto superiore di sanità. Qualche passo in avanti si è fatto anche da parte per esempio dell’Iss, ma manca ancora a nostro avviso una codifica. Per noi il punto di riferimento è il lavoro fatto nel Regno Unito con un decalogo molto puntuale e preciso, stilato dal British Standard Institute sugli standard di qualità e sicurezza dei prodotti del vaping. Quindi la notifica prevista dalla Tpd non basta per garantire standard qualitativi adeguati? È la base, ma non basta. Si può fare di più e meglio. In Inghilterra, realtà che conosciamo per ovvi motivi, secondo noi si è fatto. Noi ci crediamo molto e la risposta non può essere quell’emendamento così formulato e con quello che prevede. Non si chiude la partita facendo girare all’indietro le lancette dell’orologio, monopolizzando tutto e statalizzando tutto. Vi state muovendo in qualche modo per modificare l’emendamento Vicari in sede di legge di stabilità? No, non direttamente perché non compete a noi, è nell’autonomia del Parlamento. Se poi qualche iniziativa parlamentare nasce, noi la guardiamo con favore. Noi però non ne promuoviamo nessuna. Leggo dalla vostra testata che sono in preparazione possibili iniziative parlamentari e noi saremmo disponibili a correggere se possibile e ove possibile, quanto è stato stabilito nel Vicari, che ci vede contrari. Questo nell’urgenza, ma secondo noi è necessaria e urgente una riflessione ampia e un approfondimento condiviso. Qual è la vostra proposta? Da tempo abbiamo posto all’attenzione anche del decisore politico la necessità di aprire una riflessione sulle linee guida di questo settore, sulle prospettive di sviluppo, sulle direzioni e così via. Noi siamo favorevoli a riaprire una discussione, un tavolo, un confronto tra gli operatori e le istituzioni, ma non certo attraverso gli emendamenti. Si cerca sempre di arrivare ad un risultato attraverso uno strumento che secondo noi non è appropriato. Se una riflessione deve essere, deve essere una vera riflessione. Intende una sorta di legge quadro per il settore? Ci vuole una nuova regolamentazione. Alla luce di tutte queste novità complessivamente prese, è arrivato il tempo di aprire una riflessione ampia. E una riflessione si fa con i crismi dovuti, con un dibattito approfondito, si coinvolgono le istituzioni, tutti gli operatori ai vari livelli. Ci vuole del tempo e ci vuole della profondità. Non si può pensare con tre righe di emendamento in questa sede o in altre sedi di cambiare completamente l’impianto. Tornado alla tassa, che idea avete su quanto deciso dalla suprema Corte? Quello che ha deciso la Corte noi lo abbiamo sempre applicato. Questo ci fa dire che forse il tema in difformità che avevamo posto, tutto sommato aveva un fondamento. Per noi l’interpretazione della legge era chiara, quantomeno sulla componente nicotina. Noi dicevamo alle istituzioni, nella fattispecie anche al nostro regolatore che sono i Monopoli di Stato: guardate che nella nostra interpretazione il fatto che si debba pagare sui liquidi con nicotina è fuori di discussione; quello su cui ci aspettiamo la Corte si pronuncerà è l’eventuale equiparazione fra liquidi con e senza nicotina. Tutto qua. Ma sul fatto che le tasse andassero pagate, quantomeno sulla componente dei liquidi contenenti nicotina, per noi è stato sempre fuori di discussione. La sentenza adesso va in questa direzione. Lei si rende conto che la tassazione prevista era sostenibile per voi multinazionali ma non per le medie e piccole imprese del settore? Siamo disponibili anche ad affrontare il tema generale della tassazione che alcuni ritengono troppo onerosa. Siamo apertissimi ad aprire un tavolo per parlarne in maniera approfondita, ma non attraverso il tentativo, che vedo nel Dl fiscale e mi aspetto che riesca fuori in sede di stabilità, di un emendamento che cristallizzi una cosa su cui non c’è stato dibattito, non c’è stato approfondimento, non tiene doverosamente conto della sentenza nè del pregresso. Da chi dovrebbe essere gestito il tavolo? Dalle istituzioni. Siano i Monopoli di Stato o il Ministero dell’economia e delle finanze. L’iniziativa deve partire dalle istituzioni e deve vedere coinvolti tutti i livelli, cioè gli altri ministeri coinvolti - che sono sviluppo economico e salute - e gli operatori tutti. Da noi, più grandi, che siamo nel settore, agli operatori più piccoli, le rappresentanze, i corpi intermedi. Tutti coloro che hanno qualcosa da dire. Qual è la vostra posizione sulla tassa sui liquidi senza nicotina? Bisogna porre questa domanda in maniera ampia e problematica per il futuro. C’è un pregiudizio e mi riferisco al pregresso. Per noi è stato inequivocabile che la strada fosse questa. Adesso, congelato lo stato dell’arte da parte della Corte Costituzionale, si riapre il dibattito. Siamo disponibili anche a parlare di possibili differenziazioni tra con e senza nicotina in termini di gradiente. Quindi una cosa è il pregresso, su cui ci siamo comportati in un certo modo, una cosa è il futuro. Non abbiamo una posizione pregiudiziale. Come si fa a sostenere che un liquido alla fragola senza nicotina equivalga a 5,5 sigarette? Posso condividere in linea di principio quello che dice. Ripeto, siamo disponibili a parlarne, anche alla luce della sentenza della Corte, perché al suo interno vi sono degli angoli che possono essere presi in considerazione in un dibattito e in un ragionamento complesso e articolato. Ma uno strumento di riduzione del danno da fumo non dovrebbe invece essere incentivato anche dal punto di vista fiscale? Assolutamente sì. Noi come azienda abbiamo una visione molto chiara e cioè che la tassazione, comunque la si intenda, deve essere strettamente collegata a quello che noi chiamiamo lo spettro del rischio. E quindi uno strumento che può essere un modo per ridurre l’impatto sulla salute, deve essere inquadrato all’interno del sistema fiscale tenendo conto di questo. Con la tassa piena al consumatore svapare costa più che fumare, nessuno è più incentivato a passare all’elettronica. Questo tipo di sillogismo così diretto è un po’ una forzatura, ci sono tante altre implicazioni che rimandano a considerazioni non prettamente fiscali. Però seguo il principio e siamo rigorosi nel dire che lo schema fiscale deve accompagnare lo spettro del rischio. Ha avuto modo di leggere l’editoriale del presidente della Fit che descrive tabaccai come presidio della salute e sostiene che la sigaretta elettronica è stata sostanzialmente data in esclusiva alle tabaccherie? Il mio commento non è molto diverso da quello all’emendamento tout-court, che è all’origine di queste osservazioni. La nostra contrarietà è chiara. Pur nelle legittime posizioni di ciascuno, nel riconoscere alcuni limiti su come questo mercato si è sviluppato, la soluzione non può essere quella di statalizzare e portare tutto in tabaccheria. Non siamo d’accordo anche molto banalmente per impostazione generale, per il principio della libertà di mercato e tanti elementi. Ma anche per una considerazione molto banale: su questo segmento ci siamo da anni, stiamo facendo investimenti importanti, siamo pienamente immersi nella realtà di un settore che ha delle sue dinamiche e una sua vitalità. Mortificarla portando tutto quanto indietro non è condivisibile. Quindi il futuro è del vapore? Noi ci crediamo tantissimo. Pensiamo che il futuro sia quello di un allargamento ampio dell’offerta e della scelta per il consumatore e il vapore avrà sicuramente un ruolo importantissimo.

Andriukaitis mira alla sigaretta elettronica per colpire Big Tobacco

“Credo che ci sia la possibilità di esaminare le sigarette elettroniche, per andare nella direzione di una regolamentazione più severa e del divieto di pubblicità e di vendita online”. Le dichiarazioni del commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis, rilasciate a margine della presentazione del rapporto 2017 sullo Stato della salute nei paesi dell’Unione europea, hanno avuto probabilmente più risonanza di quanto ci si aspettava. Tanto che Euractiv, il sito che ha raccolto le parole del medico lituano, ha dovuto aggiungere un aggiornamento in capo all’intervista, specificando che “non sono in preparazione nuove leggi sugli strumenti elettronici legati al tabacco”. Cosa si intenda con questa locuzione, però, rimane incerto, visto che lo stesso Andriukaitis ha dimostrato di non avere chiara la differenza fra i vari strumenti, almeno se si deve prendere per buono il virgolettato di Euractiv. Il commissario lituano ha infatti dichiarato: “L’industria del tabacco sta facendo molto nell’uso di nuovi dispositivi elettronici. Usano sigarette con strumenti riscaldanti. Dispositivi nuovi e non coperti dalle direttive”. E poi ha ventilato l’ipotesi di rendere più stringente la regolamentazione sulla sigaretta elettronica. Ma è possibile che Andriukaitis, un medico oltretutto, confonda sigaretta elettronica e riscaldatori di tabacco? Due strumenti diversi in tutto – comprese, a quanto sembra, le ricadute sulla salute – e accomunati solo dall’assenza di combustione. Ed è possibile che chi decide ai più alti livelli della salute dei cittadini dell’Unione europea, non si curi del fatto che sta parlando di un prodotto giudicato dalle istituzioni sanitarie inglesi del 95 per cento meno dannoso del fumo? O che un recentissimo studio italiano, condotto dal professor Polosa, abbia rilevato che l’uso prolungato della sigaretta elettronica non comporti rischi alle vie respiratorie degli utilizzatori? Insomma, al commissario Andriukaitis non viene il dubbio che la sigaretta elettronica potrebbe essere un potente alleato per sconfiggere il tabagismo, proprio quello che lui dice di voler combattere?

Il coraggio e la speranza: Pozzetti e Bulgarelli inaugurano Il Vaporificio

Che quello del vaping sia un settore sotto molti aspetti anomalo, è noto a tutti. Il lavoro che si intreccia alla passione, il senso forte di comunità, la convinzione di fare qualcosa di buono lo rendono un mondo difficile da incasellare nei rigidi schemi dell’industria e del commercio. E così accade che, nel momento più buio e incerto della giovane ma travagliata storia del fumo elettronico, due ragazzi decidano di inaugurare un negozio e registrino il pienone. È successo sabato scorso a Cavezzo, in provincia di Modena, dove i ventiquattrenni Nicola Pozzetti e Marco Bulgarelli hanno aperto il loro punto vendita, Il Vaporificio, e sono rimasti sorpresi dalla partecipazione. “Mai ci saremmo aspettati di servire così tante persone – commenta Nicola – mai ci saremmo aspettati tanto interesse e tanta partecipazione”. “Abbiamo smentito i gufi – continua Pozzetti – i miscredenti, quelli che ci hanno remato contro. Questo settore è in forte crescita, le persone vogliono smettere di fumare e stare meglio, sia per sè stesse che per i propri cari. E nel nostro piccolo ne abbiamo avuto una prova assolutamente chiara”. La storia del nuovo negozio di Cavezzo nasce, almeno nei sogni, due anni fa quando Nicola inizia a svapare e “vede la luce”. “Ho capito che era il settore giusto – racconta – in cui investire soldi, tempo e passione e così ho fatto, nonostante la mia giovane età e l’inesperienza in campo imprenditoriale”. Naturalmente per iniziare la nuova attività Nicola e Marco, come tanti altri, hanno dovuto chiedere un prestito che definiscono “abbastanza pesante”. “Lo abbiamo fatto – spiega Nicola – convinti che questa scommessa ci avrebbe ripagati e giudicando da come sono andati questi primi due giorni, posso dire che la volontà comune anche dei consumatori è una sola: smettere con le bionde”. Pozzetti e Bulgarelli sono pieni di positività e guardano con fiducia al futuro. “Daremo tutto ciò che abbiamo – dice Nicola – per consolidare questo negozio e poi chissà… Abbiamo tanti progetti per il futuro, speriamo che questo sia solo l’inizio”. Già, chissà. Chissà se queste storie di lavoro, passione, impegno e speranza raggiungeranno il cuore della politica e faranno capire cos’è davvero questo settore. Speriamo che Nicola e Marco riescano a realizzare i loro sogni e che il loro entusiasmo sia premiato. Da parte nostra, lo auguriamo con tutto il cuore.

E-cig: mentre l’Italia tassa e vieta, il Regno Unito informa e sostiene

Il comitato scientifico della British Medical Association ha pubblicato un importante documento sulla sigaretta elettronica. Nelle 15 pagine del suo position paper, l’associazione che riunisce e rappresenta i professionisti della salute britannici si rivolge non soltanto ai medici, quanto soprattutto ai politici, nello sforzo di portare un contributo all’evoluzione del quadro normativo che regola il vaping nel Regno Unito. Il documento, in breve “delinea quella che la Bma ritiene una politica appropriata per minimizzare i potenziali rischi associati all’uso della sigaretta elettronica, massimizzandone al contempo il potenziale per ridurre i danni alla salute associati al fumo”. Fra gli attori della salute pubblica britannica, la British Medical Association era finora stata la più prudente nel giudizio sul vaping; questo paper testimonia una significativa inversione di tendenza. Nel documento, intitolato E-cigarettes: balancing risks and opportunities, si trovano dei box in evidenza che contengono i messaggi chiave per il legislatore e che forniscono il punto di vista della Bma su molti temi controversi. Qui si evidenzia che “utilizzare la sigaretta elettronica è significativamente meno dannoso di fumare tabacco”, mentre “i rischi associati al vaping appaiono minimi” e “gli aromi utilizzati non sembrano avere alcun impatto acuto sulla salute dei consumatori”. L’ecigarette, si spiega, è lo strumento più utilizzato per smettere di fumare e “sebbene si registri la mancanza di ricerche di qualità sulla loro efficacia come mezo per smettere, la maggior parte degli studi evidenzia una relazione positiva fra l’uso della sigaretta elettronica e la cessazione del fumo”. I rischi da minimizzare sono soprattutto quelli relativi ai minori e anche qui la posizione della Bma è ben riassunta nei messaggi ai policymaker. “Anche se nel nostro Paese – si legge – la sperimentazione con le sigarette elettroniche è in crescita, sono pochi i minori che diventano utilizzatori abituali e quasi tutti sono ragazzi che fumano o hanno fumato”. L’associazione prende posizione anche sull’effetto passerella, che in Italia è stato citato persino nella sentenza della Corte Costituzionale per giustificare l’imposizione fiscale. “I dati sull’uso della sigaretta elettronica non confermano le preoccupazioni che l’ecig promuoverà l’uso del tabacco fra i minori. Il tasso dei giovani fumatori è diminuito nel periodo in cui le sigarette elettroniche sono diventate sempre più disponibili”. Per quanto riguarda la protezione di terzi, cioè il cosiddetto vapore passivo, il documento specifica che “non vi sono prove scientifiche che l’esposizione al vapore di sigaretta elettronica ponga rischi specifici alla salute dei non vaper”. La British Medical Association sottolinea inoltre che “i dati sul fumo e sul vaping dimostrano l’infondatezza del timore che l’ecig stia rinormalizzando il fumo di sigaretta o mettendo in pericolo l’osservanza della legislazione antifumo”. In conclusione del documento l’associazione abbraccia la sigaretta elettronica come “lo strumento più popolare per smettere di fumare” che contribuirà a far raggiungere l’obiettivo di “una società senza fumo, dove la mortalità causata dalle malattie collegate al tabacco sia significativamente ridotta”. Per questo la Bma si associa al Royal College of General Practitioners (il collegio dei medici di base) nel suggerire ai medici di “raccomandare e sostenere l’uso dell’ecig fra i pazienti che non riescono a smettere di fumare con altri strumenti”.