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Liquidi per sigarette elettroniche e pod mod: come cambia il mercato?

La diffusione dei vaporizzatori compatti ha riportato in auge i liquidi tradizionali, con una composizione in cui il glicole propilenico è almeno pari alla glicerina vegetale. Anche per i sapori si torna alla semplicità, perché la bassa potenza di questi dispositivi valorizza soprattutto i tabaccosi (sintetici o molto filtrati), le note fruttate e i liquidi mentolati.

Sigarette elettroniche, alla ricerca dell’armonia perfetta

(tratto da Sigmagazine #10 settembre-ottobre 2018) Il mercato dei liquidi per vaporizzatori personali è in continua evoluzione e il settore è costantemente soggetto a una grande spinta all’innovazione. Come spesso avviene nei settori commerciali “giovani”, anche in questo campo l’evoluzione di prodotto solo in parte avviene per rispondere alle esigenze espresse dai consumatori; in molti casi, infatti, sono le aziende ad influenzare le scelte di consumo mediante opportune strategie di marketing, l’utilizzo di piattaforme social e la collaborazione (promozionale o produttiva) con noti influencer del settore. Già solo cinque anni fa, il mercato dei liquidi pronti per ecig era dominato da aromi tabaccosi e fruttati semplici, con rare incursioni nel campo degli aromi dolci e cremosi. Poi cominciarono ad arrivare sul mercato italiano i liquidi cremosi di produzione americana, che hanno immediatamente fatto breccia nel cuore dei consumatori nostrani per la loro spiccata dolcezza e burrosità (spesso ottenuta grazie all’utilizzo di ingenti quantità di diacetile). Ancora oggi, il primato dei liquidi cremosi nelle preferenze dei vapers italiani è granitico, anche se il mercato si è dovuto adattare a numerosi cambiamenti importanti, primo fra tutti la progressiva riduzione, che in molti casi è arrivata all’azzeramento totale, dell’uso del diacetile nei prodotti da svapo; seguita nel tempo dalle importanti restrizioni imposte dalla Tpd e dalla legge italiana anche ai prodotti di provenienza estera. Seppure con un certo ritardo, le aziende italiane – peraltro favorite dal protezionismo europeo indirettamente garantito dalle stringenti norme della Tpd – hanno investito molto nella produzione di eccellenti liquidi cremosi, concentrando la propria ricerca soprattutto sull’ottenimento di una elevata burrosità di gusto senza l’utilizzo di diacetile; anche se, ad oggi, sono ancora pochi (non più di un paio) i marchi italiani che possono orgogliosamente annoverare nel proprio portfolio liquidi cremosi veramente burrosi. Si è assistito inoltre, da parte dei produttori italiani, ad un progressivo riappropriarsi delle tradizioni dolciarie nostrane: gli americani e i francesi hanno infatti dimostrato nel tempo di avere un’idea molto approssimativa del gusto di dolci a noi molto familiari, come cannoli, cassate e babà. L’utilizzo di estratti dei limoni campani e siciliani ha dato luogo ad un fiorire – ma si potrebbe parlare di inflazione – di torte e creme al limone; e le nostre eccellenti nocciole hanno dato vita, sebbene con risultati altalenanti, a numerose varianti di creme al cioccolato e gianduia. Nel frattempo, il mercato ha assistito ad un progressivo declino dei gusti fruttati semplici. Sebbene ancora oggi ci siano vapers affezionati ad un particolare liquido alla fragola o alla mela verde, in questo campo c’è stata una evidente frattura con la tradizione: i produttori hanno iniziato una corsa agli abbinamenti originali, caratterizzati da studiati contrasti aromatici ottenuti anche grazie all’utilizzo di frutti inusuali. Soprattutto negli ultimi tempi, spesso in occasione dell’arrivo della stagione estiva, il campo dei fruttati è stato in parte invaso anche da liquidi che tentano di ricreare bevande gassate o alcooliche: diverse aziende hanno infatti offerto le proprie versioni di limonate, aranciate, spritz, ginger ale ed altre note bevande. Per quanto tali prodotti abbiano avuto un discreto successo, sembra che rappresentino, più che un punto d’arrivo, una fase di transizione, un tentativo di mantenere attivo un settore, quello dei fruttati, che potenzialmente ha ancora molto da dare, ma è attualmente ostaggio dei (peraltro ottimi) fruttati mentolati di stampo malese. Senz’altro questi ultimi hanno costituito una delle più grandi innovazioni nel campo dei liquidi; e, per quanto l’idea originale non sia certo nostrana, si può ben dire che il mercato italiano ed europeo si è alla fine attivato per soddisfare le esigenze di una clientela che evidentemente apprezzava questo tipo di prodotti. Lo sforzo creativo delle aziende italiane però è stato teso soprattutto ad una reinterpretazione dei canonici liquidi malesi, con componenti fresche non eccessivamente glaciali e componenti fruttate più delicate ed armoniose. Che questa scelta produttiva sia vincente o meno, solo il tempo potrà dirlo; ma è fuori di dubbio che una parte dei consumatori ricerca e apprezza specificamente i sapori più intensi e “sopra le righe” degli originali malesi. Una possibile evoluzione del mercato dei fruttati potrebbe andare nella direzione di creare abbinamenti inusuali, utilizzando anche frutti esotici e sconosciuti da noi, ma sempre ricreando un’armonia di gusto che non spiazzi il consumatore: tentativi in questo senso ce ne sono già stati, ma spesso il risultato è stato tanto originale quanto poco comprensibile per un palato poco allenato. Alternativamente, la ricerca di laboratorio potrebbe puntare alla creazione di molecole aromatiche complesse che si distanzino completamente dai frutti originali: invece che perseverare nello sforzo di ottenere molecole dal gusto sempre più fedele ai frutti, si potrebbe tentare di creare qualcosa di completamente nuovo, che non possa essere mentalmente associato ad uno specifico frutto, ma che dia comunque una sensazione fruttata. Tornando al passato recente, forse le innovazioni più profonde si sono avute nel campo dei tabaccosi: non di quelli sintetici, che continuano a vivere e prosperare sugli allori di un glorioso passato, ma soprattutto di quelli organici. Gli estratti naturali di tabacco, inizialmente riservati ad un’utenza più esperta e smaliziata, sono ormai da anni alla portata anche dei vapers meno navigati (a patto che sappiano utilizzare correttamente atomizzatori rigenerabili). Numerose aziende hanno proposto inizialmente estratti mono-aromatici, derivati da una singola varietà di tabacco; per poi spostarsi su blend più o meno in linea con la tradizione del “fumo lento”. Ultimamente, il settore si muove in due direzioni diverse: da un lato, alcuni produttori hanno realizzato estratti di tabacchi rari, talvolta tanto rari da non permettere una produzione di massa, ma solo una commercializzazione limitata a poche confezioni “premium”. Dall’altro, i produttori si sono interessati sempre di più ai tabacchi aromatizzati, amalgamando sapientemente gli estratti di tabacco con componenti fruttate, o con ricette cremose, creando dei mix talvolta sorprendenti. L’idea iniziale probabilmente era quella di ricreare, in uno stesso liquido da svapo, la sensazione che si proverebbe assaporando contemporaneamente un buon tabacco e un alimento o un liquore ben abbinato; ma con il tempo la sperimentazione ha portato a ricette complicate e sfaccettate, in cui il tabacco spesso assume un ruolo marginale. Per quanto queste soluzioni abbiano fatto storcere il naso a più di un purista, l’originalità di queste creazioni ha conquistato il mercato, anche grazie alla capacità che hanno questi liquidi, rispetto ai tabaccosi puri, di essere svapabili più a lungo, senza affaticare troppo le papille gustative e senza incrostare eccessivamente le resistenze. Senza dubbio le aziende produttrici continueranno ancora a spingersi avanti lungo questa strada, ricercando abbinamenti sempre più originali tra particolari tabacchi, frutta, creme e liquori. Rimangono oggi solo pochi settori ancora scarsamente esplorati dal mercato: per esempio, i cremosi freschi, caratterizzati da una ricetta cremosa abbinata ad una componente leggermente balsamica, come menta verde, menta piperita e liquirizia; e i tabaccosi mentolati, in cui un estratto naturale di tabacco (o un blend di tabacchi) viene alleggerito da una ben distinguibile aggiunta di mentolo. Sono invero pochissimi gli esempi di liquidi che si sono avventurati in questo territorio e – visti i risultati – si può forse comprendere il motivo per cui i produttori non si affannano più di tanto ad esplorare questi particolari abbinamenti aromatici.

Le sigarette elettroniche e quel brivido ghiacciato dei liquidi mentolati

(tratto dalla rivista bimetrale Sigmagazine #9) Ritorna l’estate, e con il caldo ritornano in auge i freschi liquidi mentolati. Ma conviene subito fare due importanti precisazioni. La prima è che i liquidi mentolati non si consumano solo d’estate: esiste un’ampia fetta di vapers che apprezzano questi liquidi tutto l’anno, in quanto sono ottimi per “resettare” le papille e garantire una percezione aromatica costante nel tempo anche in caso di svapo compulsivo e prolungato. In secondo luogo, si deve considerare che dalla scorsa estate è passato un anno, e un anno è un arco di tempo molto lungo nel mondo del vaping: negli ultimi dodici mesi, nel campo dei liquidi mentolati, si sono succedute molte novità, molte delle quali si sono concentrate negli ultimi 3-4 mesi. È importante chiarire subito che la categoria dei “liquidi mentolati” è veramente ampia e include prodotti che spesso hanno target di riferimento differenziati e non sempre sovrapponibili. Rientrano infatti in questa categoria liquidi caratterizzati da una componente fresca molto variabile, da una leggera componente di menta vagamente rinfrescante ad una consistente componente glaciale che raggela le vie aeree. Fino a qualche anno fa, gli unici liquidi e aromi mentolati erano quelli aromatizzati con una o più delle “tre mente”: menta verde (più aromatica e dolce, ma meno fresca), menta piperita (più pungente e fresca) e mentolo (più amaro e decisamente freddo). Più che di liquidi mentolati, si parlava allora di liquidi “balsamici”, essendo questi generalmente composti da un mix di mente, con eventuale aggiunta di ulteriori componenti balsamici come eucaliptolo, anice e liquirizia. A parte alcuni estimatori che apprezzavano i liquidi balsamici in sé, spesso questi liquidi venivano utilizzati per brevi periodi allo scopo di “resettare” le papille gustative, affaticate da aromatizzazioni troppo dolci o da hardware che cominciavano a mostrare la propria insufficienza di fronte all’evoluzione degli stili di svapo, come gli atomizzatori da guancia che – agli albori dello svapo di polmone – richiedevano uno sforzo eccessivo per ottenere un tipo di tiro più arioso. In occasione del Vapitaly 2016 molti vapers italiani scoprirono quello che fino a quel momento era un prodotto di nicchia: i liquidi malesi (subito ribattezzati erroneamente “malesiani” per assonanza con il termine inglese “malaysian”). I liquidi malesi erano, e sono tuttora, caratterizzati da una struttura aromatica piuttosto semplice che li accomuna un po’ tutti: una componente fruttata molto definita e intensa, una generosa dose di sweetener (dolcificante sintetico privo di zuccheri) e una componente glaciale ben più intensa di tutto ciò che fino a quel momento si era affacciato sul mercato europeo. Perfino il noto liquido inglese al mentolo-eucaliptolo, fino a quel momento il mix più balsamico e potente in circolazione, veniva messo in ombra dai liquidi malesi, che risultavano ancora più freddi e più gradevoli, grazie alla dolcissima componente fruttata. In Europa, a parte pochi precursori che nel 2016 erano già presenti sul mercato con fruttati mentolati/balsamici dal gusto intenso (tra cui spicca una pietra miliare del vaping, un noto liquido inglese dal colore amaranto al gusto di frutti rossi, pesantemente mentolato), non esisteva niente di simile ai liquidi malesi; perciò, fin dal loro debutto al Vapitaly, i liquidi malesi ebbero immediato successo, non solo per la loro caratteristica nota glaciale, ma anche perché spesso la componente fruttata era ottenuta con molecole aromatiche di ottima qualità organolettica, che includevano anche sapori infrequenti nel panorama nostrano (guava, essenza di rose, starfruit, ecc.) abbinati con un gusto che al nostro palato risultava esotico e piacevolmente alieno. Il pubblico ha decretato il successo dei liquidi malesi anche per ragioni legate all’hardware; mentre i precedenti liquidi balsamici si svapavano tipicamente di guancia, anche su hardware entry-level a testine, i malesi vanno svapati di polmone, su atom ariosi e a potenze anche elevate; e richiedono l’utilizzo di atom rigenerabili, in quanto l’elevata aromatizzazione tende ad incrostare le coil in breve tempo. La passione per lo svapo di polmone (ed il relativo hardware), che nel 2016-2017 aveva raggiunto il suo apice, contribuì immediatamente a creare un forte feeling verso i liquidi malesi. Però, un anno dopo l’exploit iniziale, questi liquidi furono temporaneamente messi fuori mercato dall’avvento della Tpd (che entrò in vigore durante il Vapitaly 2017). I produttori europei hanno avuto quindi molti mesi in cui avrebbero potuto realizzare prodotti simili a quelli malesi, in modo da soddisfare la relativa domanda senza dover subire la concorrenza estera; ma c’è stato un evidente ritardo nella reazione delle aziende. I Paesi più reattivi sono stati Germania e Francia (sdoganando peraltro il fantasioso termine “malesiano”, con cui ora si indicano tutti i liquidi di “scuola malese”, anche se di produzione europea); a seguire, anche l’Italia si è lanciata in questo interessante settore di mercato. Alcune aziende italiane si sono distinte dalle concorrenti europee e malesi, scegliendo di adottare per i propri liquidi un livello di “freddezza” moderato, talvolta non più intenso di una generica sensazione di freschezza, invece che sperimentare bouquet intensi e glaciali come quelli orientali; ma, per la fortuna degli appassionati di liquidi malesi, ci sono alcune pregevoli eccezioni, che coniugano il gusto esplosivo dei prodotti orientali con l’eccellente qualità delle produzioni italiane. Esistono infatti oggi, sul mercato, liquidi italiani di chiara “scuola malese”, caratterizzati da bouquet intensi, dolci e glaciali; in molti casi, le aziende italiane hanno reinterpretato lo stile malese secondo i dettami nostrani, improntati alle armonie di gusto e alle delicatezze olfattive che caratterizzano da sempre la nostra tradizione, sia nel campo del vaping che in quello gastronomico. In rari casi, l’estro italiano è andato addirittura oltre, esplorando con successo accostamenti aromatici inusuali ed includendo sapori inconsueti, come il fico d’india o il cetriolo. Ma che cosa rende i liquidi malesi così unici? Qual è il segreto che si cela dietro la loro componente mentolata così glaciale? Da anni, anche sul mercato italiano, era presente un correttore freddo quasi del tutto insapore, la koolada; ma questo correttore non era quello giusto: a bassi dosaggi non garantiva un effetto glaciale come nei liquidi malesi, mentre ad alti dosaggi risultava fastidioso da inalare e comunque non raggiungeva mai l’effetto-freddo dei liquidi orientali. In effetti, “koolada” è solo uno dei nomi commerciali della molecola WS-5, creata dalla Wilkinson-Sword per conferire una nota fresca a cosmetici, prodotti alimentari e per la cura della persona (dentifrici, schiume da barba, ecc.). Nel corso degli anni Settanta, la Wilkinson-Sword aveva sviluppato diverse molecole “fredde”, ciascuna caratterizzata da una maggiore o minore intensità fredda, persistenza sul palato e resistenza alle temperature. Di queste, sono tre quelle attualmente utilizzate nel settore del vaping: WS-5 (la koolada classica), WS-23 (più fredda e insapore della koolada, ma più asettica) e WS-12 (la più glaciale, ma anche la più asettica delle tre). Le aziende malesi, ed ora anche quelle europee, utilizzano in prevalenza la molecola WS-23, ma normalmente non da sola: infatti ogni azienda, da quanto si può desumere dal gusto dei liquidi prodotti, utilizza un proprio mix segreto delle tre molecole WS, così da bilanciare a piacimento la sensazione fredda con la pienezza di gusto e la persistenza sul palato. È curioso notare che il mercato sembra recepire con grande lentezza le richieste degli appassionati del fai-da-te, che vorrebbero sperimentare in casa mix di stampo malese. Come già successe per la koolada, che è arrivata sul mercato italiano con almeno due anni di ritardo rispetto ai mercati extraeuropei, e con un anno di ritardo rispetto ai principali shop online europei, così anche le molecole WS-23 e WS-12 sono estremamente difficili da trovare per i vapers italiani, nonostante siano da lungo tempo disponibili sui siti americani e, più recentemente, inglesi. C’è da chiedersi pertanto come mai gli shop italiani non riescano a distribuire un prodotto di facile commercializzazione e a lunga scadenza come le molecole WS-23 e WS-12. Questo ritardo nella distribuzione appare ancora più incomprensibile se si considera che molte aziende europee, come già accennato, producono oggi liquidi e aromi che contengono queste molecole, e quindi potrebbero agevolmente mettere in commercio, a proprio marchio, correttori freddi di ogni tipo.

Sigarette elettroniche, Aams e prevalenza: attenzione al cavillo lessicale

Se da un lato l’Agenzia delle Dogane e Monopoli, nel decreto direttoriale emanato ieri, ha ritenuto di discostarsi dai criteri fissati dal Parlamento, estendendo arbitrariamente il divieto di vendita ai minori anche ai liquidi senza nicotina e vietando la preparazione e la miscelazione di liquidi anche agli esercizi abilitati alla somministrazione e in regola con la normativa HACCP, dall’altro ha scelto invece di applicare con la massima rigidità il principio della “prevalenza”, rinunciando a correggere una evidente incongruenza contenuta nella legge delega. Da quando fu approvato il noto “emendamento Rotta-Boccadutri”, che limitò il commercio dei liquidi per vaporizzatori ai soli esercizi che trattassero l’ecig in via prevalente rispetto ad altre eventuali merceologie, si è sempre dato per scontato che tale requisito fosse rilevante solo per i negozi “misti”, che trattavano merceologie diverse, tra cui l’ecig; e che gli esercizi specializzati “puri”, che trattavano l’ecig in via esclusiva, di fatto non fossero toccati dal problema della prevalenza. Ma a dare significato alle parole potrebbe non essere così: il decreto Aams include, ai fini del calcolo della prevalenza, solo ed esclusivamente i liquidi (con e senza nicotina) soggetti ad imposta, l’hardware e i relativi pezzi di ricambio; tutti gli altri prodotti, che pure costituiscono larga parte dell’attività di ogni negozio specializzato “puro”, sarebbero esclusi: aromi concentrati, glicole e glicerolo a zero, boccette, flaconi, agitatori magnetici, attrezzi per la rigenerazione ed ogni altro accessorio non essenziale per il funzionamento dei vaporizzatori. Pertanto, anche i negozi specializzati puri dovranno confrontarsi con il problema della prevalenza e verificare periodicamente che il fatturato relativo ai prodotti rilevanti per Aams sia superiore al fatturato derivante da aromi, accessori e altro. La restrittività delle norme stabilite da Aams si rileva anche nella periodicità con cui la prevalenza deve essere verificata: anche se l’autorizzazione alla vendita ha validità biennale, la prevalenza deve essere verificata ogni anno, entro il 30 gennaio (anzi, anche prima); infatti, qualora nell’anno precedente fosse venuto meno il requisito della prevalenza, non si possono più effettuare vendite al pubblico di liquidi soggetti ad imposta e si ha tempo sono fino al 30 gennaio per vendere a stock le rimanenze ad altro esercizio commerciale abilitato. È evidente che questa ultima norma pone enormi problemi ai negozi: infatti, la prevalenza può essere verificata solo dopo la chiusura dell’esercizio, quando ormai è troppo tardi per correre ai ripari e adoperarsi per riequilibrare le vendite. Infine, il decreto Aams non prende esplicitamente in considerazione il caso di un esercizio commerciale che si veda revocare l’autorizzazione a causa del venir meno della prevalenza, e voglia chiedere una nuova autorizzazione: tale operazione non appare esclusa dal decreto Aams ma evidentemente la vendita di liquidi dovrà essere sospesa almeno per un anno, visto che nell’anno precedente il requisito della prevalenza non risulta soddisfatto.