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Nei vapori delle sigarette elettroniche nessuna componente chimica misteriosa

Siamo alle solite: il mese di ottobre è il mese utilizzato dai detrattori per portare avanti un attacco frontale ai voporizzatori personali. È un film già visto molte volte, è una consuetudine; ciclicamente la storia si ripete, le notizie pubblicate, sulla stampa laica, hanno un andamento di tipo sinusoidale: oggi ci troviamo nella curva che sta al di sopra dell'asse delle ascisse, attendiamo con fiducia che si compia il ciclo completo per poi ritornare nel previsto periodo di pace scientifica. Ma oramai i vapers sono abituati, proprio come i microrganismi verso gli antibiotici. Anche loro hanno sviluppato una certa resistenza e sono diventati più forti e meno permeabili alle strumentalizzazioni provacatorie. Nei giorni scorsi è apparsa su tutti i maggiori media italiani uno studio condotto dalla Duke University, secondo cui nel vapore delle sigarette elettroniche ci sarebbe una sostanza tossica sino ad oggi sconosciuta. Se fosse davvero così la scoperta sarebbe meritoria del premio Nobel. Ma vediamo invece nel dettaglio di cosa si tratta.  Gli acetali incriminati si formano normalmente a partire da aldeidi e/o chetoni in presenza di alcooli, in ambiente acido attraverso un passaggio intermedio con formazione di emiacetali, (questi sì che sono più difficili da isolare in quanto instabili). Gli aromi, secondo la TPD, devono essere puliti dalle aldeidi, anche se non è escluso che si possano formare per pirolisi durante riscaldamento del liquido: ecco perché la temperatura di vaporizzazione è un parametro che bisogna tenere bene sotto controllo. In ogni caso gli acetali non sono assolutamente nuove molecole e sono ben rappresentati in natura, per esempio nella buccia dell'uva e in parte anche nella polpa. Sono proprio loro che conferiscono al vino stesso il caratteristico profumo. Questi sono detti acetali del vino e dell'uva, mentre quelli che eventualmente si formeranno negli eliquids li chiameremo acetali del PG o degli eliquids; dove sta la novità? Dove sta la scoperta? Teniamo sempre presente che in Europa, le aldeidi e tanti altri composti che non sono indicati in etichetta (perché non presenti) sono sempre riportati nelle analisi (quali-quantitative) delle emissioni degli eliquids e sono a disposizione delle autorità di ogni Stato europeo. Se così non è invece previsto in America, non è un problema italiano, così come è pomposamente strumentalizzato.  L'altro problema di cui sempre si parla, cioè l'utilizzo degli eliquids da parte dei minori, si risolve semplicemente adottando un divieto specifico come esiste ormai da anni in tutta Europa. Un'altra affermazione contestabile nello studio statunitense è che gli acetali del PG favorirebbero l'asma. A tal proposito ricordiamo che sono stati pubblicati studi, anche del professor Polosa, proprio sulla non interferenza del vaping in pazienti affetti d'asma bronchiale che anzi questi asmatici potrebbero perfino svapare e non certamente fumare. L'irritazione alla gola di cui si parla, a mio avviso, potrebbe essere causata, più verosimilmente, da un titolo elevato di nicotina o anche dalla scarsa qualità di quest'ultima. Ricordiamo che carbonili, acetali, acroleina (acrilaldeide o propenale), benzopirene, nitrosamine e similari sono argomenti che per chi studia i vaporizzatori e gli eliquids non sono certamente nuovi, ma ben conosciuti e la ricerca applicata nel settore vaping è impegnata quotidianamente a ricercare nuove strategie e sistemi volti a ridurre al massimo il rischio di tossicità dei sistemi di svapo. Per questo motivo parliamo di riduzione del danno e non di azzeramento del danno. Ma quando si dice riduzione del danno, parliamo di un enorme riduzione che si attesta a valori pari al 95% rispetto al fumo di sigaretta. Seppure, in certe condizioni di temperatura e pH e in presenza di alcune molecole (aldeidi, chetoni e alcoli) si dovesse formare un "acetale profumato del PG" durante la nebulizzazione di un eliquids, vi siete mai chiesti quante centinaia o migliaia di acetali e di veleni puzzolenti si formano dalla combustione di una sigaretta?

La sigaretta elettronica riduce il danno, su questo non c’è discussione

di Fortunato Francia direttore scientifico Anpvu È universalmente accettato che i vaporizzatori personali costituiscono uno strumento efficace in grado di ridurre del 95% il danno derivante dalla combustione del tabacco fumato. Nessuno ha mai sostenuto che i vaporizzatori personali siano assolutamente innocui: del resto non lo è neanche l’aria che respiriamo nelle nostre città, dove spesso si rende necessario un blocco del traffico automobilistico per ridurre la concentrazione atmosferica delle polveri sottili (PM10). È bene sempre ricordare che in Italia sono attualmente presenti 11,5 milioni di fumatori e che circa il 67% di questi, nonostante abbia tentato di smettere di fumare, non è tuttavia riuscito a liberarsi da tale subdola dipendenza. Nonostante gli sforzi esercitati dai centri antifumo presenti sul territorio italiano i risultati ottenuti, seppur ammirevoli, non hanno certamente centrato l’obiettivo sperato: sarebbe intelligente e vantaggioso, soprattutto per il paziente tabagista, laddove le altre ipotesi terapeutiche avessero fallito, lasciare la possibilità di scegliere un’alternativa molto meno dannosa delle sigarette; ciò significherebbe prendersi cura del paziente e non abbandonarlo a se stesso e alla sua dipendenza. Mentre nella combustione del tabacco contiamo più di 4000 composti tossici e almeno 40 di questi sono considerati sicuramente cancerogeni e/o mutageni, nello studio in vitro guidato dalla University of North Carolina Health, finanziato dalla FDA e pubblicato da Plos Biology riguardante la tossicità di alcune molecole aromatiche presenti negli eliquids, si prendono in esame due composti in particolare che sembrerebbero più tossici di altri, nella fattispecie si parla all'aldeide cinnamica, componente dell'olio di cannella (presente nell’aroma di cannella) e della vanillina (presente nell’aroma vaniglia) entrambi molto usati nell’industria alimentare per la preparazione di prodotti dolciari ma anche per preparare torte casalinghe. Nello studio si fa riferimento inoltre alla infinita molteplicità di aromi (7700) che potrebbero essere impiegati negli eliquids, ma possiamo dire che non più di centocinquanta vengono comunemente utilizzati per essere nebulizzati con i vaporizzatori. Questi cosiddetti “additivi chimici” - che preferirei chiamarli semplicemente aromi (molti sono estratti naturali) secondo Robert Tarran, ricercatore in biologia cellulare e fisiologia – sono molto diversi tra loro e alcuni sono più tossici della nicotina da sola o degli ingredienti base di una ecig, quali il glicole propilenico e la glicerina vegetale. La tossicità secondo lo studio è dovuta ad un’inibizione della crescita in “vitro” di cellule umane a crescita rapida, ma tale effetto inibitorio si manterrebbe anche con altri tipi di cellule (polmoni e alte vie respiratorie) e non solo per contatto diretto con il liquido, ma anche attraverso il contatto con il nebulizzato (svapata). Per sgombrare il campo da malintesi, dico subito che alla luce di questi dati è interesse di tutti approfondire il più possibile la ricerca e andare avanti con test degli aromi più utilizzati. D’altro canto l’obiettivo di questo tipo di studi preliminari in vitro è proprio quello di valutare l’opportunità o meno di strutturare nuovi è più esaustivi lavori in vivo. Attualmente i produttori di eliquids potrebbero prendere in considerazione l’opzione di non utilizzare gli aromi cannella e vaniglia, anche se ad onor del vero, per la prima ipotesi non ci sarebbero grandi difficoltà, mentre per la vanillina (vaniglia) la scelta non sarebbe semplice per la presenza della vaniglia in moltissimi eliquid. Occorre ricordare che la normativa europea (TPD) impone, per i liquidi contenenti nicotina, un’analisi accurata e certificata del nebulizzato e la non aggiunta nel prodotto da commercializzare di almeno 23 molecole (blacklist) considerate tossiche (diacetile, acetilpropionil, aldeide formica, aldeide acetica, ecc.). Nel 2017 sono stati pubblicati i risultati del primo studio a lungo termine sul vaping, che ha confrontato l'esposizione tossica tra pazienti che hanno smesso di fumare e che hanno utilizzato i vaporizzatori per una media di 16 mesi, confrontati con il gruppo dei pazienti che invece ha continuato a fumare. Finanziato dalla Cancer Reseach Uk, lo studio ha evidenziato una forte riduzione dei carcinogeni e di altri composti tossici nei vaper, nel confronto con i fumatori e ha messo in luce un dato di estrema importanza: ha evidenziato un rischio di sviluppare un tumore da vaping pari a circa l'1% di quello da fumo da sigarette analogiche, in altre parole una riduzione del rischio di circa il 99%. Questi nuovi studi e altri hanno influenzato positivamente la politica in Inghilterra dove già dal 2016 esiste un importante consenso condiviso da molte organizzazioni sanitarie che incoraggiano i fumatori che non riescono a smettere di fumare a provare l’alternativa vaping caratterizzata da una forte riduzione del danno.