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Sigarette elettroniche, Salvini: "Un emendamento per togliere la tassa"

Un emendamento per riformulare (non si sa se abbassare o cancellare) l'imposta di consumo sui liquidi di ricarica per sigarette elettroniche. Lo ha annunciato Matteo Salvini a Marco Cremonesi in una intervista sull'edizione odierna del Corsera. Al giornalista che gli chiedeva se volesse non volesse "qualche tensione" con i Cinquestelle, il vicepremier ha risposto: "Io non parlo di manine e di complotti, ma è vero che ogni tanto bisogna tenere gli occhi ben aperti. Le faccio un piccolo esempio, che non comporta necessariamente malafede ma magari soltanto distrazione. Noi abbiamo inserito nel decreto fiscale la chiusura degli arretrati per il mondo delle sigarette elettroniche, dato che Gentiloni si era inventato la supertassa. Fatto sta che il testo era entrato in un modo ed è uscito nell’altro: e la tassa ritornava. A me erano girate le scatole, ma mi è già passata: mi toccherà solo presentare un emendamento. E dunque, non grido al complotto ma capisco lo sfogo di Di Maio". Il testo attuale della legge di bilancio contiene l'innalzamento delle tasse sul tabacco ma, non ritoccando quelle sulle sigarette elettroniche, si è creato l'effetto di alzare l'imposizione fiscale sui liquidi di ricarica.

Sigarette elettroniche, il "caso Italia" scuote le associazioni internazionali

"La revoca di un’imposta regressiva su sigarette elettroniche/liquidi elettronici, il ripristino delle vendite online e la rimozione dei liquidi dal controllo dell’ADM (già Aams) rappresenta un’opportunità vantaggiosa per tutti sia per i consumatori, sia per i negozianti che per il governo". Si chiude così una lunga lettera inviata dall'organizzazione internazionale dei consumatori di nicotina ai maggiori esponenti del governo italiano. Innco comprende 31  associazioni internazionali in rappresentanza di 27 Paesi, tra cui l'italiana Anpvu, ha come consulente scientifico il professor Riccardo Polosa e può garantire di un posto di rappresentanza presso l'Onu. Riportiamo di seguito i passi salienti: "Il monopolio dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato limita la vendita di sigarette elettroniche a tabaccherie, farmacie e negozi autorizzati dalla stessa amministrazione; il divieto di vendite nazionali e transfrontaliere online, il livello drastico della tassa sui “consumi” imposta sui liquidi elettronici/ingredienti e le norme vaghe hanno decimato ciò che un tempo era il settore di crescita più elevato nell’UE. Ne è risultata una perdita enorme per l’economia italiana e il settore italiano delle sigarette elettroniche, ma la perdita più grave di tutte è stata sostenuta dai consumatori di nicotina e dalla sanità pubblica. L’imposizione della “tassa consumi” sul liquido elettronico nel 2014 è stata introdotta senza alcun riguardo per la nota sensibilità dei prezzi delle sigarette elettroniche o le conseguenze per la sanità pubblica. Inoltre, è stata concepita dalla decisione inspiegabile di creare una nuova categoria merceologica: “liquidi da inalazione contenenti o meno nicotina” Il precedente governo italiano difendeva questa politica come una legittima risposta fiscale necessaria per compensare i ricavi in calo sul tabacco. La salute di ex-fumatori che sono passati a un prodotto di nicotina con almeno il 95% in meno di rischio era e continua a essere completamente ignorata. Siamo rimasti estremamente delusi di scoprire che anche la seconda bozza della legge di bilancio pubblicata il 29 ottobre 2018 non include alcuna proposta di revisione sulla tassa sui consumi nonostante l’impegno della coalizione al riguardo essendo inclusa nel suo “contratto” di 57 pagine. Una promessa personale di revocare la tassa era stata fatta direttamente alla filiera del vaping ed ai consumatori di sigarette elettroniche dall’Onorevole Matteo Salvini a gennaio, anche attraverso la sottoscrizione di una lettera di intenti con le associazioni italiane del settore, e la sua omissione si ripercuote negativamente sull’intenzione del vostro governo di rispettare i suoi impegni elettorali. La seconda bozza, tuttavia, contiene invece disposizioni per aumentare i tassi delle imposte attuali sul tabacco combustibile. Se l’imposta iniqua sui liquidi da “inalazione” non viene abrogata, qualsiasi aumento in percentuale sul tabacco risulterà in un aumento corrispondente sui liquidi elettronici. Questo è assurdo. Le conseguenze della tassa sui consumi attuale danno pessime notizie. Una normativa esagerata, una tassazione iniqua e un accesso limitato creano un terreno fertile per attività del mercato nero. I consumatori che si ritengono vittime di restrizioni oppressive troveranno inevitabilmente dei modi per aggirarle e gli ex-fumatori, avendo provato i benefici per la salute del passaggio alle sigarette elettroniche non sono un’eccezione. La decisione di vietare le vendite online e di proibire le importazioni (con il pretesto di “mantenere la qualità”) ha semplicemente gettato benzina sul fuoco. Lontano dal “mantenere la qualità”, le restrizioni attuali hanno aumentato notevolmente il potenziale di circolazione di ingredienti illegali non testati di provenienza sconosciuta: un rischio potenziale per la salute dell’utente e una perdita di ricavi per l’economia. Perché gli ex-fumatori dovrebbero essere obbligati a pagare il doppio per un prodotto che è almeno il 95% più sicuro? Il livello attuale di tassazione ha portato a un prodotto di nicotina significativamente più sicuro con un costo doppio rispetto al prodotto letale al quale i fumatori hanno provato così duramente a rinunciare. Questo è assurdo! Il divieto di vendite online nazionali ha un impatto diretto sulle persone che vivono in zone rurali con poco o nessun accesso ai negozi specializzati di sigarette elettroniche. Il successo delle sigarette elettroniche nella sostituzione del tabacco spesso dipende dall’accesso dei consumatori a un ampio livello di scelta per personalizzare sia il “vaporizzatore” sia il sapore del liquido. Dipende pesantemente anche sull’accesso dei nuovi utenti a consulenze personali e istruzioni da parte del personale indipendente delle sigarette elettroniche". La lettera è stata ricevuta dal premier Conte, dai vicepremier Salvini e Di Maio, dal ministro all'economia Tria e dai sottosegretari Garavaglia e Castelli, dal presidente della commissione Finanze del Senato Bagnai e dalla referente nazionale "svapo" per la Lega, Silvana Comaroli.

Sigarette elettroniche, quando Laura Castelli diceva "No Tax"

La politica ha forse la memoria corta, ma il web ricorda benissimo. È passato poco meno di un anno da quando venne organizzata la manifestazione nazionale a difesa del comparto della sigaretta elettronica di fronte a Montecitorio. Allora operatori e consumatori protestavano contro il cosiddetto emendamento Vicari, che assoggettava la filiera al controllo dell'Agenzia dei Monopoli. In quell'occasione ci furono due "battesimi della piazza del vaping": Matteo Salvini e Laura Castelli. Mentre il primo prese il microfono e parlò ai manifestanti, la seconda arrivò a manifestazione conclusa per "parlare direttamente con i cittadini". Accanto a lei, il collega parlamentare Alessio Villarosa. Entrambi dissero che si sarebbero attivati per contrastare "gli interessi delle lobby del tabacco", per ridare libertà al mercato, per reintrodurre la possibilità di vendere sul web, per uscire da Aams. A rafforzarne il pensiero, venne in soccorso un articolo pubblicato sul blog delle stelle, l'organo di informazione dei pentastellati, dal titolo emblematico: "No alla tassa sullo svapo: un danno alle nostre aziende, un regalo a Big Tobacco". Autori proprio Villarosa e l'attuale viceministro all'economia Laura Castelli. "Il fumo uccide - si legge - e le marchette per la lobby internazionale del tabacco anche. Sta succedendo oggi in Italia, e non certo per la prima volta: a fronte di un sistema, la sigaretta elettronica, che sta aiutando moltissimi schiavi del tabacco ad uscire dalla loro dipendenza, da anni ormai sembra che i nostri governi cerchino in ogni modo di rendere impossibile l'abbandono della sigaretta tradizionale. Leggi, tasse, controlli. Ricordiamo tutti la "strage del 2014", quando l'ennesimo provvedimento di tassazione costrinse alla chiusura centinaia di negozi, aperti con sacrificio da tanti giovani. Gli effetti di questo provvedimento saranno devastanti, in primis per l'economia del nostro Paese. L'Italia infatti è leader nel mondo per la produzione di liquidi e basi, in particolare per le "zero nicotina". Le aziende produttrici sono circa 50, e insieme a all'indotto (negozi, produttori, distributori, grossisti, webshops ecc) si arriva a oltre 12mila aziende per un totale di ben 40 mila addetti. È uno dei settori emergenti dell'economia italiana: perché lo si vuole distruggere? Gli utilizzatori di sigarette elettroniche poi, nel nostro Paese, sono oltre un milione e mezzo di persone. Non un settore di nicchia, quindi: e si tratta di persone che grazie alla ecig hanno smesso di usare tabacco da combustione. Imponendo costi che superano addirittura quelli dei pacchetti di sigarette, in pratica si inducono gli utilizzatori a tornare al tabacco, e ancora di più si impedisce che tanti altri fumatori abbandonino i pacchetti per una soluzione di sicuro meno dannosa". In conclusione dell'articolo, una considerazione economica: "In Italia, invece, si spreme il limone con la scusa di aumentare le entrate dello Stato. Una vera sciocchezza: uno studente del primo anno di economia sa che, per l'effetto della "curva di Laffer", una tassazione troppo alta fa fuggire i consumatori portando quindi gli introiti a zero. Chissà: forse allora lo scopo vero non è aumentare gli introiti dell'Erario, ma proprio riportare i consumatori tra le braccia di Big Tobacco e dei suoi cancerogeni pacchetti". Concetti poi rilanciati qualche giorno dopo in occasione di un incontro che Castelli ha tenuto in provincia di Torino con una associazione di negozianti di sigarette elettroniche. Gli avvenimenti politici, poi, hanno portato Laura Castelli a diventare il numero due del Ministero dell'economia. "È fatta!", gridarono in molti addetti del settore delle sigarette elettroniche. Da un lato il vicepremier Salvini, dall'altro il sottosegretario all'Economia Castelli. La classica botte di ferro, insomma. Alla prova del nove, invece, è avvenuto il disastro: non solo nel testo della legge di bilancio la tassa è rimasta ma, in virtù dell'aumento delle accise sul tabacco, sarebbe addirittura aumentata. Il tempo ormai stringe, rimane solo una possibilità: intervenire in sede parlamentare con emendamenti per tenere fede agli impegni presi.

Legge di bilancio, aumenta il prezzo delle sigarette di fascia bassa

Alzare il prezzo delle sigarette di fascia bassa sulla base del prezzo deciso dal produttore di fascia alta. La legge di bilancio entrata in Parlamento prevede di aumentare le accise sui tabacchi ma non in maniera proporzionale: dal primo gennaio, le sigarette che costano di meno costeranno molto di più, le sigarette che costano di più costeranno poco di più. Con l’effetto di stringere il differenziale e indirettamente spingere il fumatore a scegliere i brand più noti. L'aumento del prezzo non è visto quindi come un deterrante all'acquisto, ma come una spinta verso i brand più noti. L’intenzione non è nuova. Già l’anno scorso era stato presentato da vari parlamentari (tra gli altri, Giorgetti, Pini, Calabria, Ravetto) un emendamento alla legge di bilancio che conteneva le identiche norme, ma allora non venne approvato. Quest’anno invece il testo è stato inserito direttamente nel testo delle legge, con buona probabilità che venga adottato. Secondo autorevoli analisti, tra cui il professor Spallone, vicedirettore Casmef-Luiss, “se si impedisce ai consumatori di accedere ad alternative meno costose nell’ambito del mercato legale, si favorisce il contrabbando, con tutte le conseguenze negative possibili ed immaginabili”. Ovvero: illegalità, mancato gettito, maggiori risorse da destinare ai controlli, maggior spesa. Anche Daniele Capezzone, in un articolo a difesa del vaping pubblicato l'anno scorso sulla rivista cartacea, spiegava che "se invece intervieni premiando o punendo (in misura maggiore o minore) i tabacchi di qualità più o meno elevata, aumentando le accise in modo differenziato, inserisci nel mercato un elemento distorsivo, che favorirà alcuni produttori a scapito di altri. La cosa diventa addirittura paradossale se per caso decidi di alzare le accise sui tabacchi di qualità più bassa: in questo caso, fai un favore a un altro “operatore”: il mercato nero. A cui non sembrerà vero di ricevere questo regalo, che renderà le sigarette illegali più convenienti di quelle legali di fascia bassa". Inasprire la tassazione sui prodotti meno costosi, oltre a non essere un’idea vincente dal punto di vista erariale e della salute pubblica, non è neutrale neppure dal punto di vista competitivo. Più della metà del mercato italiano è in mano ad un solo operatore che fa dei prodotti di prezzo alto e medio-alto il proprio punto di forza. Favorire la posizione dominante è quantomeno inopportuno anche perché il prezzo medio ponderato su cui si basa il meccanismo di tassazione è, di fatto, in gran parte deciso dal detentore delle quote maggioritarie del mercato. Il professor Spallone si affida ad un esempio: “Il produttore con la quota di mercato rilevante potrà decidere di alzare i prezzi sapendo che la reazione dei suoi concorrenti non potrà essere efficace: infatti, sarà proprio l’aumento iniziale dei prezzi ad accrescere il carico fiscale su coloro che non vorranno a loro volta modificare al rialzo i propri listini”. In sostanza, si vuole alzare il prezzo dei piccoli per aiutare i grandi. Una politica che, proiettata nel lungo periodo, non gioverà in alcun modo né alle casse dello Stato, tantomeno alla salute dei cittadini. D’altronde, anche la scelta di non defiscalizzare gli strumenti di riduzione del danno parrebbe confermare questa sensazione. Il fumatore è preda di un desiderio irrefrenabile di nicotina ed è disposto a spendere soldi ogni giorno pur di vederla appagata. Spesso la necessità economica lo costringe – per necessità e non per volontà – a dirigersi verso prodotti meno costosi. Ma se non esistono differenze sarà certamente invogliato ad acquistare i brand di sigarette più noti e conosciuti. Così come, a parità di prezzo, non sarà neppure invogliato a passare ai prodotti a rischio ridotto. Cosa che, invece, uno Stato lungimirante e tutore della salute dei propri cittadini dovrebbe invece fare, adottando misure volte alla diffusione del minor danno come ad esempio agevolazioni fiscali, campagne di sensibilizzazione, spot istituzionali.

Sigarette elettroniche, gli annunci e le promesse non entrano in legge di bilancio

Il testo della legge di bilancio trasmesso in Parlamento conferma quanto riportato nelle bozze ufficiose : tra gli articoli del provvedimento non compare la rimodulazione dell’imposta di consumo sui liquidi da inalazione. Nonostante le promesse dei mesi scorsi, nonostante i ripetuti annunci, il governo ha scelto di non sgravare fiscalmente gli strumenti di riduzione del danno. Anzi, prevedendo invece di aumentare le accise sul tabacco tradizionale, per effetto dell’equivalenza dal primo gennaio 2019 anche i liquidi di ricarica subirebbero un rincaro. Minimo, ma pur sempre un rincaro: si passerà dai 0,397 euro per millilitro a 0,403 euro per millilitro, ovvero si sfonderebbe la soglia dei 4 euro per ogni flaconcino. Il testo della legge di bilancio può ora essere modificato in sede parlamentare attraverso gli emendamenti, storia già vista e vissuta ma, sino ad oggi mai andata a buon fine. Per essere approvati, gli emendamenti hanno bisogno dei voti della maggioranza; ma quella stessa maggioranza vorrà o potrà smantellare un provvedimento redatto col bilancino dal suo stesso governo? La domanda potrà avere risposta tra non meno di un mese ma, secondo fonti di Palazzo, appare assai improbabile che questa vada nel senso sperato dal mondo del vaping. Oltretutto, sia la Ragioneria dello Stato che i funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli nei giorni scorsi hanno dato parere negativo alla rimodulazione dell’imposta sui liquidi per mancanza di coperture finanziarie. In un primo momento si era pensato di garantire i circa 200 milioni del vaping con l’aumento delle accise sul tabacco. Ma questa ipotesi è ormai naufragata. La manovra contiene già l’aumento del tabacco, pare dunque improbabile che possa ricevere un ulteriore innalzamento o che i proventi di tale operazione possano essere ricollocati in un altro capitolo. Ma non sono solo le aziende del vaping a recriminare sulla manovra. Anche alcune multinazionali del tabacco si stanno adoperando per provare a modificare i contenuti tecnici dell’articolo che le riguarda. L’aspetto di frizione con il governo riguarda l’allineamento dei prezzi finali delle sigarette. Il prezzo di queste può variare tra un massimo e minimo percentuale, tenendo come punto fermo il prezzo medio ponderato. Il governo ha innalzato il minimale mentre ha lasciato quasi del tutto invariato il massimale. Dal primo gennaio, dunque, se tutto dovesse confermarsi, non ci sarebbero più grandi differenza di prezzo tra le sigarette e la forbice sarebbe molto ridotta. Secondo l’interpretazione degli insider, ridurre il differenziale rappresenta una agevolazione per chi produce e vende le sigarette al prezzo più alto. Intanto anche il decreto fiscale – quello che prevede lo sconto sul debito delle aziende – fra un paio di settimane dovrà cominciare l’iter per essere recepito in legge. Secondo alcune fonti di opposizione, una parte della maggioranza vorrebbe emendarlo, cancellando la parte che consente alle aziende di concordare un piano di rientro anche per il futuro. Vorrebbero insomma lasciare garantita la possibilità di sanare il debito ma soltanto fino al 30 settembre 2018, senza poterlo estendere sino alla fine dell’anno. La legge di bilancio approderà alla Camera tra il 29 ed il 30 novembre. Il 21 e 22 novembre la discussione nelle commissioni, poi il dibattito in Aula per eventuali emendamenti.