Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

Sigarette elettroniche, mercato da 44 miliardi di dollari entro sette anni

L’Italia è il Paese traino per il vaping europeo. Lo ha detto l’istituto Hexa research che ha analizzato il flusso di vendite e il tasso di crescita mondiale del comparto. Nel 2016 il mercato delle sigarette elettroniche ha generato un fatturato pari a 7,1 miliardi di dollari. Tre prodotti su quattro sono stati venduti in Europa o negli Stati Uniti. Mentre il Paese a stelle e strisce appare stabile, il continente europeo avrebbe invece ampi margini di crescita, trainato, dice l’istituto, dal Regno Unito ma soprattutto dall’Italia. L’Asia e il Pacifico contribuisce ad un 20 per cento del mercato globale. In questo spaccato terrestre è la Cine a far la parte del leone, seguita dall’India. Le sigarette elettroniche componibili (box, batterie esterne e atomizzatore) rappresentano il 57 per cento del mercato. Per la prima volta, dunque, non sono le cigalike e le sigarette elettroniche ricaricabili i prodotti maggiormente venduti. Se da un lato il consumatore è cresciuto e si evolve, dall’altro non è da sottovalutare la possibilità di personalizzare il proprio dispositivo di vaporizzazione. Oltretutto, in caso di guasto, è possibile sostituire soltanto la componente singola senza dover acquistare un’altra sigaretta elettronica.
 Sempre secondo Hexa Research, i principali venditori mondiali di apparecchi di riduzione del danno sono due Big del tabacco: Altria Group e British American Tobacco. Se il trend verrà confermato, il mercato delle sigarette elettroniche potrebbe raggiungere un fatturato di 44 miliardi di dollari entro il 2024.

Agenzia Dogane e Monopoli: via Peleggi, arriva Giovanni Kessler

Su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, il Consiglio dei ministri ha avviato la procedura per il conferimento dell'incarico di direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli a Giovanni Kessler. Magistrato, classe 1956, Kessler si è occupato in particolare di lotta alla corruzione, alla criminalità organizzata e transnazionale, con particolare attenzione all'Europa centro-orientale. È stato pubblico ministero dal 1985 al 2001, deputato dal 2001 al 2006, Alto Commissario per la lotta alla contraffazione dal 2006 al 2008 e presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento dal 2008 al 2011. Dal 2011 dirige L’Olaf, l'ufficio europeo per la lotta antifrode. Giovanni Kessler è figlio di Bruno Kessler, politico della Democrazia Cristiana già presidente della provincia autonoma di Trento. È sposato con Daria de Pretis, giudice della Corte Costituzionale. Sotto la direzione di Kessler l'Olaf ha intrapreso un processo di riorganizzazione che in pochi anni ha portato l'Ufficio a raddoppiare la sua capacità investigativa. Diverse investigazioni dell'Olaf hanno portato alla luce scandali nelle istituzioni e attività criminali negli Stati Membri. Sulla pagina personale di Wikipedia è riportata con evidenza l'indagine  su accuse di tentata corruzione per modifiche nella legislazione sul tabacco portò nell'ottobre 2012 alle dimissioni del Commissario per la salute John Dalli. "La vicenda senza precedenti - si legge - fece notevole scalpore; il presidente del gruppo del Partito Popolare Europeo al Parlamento Europeo Joseph Daul chiese, senza effetto, le dimissioni di Kessler. Altre indagini di rilievo concluse da Kessler sono state quelle sul possibile coinvolgimento di funzionari europei nei Panama Papers, sulle frodi e corruzione negli appalti della metropolitana di Budapest, sulla gigantesca frode doganale sull'importazione di tessili cinesi in Europa e sulle spese illecite di Parlamentari europei". Kessler prenderà il posto di Giuseppe Peleggi che era alla guida dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dal 2008.

Web influencer, Antitrust: “Obbligo di rivelare compensi in denaro o merce”

Come avevamo anticipato tempo fa, il Garante della concorrenza e dei Consumatori prende una netta posizione contro i cosiddetti social influencer, le star del web che con un loro post o una loro fotografia possono indirizzare il consumo e gli acquisti dei fan. L'Antitrust ha provveduto ad inoltrare, in prima battuta in via amichele, una segnalazione formale con cui spinge i social influencer a rispettare il Codice del Consumo che vieta forme di pubblicità occulte. D'ora in avanti tutti coloro che ricevono denaro o merce in cambio di una fotografia o di una recensione, saranno obbligati a segnalarlo direttamente sul post. Nel pieno rispetto verso il consumatore. Il Garante ha anche precisato che in caso di prodotti regalati oppure di contratti pubblicitari in essere dovranno essere utilizzati degli hastag di preavviso in cui sia evidente senza dare adito a dubbi il fine commerciale del messaggio. Le parole suggerite sono: sponsorizzazione, spot, pubblicità, inserzione a pagamento, advertising, prodotto fornito da.  "L’influencer marketing - spiegano dalla sede dell'Autorità - consiste nella diffusione su blog, vlog e social network (come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat, Myspace) di foto, video e commenti da parte di “bloggers” e “influencers” (ovvero di personaggi di riferimento del mondo, con un numero elevato di followers), che mostrano sostegno o approvazione (endorsement) per determinati brand, generando un effetto pubblicitario, ma senza palesare in modo chiaro e inequivocabile ai consumatori la finalità pubblicitaria della comunicazione". Anche il mondo del vaping sul web vive di recensioni e fotografie più o meno sponsorizzate. Nel nome della trasparenza tutto questo sarà destinato a cambiare: chi non osserva queste disposizioni sarà sottoposto a giudizio (e sanzione) da parte dell'Antitrust per "pubblicità occulta".

Mancini (Anafe): “Fiscalità deve essere in linea con dettami costituzionali”

“È giusto pagare le tasse, ma soprattutto è opportuno pagare le tasse giuste”. Così rispode Massimiliano Mancini, presidente di Anafe, l’associazione confindustriale dei produttori del vaping , in riferimento all'interrogazione parlamentare presentata in Senato dai senatori Fucksia e Bilardi (FL). “Vanno bene i controlli fiscali – spiega Mancini – senza dimenticare tuttavia che uno dei principali problemi è rappresentato dalle rivendite on line su siti esteri, non solo in termini di evasione ed elusione ma anche per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti. È necessario andare per ordine e attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale che dovrà individuare il fondamentale principio di diritto sul quale costruire il nuovo regime fiscale del settore. E’ giusto pagare le tasse, ma soprattutto è opportuno pagare le tasse giuste, in linea con i fondamentali principi garantiti dalla nostra Carta Costituzionale. D’altra parte – ha sottolineato Mancini - sono tutt'ora pendenti ricorsi presso le corti tributarie che non stanno determinando risultati univoci. Anche per questo motivo, è necessario e auspichiamo la definizione di un quadro normativo chiaro e coerente, nella convinzione che il Paese non possa permettersi di affossare un intero settore. Se le aziende italiane dovessero essere costrette a chiudere per il peso insostenibile della pressione fiscale così come determinata dall'attuale sistema di calcolo sub iudice e, solo successivamente, la Corte Costituzionale dovesse pronunciarsi ancora una volta a favore delle posizioni degli operatori del settore, il danno sarebbe infatti ormai irreparabile. Ecco perché – conclude il Presidente di Anafe Confindustria – se davvero si vuol tutelare il mercato della sigaretta elettronica è auspicabile attendere il pronunciamento della Consulta, piuttosto che additare di mancati controlli le autorità competenti, ma soprattutto sarebbe opportuno battersi a livello politico per un nuovo regime fiscale equo e sostenibile”.

Drappello di senatori punta il mirino contro le aziende del vaping

Più controlli da parte della Guardia di Finanza; più controlli da parte di Aams; più controlli verso depositi fiscali e rappresentanti fiscali. Sono le richieste che i senatori Serenella Fucksia (ex Cinquestelle) e  Giovanni Bilardi hanno inoltrato al ministro dell'economia Padoan. I senatori di Idea-Popolo e Libertà (drappello sotto la guida del già ministro Gaetano Quagliariello), non chiedono una rimodulazione della tassazione attualmente in parte sospesa con sentenza costituzionale, ma auspicano che vengano intensificati i controlli per la riscossione. Vogliono sapere, infatti, se il Ministro "intenda prevedere un sistema di controllo delle procedure di riscossione dell'imposta di consumo gravante sulle sigarette elettroniche maggiormente efficace". Richieste che, anziché andare nella direzione della prevenzione e della diffusione di uno strumento di riduzione del rischio - oltretutto entrambi i senatori esercitano la professione medica - vanno invece a reprimere un settore che, dopo un periodo di asfissia normativa, sembra tornato a respirare. E, in aggiunta, chiedono come intenda il ministro "provvedere per fronteggiare la situazione e avviare le proprie valutazioni, anche attraverso verifiche sulla corretta esecuzione della normativa in vigore, in considerazione del fatto che, con il prolungarsi dell'assenza di un adeguato regime di controllo, si rischia di dare luogo al proliferare di gravi atteggiamenti elusivi, nonché distorsivi del mercato, con riferimento agli operatori che invece effettuano il corretto pagamento dell'importo dovuto". Il riferimento è all'applicazione della tassazione sui liquidi con nicotina. In attesa di sentenza della Consulta molte aziende hanno optato per la cosiddetta formula light: in sostanza pagano all'erario una quota proporzionale al contenuto di nicotina e non su tutto il flacone. La ratio è presto detta: la Corte ha stabilito che solo la nicotina può essere oggetto di tassazione, dunque, se un flacone da 10 millilitri contiene 100 milligrammi totali di nicotina (ovvero gradazione al 10%), è corretto pagare il 10 per cento e non l'importo totale che andrebbe invece ad incidere sul rimanente 90 per cento composto da glicole, glicerina, acqua ed aromi. Ma chi avrebbe interesse ad incentivare i controlli fiscali per verificare il pagamento totale dell'imposta? Probabilmente chi sino ad oggi ha auspicato e difeso la tassazione sul singolo flacone a prescindere dal livello di nicotina. E a sostenere questa tesi sono le due Big del tabacco presenti sul mercato italiano con i loro vaporizzatori personali. Esattamente un anno fa di questi tempi, l'intergruppo parlamentare sulla sigaretta elettronica aveva ricevuto una petizione con circa 4mila firma affinché lavorasse sulla separazione normativa tra fumo e vapore. Alla foto di rito hanno fatto seguito le promesse diffuse con ampio risalto: "Entro la fine del 2016 - annunciavano in sede di costituzione - elaboreremo una proposta legislativa che tenga conto delle peculiarità del prodotto disciplinandone gli aspetti fiscali, sanitari e regolamentari". Ma dopo queste ricadute mediatiche, nulla è più accaduto, come nulla è stato prodotto in sede parlamentare. Probabilmente i parlamentari sono stati delusi dalla scarsa partecipazione delle associazioni di settore, o forse pensavano di ottenere ben più ampio riscontro a livello di adesioni. Il risultato è che nell'ultimo anno, periodo clou per il settore dovuto alla riscrittura della tassazione e all'entrata in vigore della Tpd, l'intergruppo parlamentare sulla sigaretta elettronica è scomparso da qualunque tipo di dibattito. Mai come in queste occasioni dovrebbe invece dare un segno di esistenza in vita.