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E alla fine Renzi ha ceduto. Ha ceduto alle multinazionali, ha ceduto alle lobby, ha ceduto all’Europa. In materia di tabacco Renzi ha davvero ceduto su tutta la linea, andando ad introdurre una super tassazione in uno dei pochi settori che ancora non era stato affossato dalla crisi. Anzi, che negli ultimi anni era riuscito a coinvolgere migliaia di occupati e mettere in circolazione decine di milioni di euro. Ma non è più così. Anche i produttori e rivenditori di sigarette elettroniche, il dispositivo che consente di fumare senza combustione, dovranno fare i conti con una nuova super imposta che graverà sui liquidi di ricarica, con o senza nicotina, derivanti o meno dal tabacco. Ad esempio, inalare un aroma alla pera senza nicotina, ovvero del semplice vapore acqueo, per l’agenzia delle entrate e per il monopolio è la stessa cosa: equivale a fumare una sigaretta o un sigaro. Inutile si è dimostrata la battaglia delle associazioni di categoria, così come inutile è il fatto che l’Italia rappresenti l’eccellenza mondiale sia in materia di liquidi di ricarica che di componentistica. La proposta che Anafe aveva illustrato in audizione di commissione parlamentare prevedeva invece una ipotesi di tassazione di 1,1 euro per ogni flacone da 10 ml, comportando così un incremento del 24 per cento dei prezzi al pubblico con un prezzo finale di 6,95 euro a flaconcino. Con la nuova tassa, invece, il prelievo andrà ad incidere annualmente sulle tasche dei 2 milioni di svapatori per circa 900 euro. Sarà una coincidenza ma su scala mensile anche questa nuova tassazione lambisce i soliti ottanta euro. Ma come assimilare un liquido ad una sigaretta tradizionale? Come stabilire a quanti pacchetti corrisponde una boccetta di e-liquid? Come raffrontare la quantità di tabacco e nicotina presente in un pacchetto di sigarette con una ricarica di vaniglia senza nicotina? Il governo ha saputo trovare una possibile comparazione tra le sigarette tradizionali e quelle elettroniche ricorrendo ad una “similitudine creativa”. In sostanza, per calcolare l’equivalenza ci si dovrà riferire “al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette sia in rapporto alla cd. equivalenza di consumo convenzionale, da determinare sulla base di apposite procedure tecniche, definite con provvedimento di rango secondario (Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli), in ragione del tempo medio necessario, in condizioni di aspirazione conformi a quelle adottate per l’analisi dei contenuti delle sigarette, per il consumo di un campione composto da almeno dieci tipologie di prodotto tra quelle in commercio, di cui sette contenenti diverse gradazioni di nicotina e tre con contenuti diversi dalla nicotina, mediante tre dispositivi per inalazione di potenza non inferiore a 10 watt”. Come dire: non lo sappiamo neanche noi ma, se proviamo a fare una media tra tutti i prodotti presenti sul mercato mescolando quelli con e senza nicotina, potremmo trovare una soluzione che vada bene per tutti. E poco importa se tutte le e-cig hanno resistenze diverse e voltaggi variabili: tanto nel provvedimento si parla di watt (sic!). A giudicare da queste contraddizioni, si ha come il sospetto che il legilatore abbia voluto forzare la mano per garantirsi un introito milionario da uno dei pochi settori produttivi con saldo positivo. Se così non fosse, vorrebbe dire che una schiera di parlamentari avrebbe ceduto alle pressioni di chi invece il tabacco lo produce e lo trasforma, ovvero quelle stesse multinazionali che soltanto qualche mese fa sono state pubblicamente encomiate da Matteo Renzi. Ma questo significherebbe pensar male… Per dare a Renzi quel che è di Renzi, però, occorre segnalare che il provvedimento legislativo non prevede soltanto l’innalzamento di accise ma contiene anche una novità in materia di liberalizzazioni. Sempre a decorrere dal primo gennaio, infatti, chiunque sarà libero di fabbricare i fiammiferi, la cui produzione e vendita non sarà più appannaggio esclusivo dello Stato.