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Buona vita, Elisabetta, pasionaria della sigaretta elettronica

Dopo nove anni da commerciante impegnata in prima persona nella tutela della categoria, Robotti ha scelto di chiudere l’attività e di trasferirsi in un buon retiro in campagna.

È passata da fumare quaranta sigarette a smettere completamente. Ed è riuscita a farlo grazie all’incontro con la sigaretta elettronica. Ma non si è fermata lì, Elisabetta Robotti. È rimasta talmente affascinata dal mondo del vaping che prima ha deciso di investire personalmente aprendo un negozio a Milano, poi impegnandosi sindacalmente per la categoria, attraverso la presidenza dell’Associazione nazionale italiana dettaglianti e-cig (Anide), gruppo di negozianti che per anni ha fatto pressione nei confronti delle istituzioni al fine di cambiare le regole e tutelare la categoria.
Dopo nove anni di commercio di sigarette elettroniche e liquidi, Robotti ha cambiato vita. Dopo anni di saracinesche alzate e abbassate, è giunta l’ora della pensione. Non ha solo lasciato il negozio ma anche la casa milanese. Si è trasferita in campagna e trascorre le giornate in mezzo al verde, i nipoti, la cucina, il giardinaggio.

Come procede la nuova quotidianità?
Dopo tre mesi da incubo per organizzare il trasloco, direi molto bene. In questo momento (metà ottobre, ndr) sto legando i glicini alla rete che li porterà a diventare splendidi e rigogliosi – nonostante il mio “pollice nero” – e la cosa mi dà un gusto incredibile.

Però qualcosa del mondo del vaping ti mancherà pure…
Se devo essere sincera: qualche collega, qualche cliente, il piacere di provare le novità del mercato. E anche un paio di giornalisti del settore che però leggo sempre con piacere.

Quale è stato il momento più appagante dal punto di vista professionale?
Il 2017, l’anno d’oro. Non soltanto dal punto di vista degli incassi ma anche perché sembrava che il progresso non dovesse più fermarsi.

E invece umano?
Sicuramente gli albori del vaping: l’idea di far conoscere il prodotto ai fumatori e di vederli poi uscire soddisfatti da quel viziaccio del fumo analogico.

A mente fredda, c’è qualcosa che non rifaresti?
Guidare un’associazione.

E invece qualcosa di cui sei orgogliosa di aver fatto?
Guidare un’associazione.

La più grande delusione?
Aver capito – e ne ho la percezione tuttora – che abbiamo combattuto contro i mulini a vento e che non potremo mai vedere avverato il sogno di essere un settore importante.

Come giudichi la tua esperienza nel mondo dell’associazionismo?
La mia esperienza personale è stata bellissima fino ad un certo punto. Ho avuto l’appoggio di molti colleghi: credo che alcuni abbiano capito che ci ho messo veramente l’anima e che ho creduto per molto tempo di poter fare qualcosa per questo settore. Col senno di poi, credo che anche se avessimo aderito ad una grande associazione come ad esempio Confesercenti non saremmo andati molto lontano. Io, in quel momento, però, ci credevo e che pochissimi abbiano seguito Anide in quella corsa mi ha demoralizzato al punto da chiudere l’associazione. Oggi leggo le imprese dei miei ex compagni di ventura, presidenti di associazioni ancora attive in Italia, ma giudico difficile, se non impossibile, riuscire ad ottenere qualcosa di buono, anche in considerazione della strada che stanno tracciando l’Europa e l’America

Perché le associazioni di categoria hanno poco appeal?
Forse perché quelli che si sarebbero dovuti associare l’hanno vista più lunga dei fondatori delle associazioni stesse? Scherzi a parte. Troppi screzi, troppa concorrenza, troppe invidie tra gli addetti di un settore troppo piccolo per non conoscersi tutti e criticare, criticare, criticare e ancora criticare.

Quale è stato l’episodio più divertente che ti è capitato da negoziante?
Un cliente che, avendo perso il tappino della boccetta del liquido, l’ha chiusa con un orsetto gommoso della Aribo.

E invece da presidente di Anide?
Molti e inconfessabili. Qualcuno potrebbe ancora offendersi, nonostante io ormai sia fuori dai giochi.

In dieci anni la sigaretta elettronica ha più volte cambiato aspetto: dalle cigalike al subohm, passando per le tribattery e le pod. Cosa prevedi per il 2030?
Credo che le pod abbiano dato l’impronta definitiva al mercato: sono pratiche e performanti. L’unica ecca? Le può vendere chiunque, credo che prima o poi le troveremo anche al supermercato.

Se in questo momento potessi guardare negli occhi a uno a uno i tuoi (ex) colleghi, cosa diresti loro?
Ad alcuni direi: “Quando ero “La presidente” vi ho voluto bene come se foste figli miei”, cosa, del resto, anagraficamente possibile. Ad altri: “Mi sei sempre stato antipatico e continui ad esserlo”. Ma a tutti, senza distinzione, in generale, direi: “Se vedi uno spiraglio di lotta che porta a qualcosa, non tirarti indietro e aiuta chi può portarti fuori dalla galera del Monopolio”.

Sei sicura della scelta che hai fatto o fra qualche tempo ti rivedremo di nuovo in prima linea?
Ho passato nove anni di vita intensa e rivitalizzante. Sono tornata ad essere quello che ero prima di aprire il negozio: una casalinga a intermittenza. Ma questa volta credo che sarà la scelta definitiva. Anche se continuo a seguire tutto quello che succede nel settore e qualche volta mi lascio ancora andare a qualche commento sui social.

L’autore: Stefano Caliciuri, giornalista e scrittore, direttore responsabile di Sigmagazine

(tratto da Sigmagazine #29 novembre-dicembre 2021)

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