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Vietati aromi, atomizzatori e fiere: la Cina affossa la sigaretta elettronica

Le nuove disposizioni normative entreranno in vigore dal primo maggio. Le aziende dovranno sottostare a un dispendioso iter anche se vorranno dedicarsi soltanto all'export.

Una regolamentazione composta da 45 articoli che vuole sconfiggere la produzione e la vendita “mordi e fuggi” di centinaia di piccole imprese della filiera della sigaretta elettronica. Ma allo stesso tempo segna un duro colpo all’intera filiera, anche la parte sana dell’industria che ha sempre lavorato nel rispetto della legalità e investendo nell’innovazione. Il ministero del commercio cinese ha pubblicato il testo della nuova legge che dal prossimo primo maggio regolamenterà l’importazione, la distribuzione, la produzione e la vendita dei prodotti del vaping. Contrariamente all’Italia, i cinesi hanno tenuto a specificare che la norma riguarda tutti i dispositivi: sigarette elettroniche usa e getta, pod mod, atomizzatori, liquidi pronti all’uso e aromi destinati all’autoproduzione di questi ultimi. La riforma era stata annunciata nella primavera dello scorso anno e adesso è stato ufficializzato il testo definitivo.
Seppure lo schema di base sia molto simile a quello italiano (autorizzazioni statali per produrre, distribuire e vendere), la norma cinese aggiunge due pesanti restrizioni: il divieto di vendere liquidi e aromi diversi dal tabacco e di organizzare manifestazioni, fiere o esibizioni che promuovono la sigaretta elettroniche e i suoi accessori. Due colpi pesantissimi per l’economia interna, se si considera che la fiera di Shenzhen è la principale al mondo e che da anni ormai è diventata un punto di riferimento e di anticipazione delle tendenze di mercato.
Ma è l’articolo 26 che pone paletti ancora più severi: “È vietata la vendita di sigarette elettroniche precaricate che contengano aromi diversi dal tabacco e di atomizzatori che consentono di ricaricare con liquido la sigaretta elettronica”. In sostanza, tutti i sistemi aperti. Non si potranno inoltre vendere i prodotti del vaping attraverso i distributori automatici. I negozianti potranno rifornirsi all’ingrosso soltanto attraverso la piattaforma statale, acquistando e rivendendo ai prezzo imposti dal governo.
Dopo questo terremoto normativo, cosa accadrà alla filiera internazionale? I più ottimisti sostengono che tutto rimarrà come prima perché le nuove norme riguardano soltanto il mercato interno. Bisognerà però attendere maggio per capire se tutte le aziende attuali riusciranno a sostenere i costi e la burocrazia necessaria a continuare l’attività anche se si dedicheranno prevalentemente all’export. Secondo lo scheletro normativo, le aziende che vendono e che producono sigarette elettroniche in Cina devono prima di tutto registrarsi presso il registro dell’autorità del tabacco e quindi attendere l’autorizzazione di Stato. Le aziende di produzione devono anche dimostrare di disporre di risorse economiche necessarie per garantire la sopravvivenza dell’attività della struttura operativa conforme agli standard di correttezza e sicurezza. Chi non rispetta le norme sarà soggetto a pesanti sanzioni mentre “saranno premiate le aziende e le persone che hanno compiuto atti meritori nel denunciare casi di produzione e vendita illegale di prodotti per sigarette elettroniche, prodotti per lo svapo e nicotina per sigarette elettroniche”.
La Cina è attualmente sede di oltre 1.500 produttori di sigarette elettroniche, accessori e liquidi da inalazione, con una rete vendita su strada di oltre 100.000 negozi e dà lavoro a quasi 5,5 milioni di persone. Nel 2021, il mercato interno di sigarette elettroniche ha sfiorato i 20 miliardi di yuan (3 miliardi di dollari), con una crescita del 36% rispetto all’anno precedente.
Sta dunque per aprirsi un nuovo mondo nel mercato della sigaretta elettronica? Uno scenario fatto soltanto di sigarette elettroniche usa e getta o precaricate con liquidi esclusivamente al gusto di tabacco? Non manca tanto per scoprirlo.

 

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