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Ancora tasse sulle sigarette elettroniche: scatta la maxi tariffa di notifica

Pubblicato il decreto che impone il pagamento di 327,85 euro per ogni singolo prodotto (liquido o device). La norma potrebbe essere retroattiva di oltre cinque anni.

Ancora tasse, ancora gabelle, ancora pressione fiscale a carico degli imprenditori del comparto sigarette elettroniche e liquidi da inalazione. Come se non bastasse una super imposta di consumo (a decorrere dal primo gennaio 2023 sarà di circa 2,5 euro per 10 millilitri di liquido con nicotina e di circa 2 euro per 10 millilitri senza nicotina, ndr), da oggi per ogni nuova referenza immessa sul mercato e notificata al portale europeo si dovrà pagare una tariffa una tantum di 327,85 euro; se invece si dovessero variare o aggiornare le informazioni sulle notifiche già effettuate il costo si abbassa a 108,23 euro. In soldoni: ipotizzando una linea composta da dieci liquidi con cinque diverse gradazioni di nicotina, il costo di notifica sarà di 16.392,5 euro. Il decreto è stato emanato lo scorso 7 marzo dal Ministero della Salute di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze e pubblicato in Gazzetta ufficiale in data 30 maggio. Conteggio analogo per tutti i dispositivi che necessitano di notifica presso il ministero della salute.
Ma c’è di più: ogni azienda dovrà anche versare annualmente la somma di 293,53 euro per coprire i costi di “gestione dei dati sul volume delle vendite, delle informazioni sulle preferenze dei vari gruppi di consumatori, del modo di vendita dei prodotti, nonché delle sintesi di eventuali indagini di mercato”. In sintesi: il legislatore europeo impone ai Paesi membri di informarsi e aggiornarsi sull’andamento del mercato e lo Stato italiano che fa? Carica i relativi costi sulle spalle delle aziende.
Attenzione, però. Questi ultimi sono spiccioli in confronto a quello che segue nelle prossime righe. Perché non è finita qui. Un comma nascosto tra i vari articoli dell’articolato potrebbe scatenare una ennesima guerra giudiziaria tra operatori e governo italiano. Si legge infatti che “per le notifiche [sui prodotti liquidi da inalazione e sigarette elettroniche] presentate dal 20 novembre 2016, le tariffe […] devono essere versate entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. Traducendo in linguaggio comune significherebbe che le aziende dovrebbero pagare 327,85 euro per ogni singolo prodotto notificato negli ultimi cinque anni e mezzo. E il decreto imporrebbe di farlo fare entro due mesi. Chi non lo facesse andrebbe incontro a pignoramenti, ipoteche o fermi amministrativi. In sostanza, lo Stato potrebbe esercitare la riscossione coattiva a copertura dei mancati pagamenti. Un prelievo retroattivo che darebbe certamente luogo a una valanga di ricorsi presso il tribunale amministrativo del Lazio.
Nel 2007 la Corte costituzionale già si pronunciò sul caso di tasse retroattive. Spiegò che “il legislatore ordinario può emanare norme con efficacia retroattiva, interpretative o innovative che esse siano, a condizione però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti”. Una motivazione che lascia ampio margine di discrezionalità politica, coprendo ancora una volta le spalle di chi pur non conoscendo persiste a deliberare.

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